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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 18-06-2013

Se hai fatto attività fisica da giovane rischi meno tumori da vecchio



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Anche a distanza di anni gli uomini più in forma sono meno soggetti a sviluppare un cancro e hanno più possibilità di sopravvivere. Lo dimostra uno studio americano presentato all'ASCO di Chicago

Se hai fatto attività fisica da giovane rischi meno tumori da vecchio

Che l’attività fisica sia un vero e proprio toccasana per una vecchiaia in salute non lo scopriamo di certo oggi. Che possa addirittura proteggere dal cancro anche dopo vent'anni dalla cessazione dell'esercizio è molto meno scontato. Secondo un grande studio presentato al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) di Chicago -il più importante convegno mondiale dedicato all’oncologia- negli uomini che hanno svolto un’intensità attività fisica a 50 anni si registrano, nei decenni successivi, meno casi di tumore e una mortalità più bassa sia per neoplasie che per malattie cardiovascolari.

NON SOLO CUORE

Come dichiara la dottoressa Susan Lakoski, professore presso la Vermont University e autrice dello studio, «lo scarso esercizio fisico è un fattore predittivo dello sviluppo di possibili malattie a carico del cuore. Ciò è ampiamente dimostrato da numerosi studi. Quello che invece ancora non si conosceva in maniera approfondita era la relazione tra allenamento cardiovascolare, incidenza di tumore e prognosi della malattia». Una relazione che sembrerebbe essere molto forte anche a distanza di anni dalla cessata attività e che potrebbe rivoluzionare il modo con cui fare diagnosi precoce.

LO STUDIO

L’analisi, che ha coinvolto per circa 20 anni 17 mila uomini statunitensi, aveva come obiettivo la valutazione dell’incidenza e della mortalità di alcune forme di cancro in relazione all’attività fisica. Per stabilire il grado di allenamento gli individui sono stati sottoposti al MET-Test, un esame in cui viene valutato l’indice di performance durante la corsa su tapis-roulant. I risultati sono stati stupefacenti: a distanza di anni coloro che erano in forma fisica migliore a 50 anni hanno evidenziato un rischio diminuito del 68% di sviluppare un tumore dei polmoni e del 38% per quello del colon. Non solo, ottimo risultato anche in termini di sopravvivenza: in chi era ben allenato i rischi di morte per cancro sono scesi del 14% e per disturbi di cuore del 23%.

IL PARERE

«Questi risultati - spiega la dottoressa Sandra Swain, presidente dell’ASCO - sono davvero importanti perché mostrano che il grado di allenamento negli uomini è un fattore predittivo indipendente sia di rischio che di prognosi per alcuni tipi di tumore. Sarà ora interessante valutare questa tendenza anche nelle donne. Un dato però è certo: con piccoli cambiamenti nello stile di vita è possibile ridurre il rischio cancro».

IL FUTURO

Un risultato, quello dei ricercatori statunitensi, che potrebbe ora modificare il futuro della prevenzione oncologica. «Da oggi i pazienti dovranno essere spronati a raggiungere un determinato livello di forma fisica. Questo potrà essere misurato in maniera oggettiva e accurata nell’ambito dei controlli medici periodici ai quali le persone si sottopongono. Una situazione ben diversa da quella attuale dove è il paziente a riportare al medico quanta attività fisica svolge» conclude la dottoressa Lakoski.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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