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Cari malati, questi i vostri sacrosanti diritti

Riconoscere e diffondere la cultura dei diritti dei malati vuol dire difendere la libertà e l’infinita varietà del mondo

Cari malati, questi i vostri sacrosanti diritti

Forse l’antica medicina araba aveva capito meglio di noi che il malato è persona. Nell’ospedale fondato al Cairo nel 1283 c’era un inizio di scienza (sale separate a seconda delle malattie), ma c’erano anche fontane zampillanti di acqua purissima, e tante piante fiorite.  Ho pensato a quell’antico ospedale mentre nel Comitato etico della Fondazione Veronesi  discutevamo sul “decalogo” dei diritti del malato, e gli ho attribuito un valore simbolico, dicendo a me stesso che negare un diritto è separazione, e riconoscere un diritto è congiunzione.  Le carceri, gli orfanotrofi, gli ospizi, gli ospedali, sono le gabbie in cui si istituzionalizza la persona, mentre riconoscere e diffondere la cultura dei diritti dei malati è difendere la libertà e l’infinita varietà del mondo.

Da decenni si discute dell’etica applicata alla Medicina, nelle maggiori università americane esiste la laurea in “bioethics”, e penso che il tema dei diritti dei malati sia un grande tema civile, su cui la società moderna è chiamata a confrontarsi, perché si tratta di un parametro di democrazia.

Proprio in un’epoca e in un secolo in cui la medicina tecnologica sembra aver prevalso su ogni altro tipo di visione, pensiamo che la difesa dei diritti del malato sia cruciale per rilanciare l’idea di un nuovo Umanesimo. Allora, non è inutile ragionare, punto per punto, sul “decalogo” che abbiamo stilato, e che consideriamo un documento programmatico per una sanità a misura dell’uomo.

Diritto a cure scientificamente valide, e sollecite.

Le “Good clinical practices” sono le sicure autostrade su cui corre la scienza medica. Fondate su enormi database, offrono prove di efficacia che danno tranquillità a medici e pazienti. In questo senso, l’era moderna ha portato a una “globalizzazione” delle terapie, che riconduce ad unità anche la cospicua varietà dei casi particolari. E’ diritto dei malati, e dovere etico di chi li cura, agire secondo linee terapeutiche valide e sperimentate. Che le cure debbano essere sollecite non ci sarebbe bisogno di riaffermarlo. L’enorme importanza della diagnosi precoce, con le conseguenti tempestive terapie, negli ultimi due decenni si è imposta con sempre maggiore evidenza, a partire dal tumore del seno.

Diritto a conoscere la verità sulla malattia e ad essere informato sulle alternative di trattamento.

Da tempo si è andato affermando il concetto di “alleanza terapeutica” tra medico e paziente. Il medico ha ancora nella sua etica professionale il precetto di agire “in scienza e coscienza”, ma a questo si è aggiunto il dovere di considerare il malato non più in modo paternalistico, ma alla pari. E’ quindi tenuto ad informare il malato in modo esauriente. Deve dirgli la verità, sempre e in ogni caso? In America è prassi consolidata, in Europa si è più possibilisti, più prudenti, e forse più umani. La verità va detta nella misura in cui s’intuisce che il malato vuole effettivamente conoscerla, e senza mai togliere la speranza. Il tema d’informare il paziente sulle alternative di trattamento è delicato e importante. Fa parte di quella branca della nuova medicina che si chiama “l’analisi della decisione in medicina clinica”. Un esempio per chiarire. Se tra due interventi chirurgici, uno è più risolutivo ma al contempo più rischioso, sarà dovere etico del chirurgo fornire dati e statistiche, ed esaminare i pro e i contro facendo un bilancio prudente e saggio.

Diritto a non sapere.

E’ l’altra faccia dello specchio rispetto al diritto all’informazione, e può essere opportuno in casi particolari (malati anziani, particolarmente emotivi, afflitti da depressione) in cui  il medico assume su se stesso lonere morale di non informare, grazie alla comprensione profonda dell’animo del malato.

Diritto a esprimere e revocare il consenso e diritto a rifiutare le cure.  

Fin dall’epoca di Ippocrate, tra medico e malato è esistito una specie di tacito contratto: il malato si affidava al medico. Nella nostra epoca, occorre il “consenso informato” per molti atti medici, in particolare per interventi chirurgici. Tale consenso non è un atto burocratico, ma costituisce la salvaguardia del paziente, che può revocarlo liberamente. Il rifiuto delle cure, tema di grandissima attualità perché trascina con sé le dibattute tematiche del fine vita e della libertà della persona malata, può essere considerato il crinale tra la vecchia e la nuova medicina. Occorre una legge chiara ed equilibrata, che però da anni sta subendo rinvii causati dalle divergenze ideologiche.

Diritto a esprimere le volontà  anticipate di trattamento.

E’ il cosiddetto “testamento biologico”, in cui la persona si garantisce di non dover subire l’accanimento terapeutico se dovesse accadere che non fosse più lucido e cosciente in una fase terminale. Rientra nella legge da discutere e approvare. Quando? Anche in questo campo l’Italia denuncia un ritardo imperdonabile, segno di una democrazia incompiuta.

Diritto all’integrità personale e al rispetto della dignità.

Negli ultimi anni sono finiti, con la condanna dei medici, processi in cui il malato lamentava il mancato rispetto della sua volontà in merito all’estensione di interventi chirurgici che aveva esplicitamente affermato di non accettare. Fece giurisprudenza il caso di un’anziana signora di Firenze cui fu praticata, nel corso di un intervento all’intestino, la stomìa per ano artificiale. Se un paziente giudica contrario alla sua dignità un trattamento o un intervento, il medico ha il dovere di rispettare questa sua volontà.

Diritto a non soffrire.

Il malato ha diritto ad essere sollevato dal dolore, in ogni caso. Questo diritto acquista particolare rilievo in caso di malattia inguaribile e terminale.

Diritto alla privacy.

Non essere visitato in pubblico, rigoroso rispetto della volontà del malato nell’informazione da dare a parenti, adeguata vigilanza sulla segretezza della cartella clinica. Sono tutte situazioni che rientrano nel codice deontologico dei medici, ma che vanno considerate anche alla luce della nostra società sempre più informatizzata.

Diritto a una seconda opinione.

Il medico non deve vivere come una “mancanza di fiducia” il legittimo desiderio del paziente che desidera ascoltare anche il parere di un altro medico. E’ inaccettabile, anche se accade raramente, che un medico congedi il suo paziente perché ha espresso questo desiderio. Dirò di più: il medico, con molta serenità e umiltà, dovrebbe essere lieto di confrontare le sue osservazioni con quelle di un collega.

Diritto a un accesso equo al progresso biomedico.

Questo è un tema molto dibattuto dalla comunità scientifica internazionale, perché una delle situazioni riguarda la partecipazione dei malati a “studi pilota” in cui si effettuano cure innovative. Al progresso biomedico va accompagnata l’assoluta sicurezza per il malato, insieme al diritto di ritirarsi dal trial in qualunque momento.  La scienza e il progresso scientifico devono essere al servizio dell’uomo e non l’uomo al servizio della scienza.

Umberto Veronesi



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