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Alimentazione
Redazione
pubblicato il 06-08-2013

Se si tiene a bada l'ormone dell'appetito si invecchia meglio



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Uno studio conferma gli effetti preventivi della restrizione calorica sui processi neurodegenerativi, in particolare l'Alzheimer. Sarebbe la grelina a controllare l'invecchiamento cerebrale

Se si tiene a bada l'ormone dell'appetito si invecchia meglio

Uno studio conferma gli effetti preventivi della restrizione calorica sui processi neurodegenerativi, in particolare l’Alzheimer. Sarebbe la grelina a controllare l’invecchiamento cerebrale

Da anni, ormai, si discute di come la dieta possa condizionare l’invecchiamento: non soltanto del corpo, ma anche della mente. Neurologi, cardiologi e geriatri non fanno altro che raccomandarsi con gli over 60. Meglio un centinaio di calorie in meno che in eccesso: il fisico non ne risentirà e il cervello rimarrà attivo più a lungo. Questa conclusione, a cui erano giunti già diversi studi di base, è ora corroborata da una ricerca inglese pubblicata su “Plos One”.

LO STUDIO - L’indagine è stata compiuta su topi geneticamente modificati per sviluppare la malattia, a cui è stata somministrata una forma sintetica della grelina, un ormone prodotto nello stomaco che stimola l'appetito, agendo a livello centrale: sull’ipotalamo e sul nucleo arcuato. I roditori sono stati divisi in tre gruppi: al primo è stato somministrato l’ormone sintetico, il secondo è stato sottoposto a restrizione calorica (-20% di calorie nella dieta), mentre il terzo era il gruppo di controllo, la cui dieta non è stata modificata. Lo studio ha misurato la capacità di memoria di ciascun gruppo e i rispettivi livelli di malattia (attraverso la rilevazione delle placche di beta amiloide nel cervello). Per testare la capacità di ricordare i topi sono stati messi in un labirinto acquatico nel quale dovevano trovare l'unica piattaforma nascosta su cui poter salire per riposarsi.
I topi appartenenti al primo gruppo sono risultati il 26% più veloci nel trovare la piattaforma rispetto a quelli del gruppo di controllo. Leggermente inferiore è stato il risultato ottenuto da quelli in restrizione calorica, rispetto ai topi non trattati. Nel giro dentato, la parte del cervello che controlla la formazione dei ricordi, i depositi della beta amiloide sono risultati del 48% inferiori nel primo gruppo, grazie all'impiego dell'ormone della fame. Più alta la percentuale nei topi sottoposti a restrizione calorica: il 67% in meno del peptide è stato trovato rispetto al gruppo di controllo.

PREVENZIONE A TAVOLA – Abbandonare la tavola con un moderato senso di fame avrebbe dunque di per sé un ruolo difensivo. «Essere affamati - hanno spiegato gli autori dello studio - provoca una condizione di stress che dà il via a percorsi metabolici che contrastano i depositi delle placche responsabili della distruzione dei neuroni nel cervello dei malati di Alzheimer». Ciò avverrebbe attraverso l’attivazione dei percorsi ormonali che agiscono a livello del cervello. Questi ultimi metterebbero in comunicazione la pancia vuota e la sensazione di fame. Sono sempre validi, perciò, i consigli alimentari degli specialisti: una volta nella terza età, ma prima che i segni della degenerazione siano evidenti, conviene ridurre la quantità dei pasti e dare più spazio a pesce, frutta e verdura. Che gli acidi grassi poli-insaturi omega-3 e molti antiossidanti vegetali abbiano  effetti benefici è dimostrato da molti studi epidemiologici. È anche noto che le donne, notoriamente più longeve degli uomini, hanno livelli di acido docosaesanoico più elevati dei maschi. E se l’invecchiamento non fosse un processo ineluttabile?

Fabio Di Todaro
@fabioditodaro


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