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Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 30-03-2022

«Promuovere la pace? Un dovere per l'operatore sanitario»



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Prevenire la perdita di vite umane dovute ai conflitti fa parte della missione degli operatori sanitari, come prevenire le malattie. L'editoriale sulla rivista dell'Associazione Italiana di Epidemiologia parla della guerra in Ucraina

«Promuovere la pace? Un dovere per l'operatore sanitario»

«Ripudiamo la guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali, condanniamo l’aggressione dell’esercito russo verso la popolazione ucraina; sosteniamo con forza che è dovere professionale di tutti gli operatori di sanità pubblica agire per la prevenzione dei conflitti armati e per la promozione della pace e del disarmo». L’editoriale dell’ultimo numero della rivista di Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) non lascia dubbi e mette l’accento, in maniera chiara e autorevole, su quello che è un dovere legato alla professione di medico e operatore sanitario: ripudiare la guerra. «Il riferimento ovvio è quello al Giuramento di Ippocrate - spiega Rodolfo Saracci, già presidente dell’International Epidemiological Association e firmatario dell’articolo insieme a Lucia Bisceglia, presidente AIE - che vede la cura come dovere fondante e prioritario al di sopra di ogni questione di ordine politico, economico o di altra natura».

LA PACE? FA PARTE DELLA MISSIONE DEI MEDICI

Già nel 1981, cita l’editoriale, «l’Assemblea Generale dell’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che il ruolo dei medici e di tutti gli operatori sanitari nella conservazione e nella promozione della pace è il principale fattore per il raggiungimento della salute per tutti. Nel 2001 l’Associazione Italiana di Epidemiologia dichiarava che la prevenzione delle perdite umane dovute alla guerra e al terrorismo rientra nella missione degli operatori sanitari al pari della prevenzione delle malattie e di altre cause di morte: su questi principi, nel 2004 si è costituito il Gruppo di lavoro AIE e guerra, coordinato da Giuseppe Gorini e Pirous Fateh-Moghadam, con l’obiettivo di approfondire il tema delle conseguenze sanitarie di guerra e terrorismo e di esplorare quale ruolo specifico e quali possibili attività di prevenzione potrebbero essere svolti in questo campo da chi si occupa di epidemiologia e di sanità pubblica in Italia».

PRIMO: ATTIVARE LA DIPLOMAZIA DELLA SALUTE

«Tre sono i punti salienti per agire concretamente nell’ottica della salvaguardia della salute di ogni individuo» prosegue Saracci. Primo: «Sollecitare il Ministero della salute ad attivare tutti i canali di “diplomazia della salute” nei confronti dei Paesi in guerra e mediati da organismi come OMS e UNICEF, allo scopo di un’immediata sospensione delle operazioni di guerra. L’obiettivo è quello di aprire effettive e, non solo simboliche, negoziazioni. Il Ministero della Salute, in quanto detentore e garante del benessere collettivo e individuale, ha un’autorevole voce in capitolo a riguardo».

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SECONDO: TENERE APERTO IL DIALOGO

Secondo: «Fondamentale, inoltre, è rendere agevoli i collegamenti con il personale sanitario presente sia in Ucraina sia in Russia, con l’obiettivo di stimolare il dialogo e incentivare operazioni concrete di supporto medico-sanitario». Il professor Saracci ha tenuto a precisare anche l’entità di un atto, a dir poco discutibile e in direzione opposta alla cooperazione, in base al quale la European Society of Cardiology ha temporaneamente sospeso i cardiologi russi dalla partecipazione ai congressi. «Un’occasione persa - ha detto - per instaurare un importante momento di dialogo e confronto».

TERZO: MONITORARE LA SITUAZIONE DEI RIFUGIATI

Terzo punto: «Un altro aspetto imprescindibile è infine quello legato all’osservazione epidemiologica deputata all’assistenza sanitaria della crescente popolazione di rifugiati in arrivo. Il supporto dovrebbe avvenire contemporaneamente a livello regionale e statale. La finalità quella di creare una sorta di registro di coloro che fuggono dalla guerra per monitorare la loro situazione di salute, sia in relazione alla presenza di eventuali patologie croniche e acute, sia in relazione all’effettuazione delle vaccinazioni pediatriche e anti Covid».

RICONSIDERARE SVILUPPO E RISORSE

«La prevenzione dei conflitti - così recita l’editoriale che vuole fornire strumenti utili di riflessione a prescindere dall’emergenza stretta - passa necessariamente da un ripensamento delle attuali logiche di sviluppo». Si mette l’accento su quanto l’aggressione russa in atto sia collegata al tema dell’energia e del dominio sulla distribuzione dei combustibili fossili. «Gli effetti sui mercati sono già visibili - prosegue l’editoriale - con un aumento dei costi che rischia di mettere in ginocchio molti sistemi economici. Le risposte che vengono fornite appaiono totalmente inadeguate», finiscono per conservare anziché scardinare modelli di sviluppo e produzione «alla base di questo e di tanti altri conflitti, ma anche dei processi di cambiamento climatico e di compromissione della qualità dell’ambiente, responsabile di imponenti effetti ambientali sanitari negativi». Nei giorni scorsi, a questo riguardo, è stata avviata un’iniziativa, a cui AIE ha aderito. È quella del Gruppo Mind’s for One Health che riunisce attualmente una cinquantina di esperti di diverse discipline con lo scopo di indicare soluzioni concrete: accelerare il passaggio verso le energie alternative e adottare un Piano emergenziale straordinario di misure per il risparmio energetico, introducendo il concetto di sufficienza (sobrieté).

Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


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