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Neuroscienze
Daniele Banfi
pubblicato il 30-05-2011

EPO: da doping a possibile cura per la SLA



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Al via una sperimentazione che utilizza l'eritropoietina, un ormone spesso associato al doping ma che ora potrebbe dare speranza ai malati di SLA

EPO: da doping a possibile cura per la SLA
Al via una sperimentazione che utilizza l'eritropoietina, un ormone spesso associato al doping ma che ora potrebbe dare speranza ai malati di SLA

EPO. Una sigla che a partire dagli anni '90 è comparsa più volte sui giornali sportivi che in quelli di ricerca medica. Dietro a queste tre lettere si cela il nome di uno dei più potenti ormoni che il nostro corpo è in grado di produrre. Stiamo parlando dell'eritropoietina, molecola capace di regolare la produzione di globuli rossi agendo a livello del midollo osseo. Una funzione straordinaria tanto da rendere l'EPO una delle possibili molecole da utilizzare per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Prenderà infatti il via nei prossimi giorni una sperimentazione promossa dall'Istituto Carlo Besta di Milano volta a valutare l'efficacia dell'EPO nella progressione della devastante malattia neurodegenerativa.

COME AGISCE?- L'eritropoietina è una proteina fondamentale per il corretto funzionamento del nostro corpo. Essa viene prodotta dai reni ogni volta che, per svariate ragioni, la quantità di ossigeno circolante nel sangue si abbassa. La sua funzione fisiologica principale è quella di stimolare la produzione dei globuli rossi al fine di riportare la quantità di ossigeno a livello normali. Per questa ragione risulta evidente che la somministrazione di EPO rappresenta una straordinaria cura contro alcune malattie come l'anemia e, un'ottima strategia per riportare i valori del sangue a livelli accettabili dopo un massiccio ciclo di chemioterapia.

EPO E SPORT- La comprensione del maccanismo d'azione dell'eritropoietina, e lo sviluppo di tecniche di laboratorio finalizzate alla sua produzione su larga scala, hanno fatto in modo che a giovare dei benefici non fossero solo le persone malate ma purtroppo anche gli sportivi. Agendo infatti sulla produzione dei globuli rossi è possibile rifornire di ossigeno i muscoli in maniera più efficiente rispetto al normale. Quello che ne risulta è un “motore” truccato. L’EPO dunque aumenta la disponibilità di ossigeno nei tessuti muscolari e favorisce il recupero fisico durante le attività sportive. Per questa ragione è stato utilizzato, in maniera pericolosa e scorretta dal punto di vista sportivo, soprattutto in quegli sport che richiedono sforzi prolungati come il ciclismo.

EPO E SLA- Che ruolo potrebbe invece avere l'eritropoietina nel trattamento della SLA? Oltre alla produzione dei globuli rossi, diversi studi in passato hanno dimostrato che l'EPO ha anche una funzione neuroprotettiva. Da questa evidenza è nata l'idea di utilizzarlo nella SLA. Come dichiara il dottor Giuseppe Lauria, dirigente dell’Unità Operativa Malattie Neuromuscolari e Neuroimmunologia del Besta, «la speranza è quella di trovare una terapia farmacologica in grado, in associazione all’uso del Riluzolo, ovvero un farmaco impiegato già nel trattamento della SLA, di rallentarne la progressione». Si tratta di uno studio controllato in doppio cieco e randomizzato verso placebo. In sostanza vuol dire che non tutti i pazienti avranno il farmaco: un gruppo avrà solo il Riluzolo più una soluzione fisiologica, mentre un altro gruppo avrà sia il Riluzolo che l’EPO.

DOVE E COME- Il farmaco, o il placebo, verranno iniettati ai pazienti ogni 15 giorni per una durata prevista della sperimentazione di un anno e mezzo. I pazienti che verranno arruolati per lo studio devono rispettare dei criteri precisi, in genere si tratta di persone nelle quali al massimo è passato un anno e mezzo dall’esordio dei sintomi e che non hanno insufficienza respiratoria. Tra i vari centri che parteciperanno allo studio, oltre al polo coordinatore del Besta, a Milano ci sono anche il ?centro Nemo - Niguarda, il San Raffaele, l’Istituto Humanitas e la Fondazione Maugeri. Per il resto d'Italia ci sono le neurologie di Padova, Brescia, Genova, Ferrara, Parma, Mestre, Udine, Monza, Novara, Ferrara, Reggio Emilia, Modena, Parma, Pisa, Siena, le Molinette di Torino, il San Martino di Genova, il Bellaria di Bologna. Ma ci sono centri anche al centro-sud: il Sant’Andrea di Roma, Chieti, la seconda università di Napoli, Bari, e anche Palermo, Mistretta e Cagliari.  

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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