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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 31-12-2021

Il sonno buono per la mente? Né troppo, né troppo poco



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C’è una "giusta" durata del sonno che protegge le facoltà cognitive, anche da anziani. Ogni medico dovrebbe chiedere ai suoi pazienti: "Lei come dorme?"

Il sonno buono per la mente? Né troppo, né troppo poco

Bisogna centrare la giusta durata del sonno per mantenere la mente ben sveglia. Guai a dormire troppo poco, guai a dormire troppo: ne va delle capacità cognitive che cominciano a declinare. Lo conferma una ricerca condotta alla Washington University School of Medicine e puntata sugli anziani: poiché un cattivo sonno e l’Alzheimer comportano ambedue un declino mentale, a volte distinguere tra l’uno e l’altro come causa non è facile.

 

LA DURATA IDEALE

I risultati di questa indagine sono stati ospitati sulla rivista Brain. «I nostri studi suggeriscono che c’è un range intermedio di sonno complessivo, un “punto giusto” (sweet pot, l'hanno definito gli autori angosassoni), nel quale le capacità cognitive restano stabili per tutto il tempo – dichiara il neurologo del gruppo di ricerca professor Brendan Lucey. - Un sonno più breve o più lungo è risultato associato a peggiori performance cognitive, forse a causa di un sonno insufficiente o di cattiva qualità. Quel che non sappiamo è se possiamo intervenire, ad esempio aumentando di un’ora il sonno troppo breve o disturbato, e se questo si tradurrebbe in un effetto positivo sulle capacità mentali fermandone il declino. Abbiamo bisogno di più dati longitudinali per rispondere a questa domanda».

 

VOLONTARI DI 75 ANNI SEGUITI PER 5 ANNI

L’Alzehimer è la maggior causa di perdite mentali nelle persone più anziane, contribuendo nel 70 per cento dei casi di demenza. Il sonno “cattivo” è un sintomo comune di questa malattia e una forza che lo spinge ad accelerare. Per distinguere gli effetti del sonno e gli effetti dell’Alzheimer alla Washington University hanno arruolato 100 volontari sui 75 anni seguiti poi, nelle loro capacità mentali, per una media di 4 anni e mezzo. Il loro sonno era controllato da un elettroencefalogramma (Eeg) per 4-6 notti, in più erano loro prelevati un campione di sangue e uno di fluido cerebrospinale onde individuare la presenza o meno di proteine legate all’Alzheimer. Quel che si è visto sono effetti negativi in caso di sonno sotto le 4,5 ore e sopra le 6,5 ore mentre i risultati rimanevano invariati nella fase intermedia. Il professor Lucey fa notare tuttavia che l’elettroencefalogramma calcola un’ora in meno rispetto a quanto percepisce la persona, quindi occorre dire che rispetto al percepito dei partecipanti l'intervallo di riferimento era fra le 5,5 e le 7,5 ore.

 

QUALITÀ O QUANTITÀ? CONTA IL SENTIRSI RIPOSATI

«E’ stato particolarmente interessante vedere che non solo quanti dormono poco, ma anche i “dormiglioni” avevano il maggior declino cognitivo – osserva un altro professore di neurologia, David Holtzman. – Sembra di capire che sia la qualità del sonno la vera chiave, e non la quantità». Certo, chiarisce Brendan Lucey, ogni persona ha il proprio bisogno di sonno e chi si sveglia sentendosi riposato qualunque sia il tempo che ha dormito, va bene, non deve cambiare niente. Ma molti hanno una diversa sensazione al risveglio e devono essere coscienti che forse c’è qualcosa da correggere. I medici, poi, dovrebbero sempre chiedere (e non sempre accade) al paziente come dorme.

 

MAI SOTTOVALUTARE IL BUON SONNO

«Sì, chiedere ai pazienti come dormono è una domanda fondamentale – concorda il professor Liborio Parrino, primario di Neurologia nell’Azienda ospedaliera universitaria di Parma e già direttore del Centro di medicina del sonno. - Negli ultimi 12 anni tutti i lavori confermano che se il sonno è troppo breve o troppo lungo è dannoso. Aumenta il peso, crescono i problemi cardiovascolari e le prestazioni cognitive possono deteriorarsi».

 

NON SCENDERE SOTTO LE 5 ORE

Possiamo distinguere tra troppo poco o troppo sonno? «In generale, sotto le 5 ore di sonno è pericoloso, su questo c’è una concordia internazionale, i rischi sono cardiovascolari, di diabete e di maggior peso. Se si dorme troppo significa che il sistema di regolazione interna non è a posto. Si pensi ai depressi che si rifugiano nel letto a dormire tanto, come in una cuccia». Riprende il professor Parrino: «Questo del sonno è un equilibrio affascinante, viene sottolineato dalla ricerca che non si può fare a meno del sonno, non possono esistere – per stare all’attualità – i no vax del sonno, anche se accade che diverse persone pensino di poter vivere senza dormire. Il sonno è importante, irrinunciabile e, a prescindere dallo studio sugli anziani, per tutti la regola è dormire tra 7 e 8 ore. La durata non è arbitraria».

 

IL SONNO E IL PREZIOSO RUOLO DI “SPAZZINO”

A volte, soprattutto in un anziano, può accadere che nel pomeriggio sia agitato e veda e dica cose incomprensibili. No, non è demente – sottolinea Liborio Parrino – è che sta sognando “recuperando” così il tempo di sonno perduto di notte o dormito male. «Le proteine amiloide e tau si accumulano con l’Alzheimer, ora durante il sonno il nostro organismo fa da spazzino liberandosi di questi metaboliti. Ecco un’altra funzione ora chiara del sonno: fare il “netturbino” come lo fanno per strada, di notte, i netturbini veri. A dormir poco o male, poi, non si ha voglia di far niente, non si ricordano le cose, si è arrabbiati. Non è un bel vivere».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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