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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 05-02-2015

Antidolorifici in gravidanza, no agli oppioidi



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L’invito giunge dagli Stati Uniti, dove risultano utilizzati dal 35% delle donne fertili. Ma anche l’Aifa chiede ai medici di base di individuare valide alternative per chi è in gravidanza

Antidolorifici in gravidanza, no agli oppioidi

L’evidenza non è una primizia. Ma è la diffusione del fenomeno, negli Stati Uniti, ad aver suggerito alle autorità un richiamo sul tema, dato che gennaio era il mese dedicato alla prevenzione dei difetti del tubo neurale. Stando ai numeri forniti dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), un terzo delle donne americane in età fertile ha assunto farmaci oppiacei tra il 2008 e il 2012 e trascurato il ruolo che questi antidolorifici possono giocare nell’insorgenza di gravi malformazioni congenite in un neonato: con cervello, colonna vertebrale e cuore tra i distretti più colpiti. Da qui il monito dell’istituzione sanitaria statunitense, che ha pubblicato i risultati della ricerca sul proprio bollettino Morbidity and Mortality Weekly Report.

 

IL RAPPORTO

«Occorre promuovere l’uso di farmaci alternativi nelle donne in gravidanza o che comunque non assumono precauzioni durante i rapporti sessuali». L’associazione tra l’utilizzo degli antidolorifici oppioidi - ricorrente nei pazienti oncologici, vittime di fratture, sottoposti a interventi chirurgici - e un’aumentata insorgenza di queste malformazioni congenite è nota già da qualche anno.

Tra le ultime conferme uno studio pubblicato su Obstetrycs & Ginecology poco più di un anno fa, che evidenziava come le donne che nei primi mesi della gravidanza avevano assunto antidolorifici come l’OxyContin, il Vicodin e il Percocet, avevano una probabilità doppia di dare alla luce neonati colpiti dalla spina bifida. Ma a preoccupare, questa volta, sono i dati di consumo provenienti dall’altra sponda dell’Atlantico. Dal documento si evince come ogni anno, dal 2008 al 2012, il 39% delle donne tra 15 e 44 anni, inserite nel programma federale sanitario Medicaid, ha richiesto la prescrizione di un analgesico narcotico.

Di poco inferiore (28%) è risultato il tasso tra coloro che erano coperte da un’assicurazione sanitaria privata. Anche in Italia il consumo di antidolorifici - in seguito alla legge che dal 2010 tutela le cure palliative e la terapia del dolore - è in aumento. Secondo gli ultimi dati inseriti nel rapporto Osmed 2014, l'utilizzo di farmaci per il dolore è passato da 2,1 dosi giornaliere per mille abitanti nel 2005 a 7,3 nel 2013. All’interno della categoria, il consumo di oppiodi è passato da 1,1 a 5,2 dosi giornaliere per mille abitanti. Un dato positivo, che risponde finalmente ad anni di  campagne di sensibilizzazione in tema di lotta al dolore. Ma che richiede doverosa prudenza.

 

CAUTELE NECESSARIE

Più che la scarsa conoscenza sul tema, il dato evidenzia come almeno la metà delle gravidanze tra le donne statunitensi non sia pianificata. Oltre ai difetti del tubo neurale, il consumo di farmaci come la morfina, l’ossicodone, il fentanyl e il metadone, in questa particolare fase della vita, può indurre nel neonato una sindrome di astinenza, che si manifesta nel corso della gravidanza (se la mamma interrompe l’assunzione del medicinale) o dopo il parto ed è riconoscibile attraverso disturbi a carico del sistema nervoso centrale (iperattività, irritabilità, tremori), degli apparati gastrointestinale (iperfagia, vomito, crampi addominali) e respiratorio (aumento della frequenza).

Il consiglio, per chi assume questi medicinali, è di avere rapporti sessuali protetti. «Diversamente, se si decide di andare incontro a una gravidanza, occorre informare il medico circa le terapie in corso, in modo da passare a un’alternativa più sicura», afferma José Cordero, pediatra ed esperto della commissione sui difetti della nascita del Cdc. «Tocca anche ai medici, però, fare un passo verso le pazienti. Quando si ha di fronte una donna in età fertile, che desidera andare incontro a una gravidanza, occorre individuare un'alternativa più sicura», con chiaro riferimento agli antinfiammatori non steroidei: come ibuprofene, ketoprofene e paracetamolo.

 

SPINA BIFIDA, QUALE PREVENZIONE?

Il problema dei difetti del tubo neurale, che insorgono entro il ventottesimo giorno dal concepimento, è molto sentito negli Stati Uniti, dove ogni quattro minuti e mezzo nasce un bambino che ne risulta affetto. Oltre al tributo umano - 1 su 5 di questi muore entro l’anno di vita -, rilevanti sono anche i costi per il sistema sanitario: superiori a 2,6 miliardi l’anno per l’assistenza e le cure rivolte a questi pazienti. In Italia l’Istituto Superiore di Sanità stima una media di 200 nuovi casi ogni anno, alla cui insorgenza concorrono diverse variabili associate all’ambiente e allo state di salute materno. Da qui la raccomandazione, oltre a non assumere antidolorifici oppiacei, a integrare la dieta con 0,4 microgrammi al giorno di acido folico dal momento in cui si inizia a progettare una gravidanza.


@fabioditodaro

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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