Alcune modificazioni del Dna possono proteggere l’organismo dall’insorgenza di diabete, malattie neurodegenerative e malaria
Quando si parla di mutazioni genetiche siamo subito portati a pensare a qualche cosa di negativo. Eppure, anni di storia insegnano, questi eventi sono stati la base della nostra evoluzione in senso positivo. Alle volte le modificazioni hanno riguardato tutta la popolazione, altre sono una piccola fetta di fortunati. Un esempio? Una rara mutazione genetica nel gene ZnT8 è in grado di ridurre considerevolmente il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Ad affermarlo è uno studio pubblicato da Nature Genetics ad opera degli scienziati del MIT di Boston (Stati Uniti).
LO STUDIO
Per arrivare al curioso risultato i ricercatori statunitensi hanno analizzando il genoma di oltre 150 mila persone. Fumatori, in sovrappeso e amanti dell’alcol: è questo l’identikit poco invidiabile delle persone prese in esame. Nonostante le cattive abitudini nessuna traccia del tanto temuto diabete. Scandagliando il Dna si è scoperto che questi individui in comune non hanno solo i vizi ma anche la mutazione nel gene ZnT8. Secondo gli autori dello studio la modificazione, assai rara nella popolazione, presumibilmente sarebbe in grado di indurre una maggior produzione di insulina mantenendo i livelli di glucosio mediamente più bassi. Una motivazione ad oggi ancora tutta da dimostrare.
Anche nel campo delle malattie neurodegenerative sembrerebbero esserci mutazioni protettive. Ultima in ordine di tempo è la scoperta presentata al recente congresso sull’Alzheimer lo scorso mese di luglio a Boston. La ricerca, condotta su 2600 anziani islandesi dai, ha stabilito per mezzo di sequenziamento genico che circa lo 0,45 per cento della popolazione islandese presenta una mutazione (A673T) nel gene che codifica per la proteina precursore del beta-amiloide. Variante che, confrontata con i tassi di incidenza di Alzheimer, sembrerebbe in grado di ritardare l'insorgenza della malattia.
MALARIA
Quadro molto più chiaro è invece quello sulle mutazioni genetiche e la malaria. In questo caso però la fortuna è solo a metà: chi soffre di anemia falciforme, una rara malattia del sangue, risulta essere protetto dalla malattia infettiva che colpisce ogni anno 500 milioni di persone. Una correlazione scoperta nel lontano 1944 ma la cui spiegazione scientifica è arrivata solo pochi anni fa: le modificazioni strutturali dell’emoglobina tipiche dell'anemia falciforme impediscono lo sfruttamento delle risorse cellulari da parte di Plasmodium falciparum, il parassita che veicola la malaria. Ecco spiegata la protezione.
Daniele Banfi
Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.