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Redazione
pubblicato il 06-06-2013

Non è vero che il sonnambulo dimentica ciò che ha fatto



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Una poderosa ricerca psichiatrica smonta alcuni miti su questa “parasonnia” affascinante ma non inspiegabile. Familiarità e predisposizione genetica

Non è vero che il sonnambulo dimentica ciò che ha fatto

Una poderosa ricerca psichiatrica smonta alcuni miti su questa “parasonnia” affascinante ma non inspiegabile. Familiarità e predisposizione genetica

Amnesia totale, deambulazione automatica, assenza di ripercussioni sulla vita diurna. Queste tre asserzioni sul sonnambulismo, comunemente accettate, sono state messe sotto tiro da medici dell’Università di Montreal, in uno studio pubblicato da Lancet Neurology. Dopo aver sorvegliato scientificamente il fenomeno del sonnambulismo per gli ultimi 15 anni, l’équipe del dottor Jacques Montplaisir  fa una messa a punto su queste «parasonnie» affascinanti e strane. I ricercatori insistono sull’idea di concettualizzare il fenomeno come uno stato in cui il cervello è allo stesso tempo parzialmente sveglio e parzialmente addormentato: «Anche nei soggetti normali, il cervello non scivola nel sonno tutto d’un colpo. Il sonno potrebbe arrivare in modo localizzato: zone del cervello che si addormentano prima di altre.»

RICORDI DI SONNAMBULISMO - Da ciò deriverebbe che l’amnesia dei sonnambuli non è sempre totale. Secondo i ricercatori, se gli adolescenti e gli adulti sono psicologicamente più pronti a dimenticare tutto, «una grande percentuale di adulti  ricordano ciò che hanno fatto durante gli episodi di sonnambulismo. Alcuni addirittura ricordano che cosa hanno pensato e le emozioni che hanno sentito.»

AZIONI INSENSATE MA MOTIVATE - Ugualmente, il comportamento di questi sonnambuli non è del tutto automatico. Racconta il professor Antonio Zadra: «Esiste una significativa percentuale di sonnambuli che non solo  ricordano ciò che hanno fatto, ma possono spiegare il motivo delle loro azioni. Una volta svegliatisi, sono i primi a dire che tutto questo non ha né capo né coda, ma cionondimeno spiegano che c’era una ragione sottintesa. Come nel caso del sonnambulo che aveva preso il suo cane e l’aveva messo sotto la doccia, «perché era sul punto di bruciare», ha spiegato. Sonnambulismo come strana zona intermedia tra il razionale della realtà e la logica assurda dei sogni.

IMPATTO SULLA VITA DIURNA - Altro mito sfatato, è che il sonnambulismo non abbia ripercussioni sulla vita diurna. Chi soffre di questi episodi ha un sonno meno profondo, e meno ristoratore. Secondo l’équipe canadese, il 45% dei soggetti osservati soffrirebbe di sonnolenza durante la giornata, gli adulti di più degli adolescenti, che recuperano meglio. Ma anch’essi producono risultati meno buoni della media quando affrontano test di vigilanza.

GENETICA, STRESS, ETA’ - Si sa da un pezzo che c’è una predisposizione genetica al sonnambulismo, e nell’80% dei casi si scopre un precedente in famiglia. La probabilità di soffrire di questo sonnambulismo ereditario è 5 volte più elevato nei gemelli monozigoti, rispetto ai gemelli eterozigoti. Ma pure lo stress e la carenza di sonno possono scatenare un episodio di sonnambulismo, ed è in causa anche l’età. Il sonnambulismo,  che esordisce in genere tra i 6 e i 12 anni, il più delle volte scompare all’epoca della pubertà. Tuttavia permane nell’età adulta in circa il 25 % dei casi, e decresce lungo il filo del tempo, con la diminuzione fisiologica del sonno profondo a onde lente.

Antonella Cremonese


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