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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 02-07-2015

La cannabis è più nociva se assunta con l’alcol



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Nella commistione si potenzia il principio attivo di marijuana e hashish e aumenta il rischio di dipendenza. Il dato emerge da uno studio americano sulla casistica degli incidenti stradali

La cannabis è più nociva se assunta con l’alcol

Unire alcol e cannabis fa salire pericolosamente l’effetto del principio attivo della seconda, Thc o tetraidrocannabinolo. Pericolosamente perché questa combinazione risulta una causa frequente di incidenti stradali, ma gli autori di uno studio americano pubblicato su Clinical Chemistry lamentano che il sommare hashish o marijuana con vino o liquori non sia stato finora analizzato. 

 

IN STRADA

Diversi studi epidemiologici hanno rilevato che la cannabis da sola o l'alcol da solo hanno un impatto «significativamente» minore di quello delle due sostanze combinate; uno studio condotto dal Dipartimento dei trasporti USA su 1.882 incidenti stradali mortali ha rilevato in particolare che rispetto ai guidatori che non avevano assunto alcuna sostanza, quelli che avevano bevuto alcolici rischiavano 7,4 volte tanto e chi aveva mescolato alcolici e cannabis 8,4 volte. Ora gli esperti del National Institute on Drug Abuse di Baltimora hanno verificato su 32 fumatori adulti di cannabis che con l'alcol aumentano le concentrazioni nel sangue di THC, o tetraidrocannabinolo, il principio attivo della droga. Il che probabilmente spiega il maggior impatto sulle capacità di guida.

 

DROGA “PONTE”

Come avviene? Lo spiega il dottor Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, presidente della Società Italiana di Alcologia e blogger della Fondazione Veronesi. «Diciamo intanto – esordisce - che l’alcol è una “droga ponte” nel senso che, abbassando la percezione del rischio, rende più esposti ad assumere una droga illegale. Certo, la cosa è reversibile: si può partire dall’hashish e poi mettersi a bere. E, oltretutto, se l’alcol potenzia il principio attivo della cannabis, diventa più alto e immediato il rischio di divenire dipendenti dalla droga o da entrambi». Ma questo mischiare marijuana e bicchiere è una pratica diffusa da noi? «Assolutamente sì, ai servizi del Servizio Sanitario Nazionale è prevalente la presa in carico di giovanissimi che risultano spesso polidipendenti: da alcol, da cannabis, da cocaina, da droghe sintetiche e smart drugs, ma anche da comunissimi psicofarmaci».

 

IL FEGATO NON FA DUE COSE

Perché gli psicofarmaci? Si rischia di demonizzarli. «Ma è un uso improprio quello diffuso tra i ragazzi. Intanto li rubano o se li procurano su Internet - spiega Scafato - Poi è notorio che con quasi tutti gli antidepressivi o ansiolitici, le benzodiazepine, gli ipnotici si raccomanda di sospendere l’alcol durante l’assunzione. Il motivo è che queste sostanze vengono metabolizzate nel fegato ed è grazie a questa azione che fanno effetto. Nelle cellule del fegato c’è un piccolo sistema metabolico interno che è in grado di metabolizzare una sostanza alla volta. Se prendo lo psicofarmaco, non metabolizzo l’alcol e questo, andando in circolo non metabolizzato, fa più danno.

Al contrario, se non viene metabolizzato, il farmaco non fa effetto, ma va comunque in circolo, o peggio ne viene potenziata l’azione con conseguente danno. Per esempio, se si tratta di ipnotici, mai assunti evidentemente secondo posologia ma in eccesso per la ricerca dell’effetto, invece del sonno può accadere che ci si provochi un coma…». Addirittura le gocce per la tosse, quelle ad esempio con diidrocodeina, vengono usate impropriamente da molti giovani per crearsi lo “sballo”. «Quando facevo le guardie mediche - conclude Scafato - sa quanti ne abbiamo mandati via di tossicodipendenti con le pastiglie da succhiare al posto delle gocce?».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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