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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 14-07-2015

Nuovo farmaco per ridurre i livelli di colesterolo



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Parere positivo della Food and Drug Administration sul farmaco a base di anticorpi per le forme più gravi di ipercolesterolemia familiare. Resta l’incognita dei costi. L'intervista all'esperto

Nuovo farmaco per ridurre i livelli di colesterolo

Gli anti-ipertensivi e i farmaci che tengono a bada i livelli di colesterolo sono tra le molecole che più di tutte hanno contribuito ad abbassare in maniera significativa l’insorgenza di infarti e ictus. Negli ultimi anni alle statine si sono affiancati farmaci in grado di ridurre drasticamente il colesterolo soprattutto nei casi di ipercolesterolemia familiare, una malattia che causa l’eccessivo accumulo del grasso a livello delle arterie e che - già in tenera età - può portare a seri problemi cardiovascolari. Una di esse è alirocumab, un farmaco biologico che dovrebbe entrare in commercio nel breve termine. Ne parliamo con il professor Pablo Werba, Responsabile Unità Prevenzione Aterosclerosi del Centro Cardiologico Monzino di Milano.

Professore, negli scorsi giorni l’FDA si è espressa favorevolmente sull’utilizzo di alirocumab nel trattamento dell’ipercolesterolemia familiare: qual è la sua posizione in merito?

«Penso che lo sviluppo di questi farmaci per ridurre il colesterolo Ldl, dalla scoperta della proteina che bloccano (denominata PCSK9) alla fase di ricerca clinica, sia stato straordinariamente rapido, e che la quantità e qualità degli studi clinici eseguiti possa consentire agli enti regolatori di avere elementi sufficienti per giudicare favorevolmente l’efficacia e la tollerabilità di questi nuovi farmaci biologici. Resta però da stimare il costo-beneficio del trattamento con questi composti e per poterlo fare bisogna attendere i risultati di studi già in corso volti a valutare se, in pazienti ad alto rischio, i cambi favorevoli che inducono gli anticorpi anti PCSK9 nel profilo dei lipidi sanguinei si traduce, come atteso, in una riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare e, auspicabilmente, anche totale».

In quali casi devono essere utilizzati questo genere di farmaci? Quando bastano solo le statine?

«La mia esperienza e l’informazione disponibile nella letteratura scientifica mi consentono di dire che le statine, siano quelle più o quelle meno potenti (ce ne sono sei a disposizione con diverso profilo di efficacia), eventualmente in combinazione all’inibitore dell’assorbimento del colesterolo ezetimibe, riescono, se sono adeguatamente utilizzate e dosate, a controllare in maniera soddisfacente i livelli di colesterolo Ldl. Ciò si verifica in quasi tutte le forme di ipercolesterolemia genetica meno severe o cosiddette “poligeniche” e in una grande fascia di pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote. Tuttavia questo non accade in alcuni pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote che partono con valori spontanei di colesterolo molto elevati, oppure hanno una relativa resistenza (scarsa risposta) all’effetto di questi farmaci oppure non li tollerano (10 al 20% dei pazienti trattati), in genere per fastidi di tipo muscolare, aumento degli enzimi epatici, insonnia, irritabilità o disturbi gastrointestinali.

È proprio in questi casi che i nuovi farmaci possono avere uno spazio terapeutico molto rilevante. Infatti, con una somministrazione sottocutanea ogni 2 o 4 settimane gli anticorpi monoclonali anti PCSK9 riescono a ridurre il livello di LDL-C in maniera impressionante (-50 a – 60%) e possono essere utilizzati sia da soli (nel caso di pazienti intolleranti a tutte le statine) oppure in aggiunta ai farmaci classici, allo scopo di raggiungere i livelli molto bassi di LDL-C raccomandati nella ipercolesterolemia famigliare, specialmente in pazienti con malattia vascolare già manifesta o con forti antecedenti famigliari di malattia vascolare precoce. E un’altra cosa fondamentale e che, per quanto sappiamo finora, il trattamento con anticorpi monoclonali anti PCSK-9 è molto ben tollerato».

E’ pensabile che questo genere di anticorpi possano essere somministrati anche i casi diversi dall’ipercolesterolemia familiare?

«Per il momento ne dubito, visto che si tratta di un trattamento a lungo termine e presumibilmente costoso di un disordine metabolico che nella maggior parte dei casi risponde a terapie di efficacia consolidata e più economiche. Potrebbero essere una ragionevole eccezione i rari pazienti che sono ad alto rischio che non tollerano nessuna statina, oppure i pazienti ad alto rischio che presentano livelli molto elevati della cosiddetta lipoproteina “a”, una delle frazioni del colesterolo fortemente legata allo sviluppo di aterosclerosi coronarica, cerebrale e ai vasi del collo.

Infatti, oltre alla riduzione della Ldl, gli inibitori di PCSK9 riducono significativamente questo valore. Tuttavia, prima di considerare l’uso di questi composti in pazienti con alti livelli di lipoproteina “a” in forma isolata (senza alti livelli di Ldl), sarebbe opportuno eseguire ricerche cliniche per valutare se la riduzione del valore con questi farmaci si traduce effettivamente in un beneficio di tipo clinico (meno infarti, meno ictus) ».

Cosa ne pensa dei costi? La sostenibilità non sembra proprio garantita.

«Ci mancano informazioni per poter esprimere un parere al riguardo. Infatti, non è ancora trapelata informazione precisa sui costi. La sostenibilità dipenderà anche dai criteri che saranno utilizzati per la selezione dei candidati al trattamento e quindi del numero assoluto di candidati».

 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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