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Dieci lezioni dalla pandemia SARS-CoV-2

Giorgio Macellari: "SARS-CoV-2 sta producendo danni incalcolabili. Ma c’è un’eventualità ancora peggiore della pandemia: non assorbirne la lezione". La prima? Forse non siamo così "sapiens"

Dieci lezioni dalla pandemia SARS-CoV-2

di Giorgio Macellari*

La pandemia SARS-CoV-2 (Sindrome Respiratoria Acuta Severa da CoronaVirus di ceppo 2) sta tuttora martoriando il genere umano, indifferente ai proclami di chi la vorrebbe già liquidata. Il virus fa solo il suo mestiere: replicarsi il più possibile sfruttando il macchinario biologico di cellule ospiti. Gli ospiti siamo noi. Noi gli forniamo gratis gli strumenti per fotocopiarsi in miliardi di nuovi esemplari. E lui nemmeno ringrazia. La parola virus viene dal latino e significa veleno. E come il veleno si comporta: tossico o addirittura letale ad alte dosi, ma benevolo se presente in piccolissime quantità, sufficienti a stimolare una risposta immunitaria efficace e favorire una convivenza pacifica con lui.

Questa premessa serve a introdurre una serie di clamorosi insegnamenti che il microscopico invasore ci sta dando, ai quali si dovrebbe prestare la massima attenzione e che invece ancora qualcuno si ostina a trascurare, senza capire che così facendo offre ottimo cibo alla nutrizione del virus e alla sua indisturbata replicazione.

CoV-2, dalla sua micro-dimensione, ha messo a nudo macroscopiche debolezze, fragilità, bizzarrie e incongruenze del nostro sistema. Ma ha anche rappresentato un’occasione irripetibile per riconoscerle e correggerle. Il danno che la pandemia ha prodotto è al momento ancora incalcolabile e marchierà a fuoco i prossimi decenni, lasciando cicatrici a lungo visibili. Ma c’è un’eventualità ancora peggiore della pandemia: non assorbirne la lezione.

Ecco la ragione di questa iniziativa, articolata in dieci “lezioni” maggiori e alcuni “insegnamenti collaterali” a disposizione dei curiosi e di quanti credono ancora, con forza, nel senso di responsabilità individuale come base per costruire il benessere collettivo.

Prima lezione: come specie non siamo poi così “Sapiens”

Ecco alcuni passi di un resoconto scritto da un maggiore del corpo sanitario USA: “La pandemia appena diffusa è senza precedenti… mai prima d’ora c’è stata una catastrofe così improvvisa, devastante e universale… Diversi fattori ostacolano la sua prevenzione: l’indifferenza pubblica… la grande complessità e il diverso livello di gravità dei sintomi nel sistema respiratorio… un attacco può iniziare con un raffreddore… molte persone sono guarite senza un trattamento… e non è naturale per un uomo che pensa di avere solo un raffreddore chiudersi in un rigido isolamento per proteggere gli altri dal possibile contagio… per ora c’è un solo modo per prevenire la diffusione del contagio ed è quello di isolare chi è in grado di trasmettere il virus… la pandemia ha dimostrato quanto velocemente le infezioni possono viaggiare… fra le cose più importanti ci sono evitare l’inutile affollamento… il nostro stesso destino può dipendere dal lavaggio delle mani”. Considerazioni ormai note a tutti. Ma pochi sanno che furono scritte da George Soper il 30 maggio 1919, a proposito della Spagnola… Che ne dite?

Il fatto è che le epidemie producono risposte stereotipate: prima si nega; poi – al crescere dei morti – si comincia ad avere paura e a cercare possibili colpevoli (dagli untori ai gatti, dalle streghe alle divinità); quindi si riconosce il problema e se ne cercano rimedi empirico-razionali; infine, passata l’onda, si comincia a ricostruire.

Cosa c’insegnano le storie delle pandemie?

Che chi ha pensato di appiccicare alla nostra specie l’attributo “sapiens” ha peccato di ottimismo – o di vanità. Facciamo fatica a imparare le lezioni della Storia. Del resto così ammoniva il filosofo Gerges Santayana: “Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”. Facciamo tesoro dell’ammonimento, ma tenendo bene a mente un “dettaglio”: potremo farcela solo se studieremo.

 

*Giorgio Macellari è Chirurgo Senologo Docente di Bioetica, Scuola di Specializzazione in Chirurgia di Parma



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