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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 29-04-2014

Se i genitori riversano i sogni infranti sui figli



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Costringerli alla scelta di uno sport non è corretto, ma diventa educativo se il consiglio comincia in tenera età

Se i genitori riversano i sogni infranti sui figli

Quella che, fino a qualche settimana fa, sembrava soltanto una teoria piuttosto limitata della psicologia, trova oggi conferma in uno studio pubblicato su Plos One da un team di ricercatori olandesi. I genitori sono portati a trasferire sui propri figli le ambizioni che, in giovane età, non sono riusciti a scalare. Nascerebbero da questo meccanismo i musicisti”forzati” o i provetti calciatori che, invece di sgambettare su un prato, trascorrerebbero volentieri il tempo libero altrove.

 

SOGNI INFRANTI

Per molti genitori il mancato successo nello sport o nella carriera scolastica rappresentano delle macchie incancellabili.. La ricerca, condotta su un gruppo di genitori costituito prevalentemente da donne adulte (età media 43 anni) con figli di età compresa tra gli 8 e i 15 anni, ha di fatto sancito l’ufficialità della teoria secondo cui i genitori sono spesso portati a riversare sui bambini i loro sogni infranti. «Questi comportamenti, in maniera esplicita o implicita, hanno da sempre guidato le azioni dei genitori - spiega Paola Venuti, docente di psicopatologia clinica all’università di Trento -. Biologicamente, un figlio rappresenta la continuazione della propria specie. È insito in ciò il desiderio che eccella in ambiti che sono propri del genitore».

 

LA SCELTA DELLO SPORT

Poco prima dei cinque anni si iniziano a sondare le passioni di un figlio in ambito sportivo. Se sul tempo trascorso davanti a una consolle o con un libro in mano i genitori lasciano ampia libertà, la scelta dello sport costituisce il primo passo che nessuno vuole sbagliare. A fortificare questa motivazione contribuisce l’ambizione di vedere un bambino fare strada in una determinata disciplina sportiva, in modo tale che, con il passare degli anni, lo sport diventi un’opportunità di lavoro.

«Spingere i propri figli a fare delle cose non adatte ai loro interessi e alle loro abilità mortifica le passioni, può minare e mortificare le spinte autonome - prosegue Venuti -. Un genitore dovrebbe sempre domandarsi come può sentirsi il figlio nel fare uno sport o un’altra attività suggerita. Prima di tutto viene il divertimento, senza il quale un bambino non si appassiona e non sviluppa quelle caratteristiche di determinazione, perseveranza e autocontrollo necessarie per ottenere dei risultati».

 

L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA

Costringere non va mai bene, ma guidare una scelta sin dalla tenera età può avere degli effetti positivi. Giocare a calcio perché si vuole imitare il papà che sgambetta durante la settimana con i colleghi attiva il senso d’ identificazione del bambino nel genitore e lo aiuta a sviluppare passioni ed interessi. Ma se l’hobby dovesse mutare nel corso dell’adolescenza, mostrare i denti non serve. «Un genitore dovrebbe favorire le scelte individuali dei figli e vigilare sulla adeguatezza degli ambienti in cui trascorrono il tempo libero».


@fabioditodaro

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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