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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 07-08-2015

Ictus: se una parte del cervello si ammala, si cura la parte sana



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Recenti strategie prevedono che la zona cerebrale non colpita sia stimolata a funzionare di più per “riparare” l’altra. Stimolazioni e cellule staminali nella nuova medicina del recupero

Ictus: se una parte del cervello si ammala, si cura la parte sana

Leggi lo SPECIALE ICTUS della Fondazione Veronesi

Se l’ictus ha colpito la parte destra del cervello, curare la parte sinistra, sana, per un recupero più efficace e veloce. Sembrerebbe un controsenso ed è invece una delle promettenti nuove vie su cui si stanno inoltrando un numero crescente di scienziati. Dalla Regents University della Georgia (Usa) viene il rendiconto di esperimenti in cui si sono iniettate cellule endoteliali che, attraverso i vasi sanguigni, rilasciano in ambedue gli emisferi cerebrali fattori di crescita che proteggono i neuroni (le cellule nervose) aiutando a curare quelli danneggiati e producendo nuovi vasi sanguigni sul posto. Dove c’è gran bisogno di sangue e di ossigeno. La parte sana (nel nostro esempio, la sinistra) si rafforza molto per questi apporti nutritivi ed entra subito in un’attività superiore al solito «forse preparandosi ad assumersi maggiori responsabilità», commentano il dottor Adviye Ergul, fisiologo vascolare che ha guidato la ricerca. Vale a dire svolgere parte dei compiti dell’area colpita.

Così si tutela la salute del cervello


IL CERVELLO E’ UN TUTT’UNO

Su questo tema affascinante e ricco di prospettive terapeutiche, abbiamo interpellato il professor Giancarlo Comi, che dirige l’istituto di neurologia sperimentale ed è primario di neurologia all’ospedale universitario San Raffaele di Milano. «Anche noi stiamo studiando questo problema. Innanzitutto bisogna aver presente un concetto basilare: il cervello lavora sempre come un insieme; una meraviglia come è questo organo ha un’interconnessione fortissima. Appena parte un ordine o arriva una informazione si “vede” come una pallina impazzita che corre in tutti gli angoli allo scopo di metterli tutti al corrente». Per indagare più facilmente il funzionamento cerebrale si può guardare al “semplice” sistema motorio. «Se voglio fare un gesto col braccio destro», spiega Comi, «l’ordine parte da sinistra (è nota l’inversione dei due emisferi rispetto al corpo), ma insieme parte anche un messaggio che va al lato destro per informare: guarda che faccio questo movimento. Diversamente potrebbe forse muoversi anche il sinistro, non richiesto. «Data questa situazione, se un metà va fuori gioco, l’altra metà, sana, non sa più cosa sta succedendo, non le viene comunicato niente, allora subito dopo il danno va in ipereccitabilità: è il segno di uno stato di caos, non c’è più un ordine, Per meglio far capire: se dobbiamo imparare una lingua o un movimento dobbiamo rendere eccitata la zona cerebrale corrispondente altrimenti non acquisisco nuove informazioni».

I cinque campanelli d'allarme dell'ictus cerebrale


ZONA ILLESA E IPERECCITATA

Comi prosegue ricordando la grande duttilità del cervello, «una enorme plasticità», Su questa base si sono mossi gli studi e proseguono nel centro da lui diretto. «Abbiamo constatato dette modifiche nella parte sana dopo il danno e visto che possiamo utilizzare questa offerta come aiuto all’area colpita. Con la stimolazione elettrica del cervello (due elettrodi ai lati della testa fanno fluire una corrente continua) e magnetica (uno speciale casco emette onde magnetiche) possiamo modulare l’ipereccitabilità, insegnarle come “rendersi utile”. C’è la necessità anche di formare nuovi collegamenti cerebrali». Questi trattamenti nuovi e non invasivi vengono impiegati e studiati nel Magics Center (acronimo di Magnetic IntraCerebral Stimulation) del San Raffaele che è un centro all’avanguardia.

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LA MEDICINA DEL RECUPERO

Oppure, per rimettere in sesto un cervello colpito da ictus, c’è un altro meccanismo ancora in bilico tra ricerca e prime applicazioni: agire sulle cellule staminali, presenti nel cervello come in ogni altra parte dell’organismo. Stimolando, questa volta in ambedue gli emisferi, la loro capacità rigeneratrice si può ottenere un aiuto a riparare il danno. «Lo stimolo si può esercitare o con farmaci oppure immettendo altre cellule staminali, per via endovenosa», spiega ancora il professor Comi. «Ma non sappiamo ancora quanto si può ottenere. Comunque tutte queste azioni sono un bel passo avanti della medicina del recupero, che è una grande novità degli ultimi dieci anni».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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