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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 29-12-2017

Screening neonatale: un diritto non ancora per tutti



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Diciotto (su 21) le Regioni che si sono adeguate alle disposizioni di legge. Mancano l'Abruzzo, la Basilicata e la Calabria. Lo screening neonatale può salvare la vita

Screening neonatale: un diritto non ancora per tutti

La novità risale a un anno fa di questi tempi, quando lo screening neonatale per diagnosticare poco meno di quaranta malattie congenite fu inserito nei Livelli Essenziali d'Assistenza (Lea), il pacchetto di prestazioni sanitarie che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a offrire lungo tutta la Penisola. Prima di questo provvedimento l'offerta previste dai Lea era limitata a tre condizioni: la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica.

Cos'è accaduto a un anno di distanza? Otto regioni su dieci - ovvero 18 su 21 - si sono già adeguate alle direttive nazionali. Tre invece sono ancora in ritardo: l'Abruzzo, la Basilicata e la Calabria. «Ma anche in queste zone del Paese ci si dovrebbe allineare a quanto previsto dalla legge 167 del 2016 entro la metà del 2018 - assicura Manuela Vaccarotto, vicepresidente dell'Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie Onlus -. Non si avranno nuovi centri di riferimento regionale, ma si sta lavorando per stipulare delle intese tra le Regioni. I test effettuati in Abruzzo dovrebbero essere presi in carico dalle Marche, quelli lucani dalla Puglia e quelli calabresi dalla Campania». Una tipologia di accordo che peraltro è già in vigore in altre aree del Paese: tra Valle d'Aosta e Piemonte, Umbria e Marche, Trentino Alto Adige e Veneto, Molise e Lazio.  


Screening vuol dire salvezza

A COSA SERVE IL TEST

Il test - che si aggiunge ad altri due screening effettuati sui neonati: quello audiologico e quello oftalmologico - viene eseguito in ospedale dopo 48-72 ore dalla nascita del bambino. Con una lancetta sterile, viene prelevata qualche goccia di sangue dal tallone del neonato e raccolta su uno speciale cartoncino assorbente, poi inviato al Centro di riferimento regionale per l’analisi del campione. L'esame è indolore e non invasivo e, grazie a una goccia di sangue, permette di testare la presenza di oltre quaranta malattie metaboliche ereditarie. L’esito positivo dello screening neonatale non equivale a una diagnosi di malattia. «In caso di positività il neonato viene convocato in tempi rapidi e sottoposto ad ulteriori esami - prosegue Vaccarotto -. Se il risultato è confermato viene subito avviata la terapia, basata su modifiche della dieta e sull’impiego di farmaci e vitamine. La terapia è specifica per ciascuna malattia e deve essere seguita in centri altamente specializzati». Non sempre esiste una cura, ma intervendo prima della comparsa di un danno d'organo è comunque possibile limitare l'impatto della malattia sulla qualità di vita del neonato. 

 

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L'Italia è l'unico Paese ad avere una legge specifica per un panel di malattie così importante. Lo screening neonatale riguarda condizioni ereditarie che coinvolgono quasi sempre il sistema endocrino e le vie metaboliche e determinano un’alterata produzione energetica cellulare, l’incompleta eliminazione di composti tossici, la mancata sintesi di molecole indispensabili per il funzionamento dell’organismo. Risultato: la compromissione di cellule, tessuti e organi, in misura proporzionale alla gravità della malattia. Variabile è il decorso di queste condizioni: ce ne sono alcune a rapida evoluzione e altre che hanno un andamento cronico e progressivo. Il testo della legge contiene tutte le indicazioni sulla lista di quelle indagate, le modalità di raccolta e invio dei campioni, l’organizzazione del sistema di screening, le modalità di comunicazione e richiamo e i criteri per la ripartizione dello stanziamento. Restano fuori invece altre malattie - l’iperplasia adrenale congenita, alcune malattie da accumulo lisosomiali, l'immunodeficienza combinata grave (Scid), il deficit di guanidinoacetato metiltransferasi e alcune emoglobinopatie - non comprese nel pannello obbligatorio ma facoltative, per cui i genitori devono dare il proprio consenso allo screening.

 

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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