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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 15-10-2015

Gli effetti sul cervello delle depressioni ricorrenti



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La zona cerebrale legata alla memoria risulta più piccola in chi ha sofferto più volte di disturbo dell’umore. Si rafforza la necessità di cure tempestive

Gli effetti sul cervello delle depressioni ricorrenti

Si chiama Enigma e ha indagato quasi novemila persone, arrivando all’accertamento che quanti soffrono di depressione ricorrente hanno la zona cerebrale dell’ippocampo più piccola dei soggetti sani. Ma lo studio non ha risolto l’enigma del perché ciò avvenga e di quali siano gli effetti concreti che questo fenomeno produce. Ciò nonostante, però, viene considerato un importante passo avanti nell’intricata strada per arrivare a capire la misteriosa e certamente multifattoriale origine dei disturbi dell’umore, un’affezione che in tutto il mondo colpisce una persona su 6 persone nel corso della vita. La ricerca è stata condotta dall’Università di Sydney, in Australia, e pubblicata su Molecular Psychiatry (gruppo Nature), mettendo insieme dati raccolti in Europa, Stati Uniti e la stessa Australia. Lo strumento usato è la risonanza magnetica per immagini (Mri) con cui è stata esaminata la scatola cranica di oltre 7 mila persone senza disturbi dell’umore e oltre 1.700 sofferenti di depressione maggiore. La differenza di dimensioni dell’ippocampo viene definita significativa.


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UN CENTRO DELLA MEMORIA

La differenza di dimensioni dell’ippocampo viene definita significativa. «Si tratta del più grande studio internazionale di neuroimaging che abbia comparato il cervello in generale, e l’ippocampo in particolare, di persone con e senza depressione», commenta Andrea Fagiolini, direttore del Dipartimento di Salute mentale e associato di psichiatria all’Università di Siena. «Che cosa fa l’ippocampo? È coinvolto nella memoria a lungo termine, nell’acquisizione di nuovi ricordi e nella connessione tra ricordi e emozioni». Nella pratica medica si riscontra abitualmente smemoratezza in quanti soffrono di depressioni ricorrenti? «Sì, accade, è un fatto comune, ma perché fanno parte dei sintomi della depressione stessa la mancanza di concentrazione, i vuoti mentali, una certa confusione. No, non si può dire che dipenda dall’ippocampo ristretto. La ricerca non dà un risultato così diretto per l’esperienza concreta». 


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CURE TEMPESTIVE

Continua Fagiolini: «E' interessante notare, in questo studio Enigma, che il volume dell’ippocampo diminuisce in maniera progressiva con l’aumentare del numero di episodi di depressione e questo fatto costituisce un ulteriore indicatore sulla necessità di curare la depressione il prima possibile e di prevenire nuovi episodi dopo la risoluzione di quelli in corso». Aggiungono gli autori della ricerca: «Bisogna puntare a curare subito la depressione, soprattutto al primo apparire negli adolescenti e nei giovani adulti. Occorrono, poi, altri studi longitudinali, protratti del tempo, per vedere bene come procedono il ripetersi degli episodi di disturbo dell’umore e il rimpicciolirsi dell’ippocampo e appurare se questo fatto non rappresenti anche un fattore di vulnerabilità per la depressione».

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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