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Cannabis senza pregiudizio

Una sostanza naturale e poco costosa, che è giusto mettere gratuitamente a disposizione di chi ne ha bisogno per curarsi

Cannabis senza pregiudizio

Uso terapeutico della Cannabis, su ricetta del medico di famiglia, e quindi a carico del Servizio sanitario nazionale. Il Consiglio dei ministri non ha impugnato la legge che la Regione Abruzzo ha approvato in gennaio (contrariamente allo stop dato in precedenza ad analoghe leggi delle Regioni Liguria e Veneto), e quindi adesso ci si potrà curare anche con questo rimedio, conosciuto nell’antichità da Cina e India, e di cui parla favorevolmente anche Plinio il Vecchio nella sua «Naturalis Historia».

Lo considero un grande passo avanti sul piano medico e giuridico, e anche se so che con questa affermazione mi attirerò una volta di più l’accusa di essere favorevole alle droghe, sono assolutamente tranquillo: non è ragionevole escludere un principio attivo solo perché figura nell’elenco delle sostanze da abuso. A scanso di fantasiose polemiche, è anche bene spiegare subito che non ci si curerà fumando spinelli, ma che il Thc (tetraidrocannabinolo) e il Cbd (cannabidiolo)  sono contenuti in inalatori spray e in compresse, veri e propri farmaci. Da poco prodotti anche in Italia, evitando così una costosa e complicata procedura d’importazione.

Effetti tossici collaterali e dipendenza a lungo termine non risultano dall’uso terapeutico della Cannabis. In Canada e negli Stati Uniti i medici la prescrivono da anni, senza che siano emersi problemi. Anzi, l’esperto americano Lester Grinspoon è del parere che sia uno dei farmaci meno tossici. Non è inutile ricordare che il farmacologo italiano Carlo Erba, fondatore dell’omonima azienda, ora scomparsa, nella prima metà dell’Ottocento aveva avviato interessanti esperienze sull’uso terapeutico della Cannabis, trovandola attiva sul tetano e sul colera.

C’è chi ha sostenuto un’attività della Cannabis anche nei confronti dei tumori, ma io penso che sulle qualità «curative» di questa sostanza ci sia ancora molto da indagare e da studiare. E’ invece ragionevole riconoscere la sua attività lenitiva e palliativa, che può giovare in numerose malattie. La sostanza, con il suo effetto rilassante, è in grado di calmare gli spasmi del morbo di Parkinson e della sclerosi multipla,  è antidolorifica nei confronti dell’artrite reumatoide, è attiva anche contro i dolori provocati dalla neuropatia diabetica.

Tutto ciò giova al benessere del malato, e perciò deve essere considerato prezioso. Per esempio, si sa da parecchi anni che farmaci a base di Cannabis sono in grado di risvegliare l’appetito nei malati di cancro sottoposti a chemioterapia. Una ricerca condotta al Neurocentre Magendie di Bordeaux, in Francia, ha chiarito che non si tratta di suggestione (come qualcuno aveva affermato) ma di un effetto innescato proprio dal principio attivo della Cannabis: il Thc si lega a una molecola presente nel bulbo olfattivo, la zona del cervello che riceve gli stimoli provenienti dal naso, ed esalta la sensibilità all’odore del cibo, aumentando l’appetito.

Concludendo, mi sembra importante che la politica sanitaria regionale e nazionale abbia avuto il coraggio, contro i pregiudizi di un perbenismo «a prescindere», di aprire la strada all’uso terapeutico di una sostanza naturale e poco costosa, che è giusto mettere gratuitamente a disposizione di chi ne ha bisogno, entro i parametri scientifici utili. Mi auguro che i medici di famiglia non si facciano deviare da pregiudizi ideologici, e la prescrivano senza timori immotivati. 

Umberto Veronesi



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