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Neuroscienze
Daniele Banfi
pubblicato il 16-09-2014

Sclerosi multipla: troppo sale nella dieta è un pericolo



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Diversi i fattori causali in gioco nella genesi della malattia, ma un ruolo inedito e particolare lo ha il sale. Buone le prospettive di cura. I dati presentati al congresso Actrims-Ectrims di Boston

Sclerosi multipla: troppo sale nella dieta è un pericolo

La genetica è importante ma nella comparsa della malattia i fattori ambientali sono fondamentali. E' questo il quadro che emerge dal convegno Actrims-Ectrims di Boston (Stati Uniti), il più importante appuntamento dedicato alla sclerosi multipla. E uno di questi fattori, quasi a sorpresa, è un eccessivo consumo di sale. Ad affermarlo è David Hafler della Yale School of Medicine, chiamato ad aprire il convegno con una lezione sulle origini della patologia.

 

LA MALATTIA

La Sclerosi Multipla è una malattia neurologica cronica che colpisce circa 2 milioni e mezzo di individui nel mondo, 72 mila nella sola Italia. Una patologia che determina lo sviluppo di focolai infiammatori che danneggiano il sistema nervoso centrale causando problemi nel movimento, nell’equilibrio, nella percezione degli oggetti e nel pensiero a seconda delle aree colpite. Ciò si verifica quando il sistema immunitario, per ragioni ancora da chiarire, produce anticorpi che distruggono la mielina, quella sostanza che isola le cellule nervose e che consente la corretta conduzione degli impulsi nervosi. Nei nervi mielinizzati la velocità è circa 100 volte maggiore di quella dei nervi non mielinizzati.

 

LE CAUSE

Da tempo i ricercatori sono al lavoro per comprendere dove origina la malattia. Negli anni sono state fatte molte ipotesi e la genetica è sembrata la causa preponderante. Ora, grazie ad analisi sempre più sofisticate, la visione sta lentamente cambiando. Come spiega il professor Hafler «ci sono almeno 400 varianti genetiche coinvolte nella malattia, non tutte ancora note, che insieme a fenotipo e fattori ambientali hanno un ruolo che ancora stiamo studiando. Ad esempio il fumo ha un ruolo solo in persone con una specifica variante genetica».

Ma la vera novità tra i possibili fattori legati alla malattia è il sale: alcuni studi presentati hanno mostrato che una dieta ricca di sale peggiora l'encefalomielite autoimmune e il quantitativo di questo minerale nel menù è associato con forme di sclerosi multipla più attive. «Si è visto che mangiare spesso al fast food causa un aumento percentuale delle cellule Th17, nel mirino per i processi all'origine della sclerosi multipla. Troppo sale nell'intestino induce un processo infiammatorio e una serie di alterazioni a cascata nel livello di attività di alcuni geni» afferma Hafler.

 

COME SI CURA

Buone invece le notizie sul fronte terapeutico. Ad oggi la strategia principale nel trattamento della malattia è la somministrazione di farmaci capaci di interferire con il sistema immunitario. Di passi avanti ne sono stati fatti molti. Se negli Anni 90 le uniche terapie consistevano nell’alleviare i sintomi, oggi sono a disposizione diverse molecole capaci rallentare in maniera significativa l’evoluzione della malattia. In particolare è stato presentato un dato sull'effetto scudo di una molecola (fingolimod) nel proteggere il cervello e rallentare la progressione della malattia. In pratica, i pazienti trattati con il farmaco hanno tassi di riduzione cerebrale più lenti, simili a quelli delle persone sane. Analisi separate hanno dimostrano che i pazienti trattati per 6 anni presentano un tasso costantemente basso di perdita di volume cerebrale, dunque stabile, con numeri che oscillano tra lo 0,33% e lo 0,46%: Riduzione simile a quella delle persone sane.

 

IL FUTURO DELLE STAMINALI

Ma se l'approccio farmacologico è limitato a rallentare o - nei casi più fortunati- bloccare la progressione della malattia, buone notizie giungono dal trattamento con le cellule staminali.  La prima fase di sperimentazione a base di mesenchimali, con lo studio Mesems coordinato dal neurologo Antonio Uccelli dell'Università di Genova, suggerisce che il trattamento è sicuro e privo, al momento, di effetti collaterali. Premessa base per la valutazione dell'efficacia della terapia. Ma le novità non finiscono qui: Stefano Pluchino, della University of Cambridge, è riuscito nell’impresa di ottenere -con un innovativo metodo- delle staminali neurali capaci di curare con successo la malattia e rigenerare i tessuti daneggiati nel modello animale. Un risultato straordinario che consentirà, nei prossimi 5 anni, di avviare la sperimentazione nell'uomo.

@danielebanfi83

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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