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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 08-01-2016

Partorire a casa, l’analisi dei pro e dei contro



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Uno studio americano evidenzia un rischio leggermente più alto di morte neonatale, meno ricorsi a cesareo e induzione

Partorire a casa, l’analisi dei pro e dei contro

Le notizie degli ultimi giorni - cinque giovani donne decedute dopo aver portato a termine la gravidanza - hanno sollevato i dubbi delle future mamme. Quanto è sicuro partorire in ospedale? Ancora molto, in Italia, dove la mortalità materna al parto è pari a quattro donne su centomila. Ma era inevitabile che, vista l’eco assunta dai singoli episodi sulle pagine dei giornali, si tornasse a parlare dell’opportunità di partorire in casa o in centri gestiti da ostetriche. Una scelta già adottata ogni anno da quasi cinquemila donne nel nostro Paese, ma che nell’immaginario collettivo è considerata poco sicura. A torto o a giusta ragione?

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PRO E CONTRO DELLA SCELTA DI PARTORIRE A CASA

Per rispondere alla domanda un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Oregon - lo Stato americano in cui si registra il tasso più alto di parti domestici: il quattro per cento sul totale - ha valutato l’esito di quasi ottantamila gravidanze portate a termine tra il 2012 e il 2013, dopo aver escluso quei fattori di rischio che possono mettere a repentaglio la vita di una donna durante il parto: come il diabete, l’ipertensione e altre malattie vascolari. Fuori dall’analisi sono rimasti anche i parti gemellari, podalici e prematuri. Gli autori dello studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, hanno valutato due gruppi: al primo appartenevano donne che avevano deciso di partorire in ospedale, al secondo un campione di future mamme che avevano optato per la soluzione domiciliare. Dall’analisi dei dati è emerso che la mortalità alla nascita entro il primo mese è quasi doppia nei figli delle donne appartenenti al secondo gruppo: 3,9 contro 1,8 casi su mille bambini. Un dato ancora accettabile, ma che necessita di essere integrato con altre evidenze emerse dallo studio. Come un lieve aumento dei casi di convulsioni neonatali tra i bambini nati tra le mura domestiche, un maggiore ricorso alle trasfusioni di sangue, un più basso rischio di andare incontro al parto cesareo (5,3 contro 24,7 per cento dei casi conteggiati in ospedale) o di dover sottoporsi all’induzione del travaglio. Più in generale le donne a cui è stato concesso di partorire a casa avevano un migliore stato di salute: non erano diabetiche, ipertese né avevano alle spalle precedenti gravidanze conclusesi con un taglio cesareo. Tutte condizioni propedeutiche alla facoltà di scegliere il luogo dove dare origine al proprio figlio.

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UNA SCELTA NON ALLA PORTATA DI TUTTE

Dall’analisi è emerso un rischio di morte neonatale leggermente più alto per chi opta per la soluzione domestica, ma comunque non al punto da chiamare gli esperti a puntare l’indice contro la pratica. Negli Stati Uniti i parti a casa sono aumentati del quaranta per cento: dal 2004 al 2012, anno in cui si stima che l’1,4 per cento delle donne ha completato la propria gravidanza a domicilio. Un dato simile a quello riguardante la realtà italiana, dove si stima che una gestazione su cento culmini con un parto domestico. Numeri che hanno indotto gli specialisti d’oltreoceano ad affermare che «occorre prendere a esempio i Paesi Bassi (dove un terzo delle donne partorisce a casa in presenza dell’ostetrica, ndr) e definire delle linee guida che spieghino a quali donne è concessa questa opportunità». L’Italia, al momento, glissa sull’ipotesi. Secondo Costantino Romagnoli, direttore dell’unità di terapia intensiva neonatale al policlinico Gemelli di Roma, la scelta non andrebbe incentivata perché «il ritorno al parto domiciliare rappresenta una regressione sul piano scientifico. La regolarità di una gravidanza può essere determinata soltanto a parto avvenuto. I dati ci dicono che nei parti domiciliari è più alto il rischio di eventi avversi per il feto e per la mamma: dall’asfissia neonatale all’emorragia post-partum».

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In linea generale partorire a casa non è più rischioso, come confermato anche da una ricerca appena pubblicata sul Canadian Medical Association Journal e condotto su quasi ventitremila donne della provincia dell’Ontario, a patto che la scelta sia compiuta soltanto dalle gestanti a basso rischio di complicazioni. Escluse dunque le future mamme obese, over 35 o già affette da malattie cardiovascolari. Sono tre i vantaggi che i sostenitori del parto domiciliare rivendicano: una ridotta medicalizzazione della gravidanza, un rapporto più intimo tra la mamma e il bambino e un’opportunità economica: se un parto a domicilio costa al sistema sanitario ottocento euro, uno in ospedale può gravare sulle casse statali anche per una cifra tre volte superiore. A scegliere il parto a casa sono soprattutto donne di ceto sociale medio-alto. Per avere accesso al servizio è fondamentale che il domicilio sia raggiungibile in 30’-40’ dall’ospedale che si occupa di seguire la gravidanza.

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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