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Cardiologia
Cinzia Pozzi
pubblicato il 03-07-2013

L'abito su misura per l'aneurisma aortico



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Le endoprotesi o stent hanno rivoluzionato la prognosi della patologia. Intervenire con successo è possibile, molto dipende da dove è localizzata la dilatazione

L'abito su misura per l'aneurisma aortico

Le endoprotesi, o stent, hanno rivoluzionato la prognosi della patologia. Intervenire con successo è possibile, molto dipende da dove è localizzata la dilatazione

Almeno la metà degli aneurismi dell’aorta si scopre per caso: un’ecografia dell’addome, per controllare prostata o colecisti, oppure una risonanza prescritta per un mal di schiena possono individuare precocemente un rilassamento della parete che, se non trattato, rischia di rompersi sfociando in un’emorragia potenzialmente fatale. Escluse le patologie congenite del collagene che rendono più vulnerabili le pareti vasali, l’arterosclerosi è alla base degli aneurismi, il cui maggiore rischio è associato a ipertensione, ipercolesterolemia, fumo e stress. Al trattamento di chirurgia vascolare tradizionale, si affianca oggi la tecnica endoscopica: la protesi (o stent), ideata per contenere la parete dilatata ed evitarne la rottura, è inserita tramite catetere in un intervento più rapido e adatto anche ai pazienti più anziani o ad alto rischio per un intervento più invasivo. Le due opzioni consentono oggi di fare un abito su misura all’aorta fragile, tagliato sul singolo paziente.

DIVERSA PROGNOSI- Non tutti gli aneurismi sono uguali: oltre alla dimensione della dilatazione vascolare, a influenzarne la prognosi è anche la loro localizzazione sull’aorta, l’arteria principale del corpo umano che dal cuore decorre nel torace e nell’addome. Quali sono quelli più difficili da operare? Lo abbiamo chiesto a Rita Spirito, Responsabile della Chirurgia Vascolare del Centro Cardiologico Monzino di Milano che può anche vantarsi di un record: è stata la prima donna in Italia a ricoprire un ruolo così importante, nel 2000. «I tre tipi di aneurismi toracici sono i più complessi, possiamo quasi considerarli patologie differenti. La tecnica endoscopica ha rivoluzionato radicalmente il trattamento dell’aneurisma a carico dell’arco dell’aorta, con un intervento di 2-3 ore, a fronte delle 8 ore di quello in chirurgia tradizionale associato ad alta mortalità. Per l’aneurisma del tratto discendente e quello toraco-addominale, posizionati in  aree delicate per le numerose afferenze vascolari e midollari, si stanno studiando endoprotesi adeguate, ma ad oggi l’unico intervento percorribile è ancora quello tradizionale».

INTERVENTO IBRIDO- La strategia endovascolare e l’intervento chirurgico tradizionale non sono in contrapposizione, ma sono sempre più spesso adottate in sinergia nel cosiddetto intervento ibrido. «Affinchè l’endoprotesi rimanga posizionata correttamente è necessaria una specifica anatomia dei vasi, che può differire da un individuo all’altro. Inoltre non è indicata per pazienti con coronaropatie e patologie renali, perchè il mezzo di contrasto impiegato nell’approccio endovascolare è nefrotossico». In assenza di alti rischi, soprattutto nei giovani, è ancora preferibile un intervento tradizionale. Diverse le indicazioni per i pazienti anziani, in aumento per un generale innalzamento dell’età nella popolazione. «Abbiamo sempre di più pazienti con più di 80 anni e con complicanze cardiache. La arterosclerosi è una malattia polidistrettuale: in molti casi interessa sia l’aorta che le coronarie e i vasi periferici. La chirurgia mininvasiva o percutanea, in casi complessi, può risolvere alcune manifestazioni minori e rendere il paziente adatto all’intervento chirurgico per l’aneurisma»

 


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