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Redazione
pubblicato il 12-11-2019

Cosa dire a un figlio se la mamma o il papà hanno un tumore?



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Come spiegare a un bambino che uno dei due genitori è ammalato di cancro? Con chiarezza e onestà, prendendosi tutto il tempo per rispondere ai loro dubbi

Cosa dire a un figlio se la mamma o il papà hanno un tumore?

Comunicare ai propri figli che la mamma o il papà ha il cancro è una sfida impegnativa sia per chi dà la notizia sia per chi la riceve. È un’informazione che inevitabilmente cambierà la loro vita, perciò occorre sforzarsi affinché il modo in cui viene comunicata non contribuisca a peggiorare la loro reazione. Anzi, il momento in cui li si mette a parte dell’informazione può essere decisivo per porre le basi per una sana gestione dell’esperienza della malattia.


Prima di farlo potrebbe essere necessario prendersi del tempo per elaborare la diagnosi e gestire le proprie emozioni, ma anche per raccogliere tutte le informazioni che poi saranno necessarie per spiegare cosa attende il genitore (e per riflesso loro). Non c’è un modo giusto per dirlo. La scelta del momento e del luogo, le parole da usare: tutto dipende dalle dinamiche familiari. Di certo, se si è una famiglia con due genitori, sarebbe bene che fossero presenti entrambi quando si comunica la notizia. Occorre parlarne in un momento e in un posto in cui i figli hanno maggiori probabilità di ascoltare e sentirsi a proprio agio. Se ci sono più figli, è meglio dare la notizia a tutti insieme.


Anche la scelta di come dirlo cambia da caso a caso. Sicuramente è meglio essere onesti: i bambini possono trovare difficile credere che gli si sta dicendo la verità se pensano che si nasconda qualcosa. Non occorre spaventarli, ma nemmeno minimizzare. Occorre essere chiari, usando un linguaggio comprensibile, e ripetere le cose, se necessario. Ma soprattutto è  fondamentale ascoltare: rispondere a tutti i loro dubbi e comprendere le loro preoccupazioni, anche quando non sono espresse, inducendoli ad aprirsi per affrontare anche i temi più spinosi. Il cancro di un genitore riguarda anche loro ed è necessario che ne siano pienamente consapevoli.


Le reazioni dei bambini al cancro dipendono dalla loro età. I bambini più piccoli, fino ai 5 anni, difficilmente comprenderanno completamente la malattia. Ma si accorgeranno della tensione e dei cambiamenti nella routine. Di fronte alla malattia potrebbero sviluppare diversi comportamenti: potrebbero credere che quel che sta succedendo dipenda da loro o temere di perdere il genitore, per esempio se si assenta per andare in ospedale. In alcuni casi potrebbero essere assaliti dalla paura di ammalarsi a loro volta. Talvolta si può osservare una regressione, per esempio potrebbero cominciare a succhiarsi il pollice o a fare la pipì a letto. Potrebbero diventare possessivi e «appiccicosi».


I bambini di questa età sono ancora piccoli e hanno ancora bisogno di molte attenzioni: è bene trovare qualcuno che aiuti nel prendersi cura di loro. Allo stesso tempo occorre rassicurarli che il genitore non andrà via e che la malattia non è colpa loro. Per quanto possibile, è utile mantenere la routine e non far pesare eventuali regressioni comportamentali. I bambini più grandi, fino a 10-12 anni, in genere sono in grado di comprendere il cancro e i suoi effetti sul corpo. Hanno però paure di cui tendono a non parlare, per esempio la preoccupazione che il genitore stia per morire oppure di essere causa della malattia o ancora che la malattia possa colpire anche loro. In molti casi cercano di gratificare i genitori, ponendosi però obiettivi troppo alti, rischiando così di provare frustrazione e inadeguatezza. Può accadere che cambino il loro comportamento a scuola o il gruppo di amici.


Sulle modalità di comportamento, valgono i consigli indicati per i bambini più piccoli. Data l’età, potrebbe però essere utile spiegare più nel dettaglio la malattia e far capire loro che molte persone con cancro guarisconomigliorano, vivendo molto a lungo dopo la diagnosi. Occorre far capire
che la malattia di un genitore non è motivo per cui debbano rinunciare alla loro vita e che anche divertirsi e voler stare con gli amici è giusto e non
deve farli sentire in colpa.

 


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