Nel contesto del tumore del colon-retto, l’attenzione si concentra ora anche su un batterio poco noto ma potenzialmente insidioso: Finegoldia magna. Presente abitualmente nella flora intestinale, questo patogeno opportunista potrebbe avere un ruolo più attivo del previsto nel tumore del colon-retto.
Marika Sculco, ricercatrice presso l’Università del Piemonte Orientale, è interessata a comprendere meglio il ruolo di questo batterio e del microbiota intestinale in relazione al cancro colorettale. Sculco, sostenuta dalla Fondazione Umberto Veronesi, punta a svelare i meccanismi con cui Finegoldia magna, proliferando tra i polipi dei pazienti obesi, contribuisce allo sviluppo del cancro al colon.
Marika, come nasce il vostro progetto di ricerca?
L’idea nasce nel 2018, in occasione della partecipazione del nostro Dipartimento al bando del MIUR per i Dipartimenti di Eccellenza. Forte della nostra esperienza in oncologia, abbiamo sviluppato un progetto per analizzare il microbiota e metaboloma intestinale in pazienti con adenomi del colon-retto, rilevati attraverso lo screening della Regione Piemonte.
Perché vi siete focalizzati sul microbiota e sul tumore al colon-retto?
Il cancro del colon-retto è uno dei tumori maligni più frequenti al mondo. La morbilità e mortalità di questo tumore hanno un notevole impatto sull’economia nazionale. Per questo motivo, l’identificazione di nuove terapie, anche legate al microbiota, e lo sviluppo di efficaci misure di prevenzione rappresentano oggi un obiettivo importante per la comunità scientifica.
Quali domande vi ponete e cosa rimane ancora poco conosciuto?
Esiste una differenza nel microbiota intestinale tra obesi e normopeso, ma poco si sapeva del microbiota che aderisce direttamente ai polipi. Il nostro studio ha rivelato la presenza del batterio Finegoldia magna nei polipi di pazienti obesi. Questo batterio poco conosciuto viene isolato sempre più spesso in infezioni importanti. In particolare, è stato trovato in pazienti oncologici, ed è noto per la sua capacità di attivare risposte infiammatorie, ma i meccanismi patogenici di questa specie sono ancora da chiarire.
Quali saranno i prossimi passi della vostra ricerca?
Studieremo gli effetti di Finegoldia magna in un sistema innovativo che utilizza il colon di un modello animale. Il sistema simula l’ambiente intestinale per osservare le reazioni della mucosa a contatto con il batterio, analizzando infiammazione e danni cellulari per comprenderne i meccanismi molecolari.
Quali sono le possibili ricadute a lungo termine?
I risultati saranno verificati anche in vivo con un modello murino di cancro colorettale, combinando dieta ricca di grassi (dieta occidentale) e somministrazione del batterio. L’obiettivo è capire se Finegoldia magna favorisca lo sviluppo dei polipi nei soggetti obesi, aprendo la strada a interventi preventivi, non solo relative alla dieta e allo stile di vita, ma anche per modificare la composizione del microbiota.
Hai avuto esperienze di ricerca all’estero?
Sì, nel 2019 l’Università di Zurigo durante il mio dottorato. Durante questo periodo ho avuto la fortuna di imparare in prima persona nuove tecniche sperimentali. Quello che mi ha colpito è stato vedere la profonda connessione tra il settore clinico e l’area di ricerca, sottolineando, quindi, l’importanza di un approccio multidisciplinare per poter svolgere una ricerca traslazionale efficace.
Quando hai capito che volevi fare ricerca?
Fin da piccola ho avuto una forte passione per le scienze e la comprensione dei fenomeni naturali, che mi ha portato senza esitazioni a scegliere Biologia all’università. La conferma definitiva è arrivata durante la mia prima esperienza in laboratorio, dove ho capito che quello era il mio ambiente ideale: un luogo in cui dare libero sfogo alla mia curiosità e desiderio di conoscenza.
Un momento da incorniciare e uno da dimenticare?
Un momento speciale è stato ottenere la mia prima borsa di ricerca, che ha segnato l’inizio della mia carriera scientifica dopo esperienze lavorative lontane dal mio ambito. L'opportunità di dedicarmi alla mia passione, in un contesto stimolante e ricco di sfide come quello universitario, ha rappresentato un traguardo fondamentale per la mia crescita professionale. Un periodo difficile, invece, è stato l’inizio della pandemia, che ha messo a rischio il mio dottorato, ma che sono riuscita a superare con determinazione.
Cosa ami e cosa invece faresti a meno nella ricerca?
Ciò che più apprezzo della ricerca è la sua intrinseca dinamicità, che si sposa perfettamente con la mia innata curiosità. L'ambiente di ricerca stimola costantemente la mia mente, incoraggiandomi a esplorare nuove idee e a formulare ipotesi. La possibilità di contribuire alla scoperta di nuove conoscenze e di affrontare sfide sempre diverse rappresenta per me un aspetto estremamente gratificante del mio lavoro.
Anche nei momenti di stress, trovo stimolante affrontare le sfide, vedendole come occasioni di crescita personale e professionale.
Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?
La scienza, per me, è un viaggio senza fine alla ricerca di nuove conoscenze e comprensioni, un mondo basato su metodi di indagine rigorosi, ma anche fatto di collaborazione e condivisione non solo tra scienziati ma anche con il resto della popolazione.
Come rispondi quando ti chiedono che lavoro fai?
Non è sempre facile descriverlo, per cui rispondo scherzosamente dicendo che “sono quella che sta al bancone, cercando di capire come funzionano i tumori per trovare nuovi modi per combatterli”.
Chi ti ha ispirato nel tuo percorso?
La mia professoressa di scienze delle scuole superiori ha avuto un ruolo determinante nel mio percorso. Mi ha insegnato a non arrendermi mai perché nonostante le difficoltà e gli ostacoli che si possono incontrare lungo il percorso, la determinazione e la perseveranza conducono sempre a risultati significativi e gratificanti.
Cosa avresti fatto se non avessi fatto il ricercatore?
Molto probabilmente mi sarei dedicata all'insegnamento delle scienze. La possibilità di trasmettere la mia passione per la disciplina ai giovani studenti, stimolando la loro curiosità e incoraggiandoli a esplorare il mondo scientifico, rappresenta per me una fonte di grande soddisfazione.
Che senso profondo attribuisci al tuo lavoro?
Al di là dei risultati scientifici, considero ogni giornata lavorativa come un esperimento volto alla crescita personale. Affronto le sfide con la curiosità di uno scienziato, analizzando i dati e traendo conclusioni per migliorare me stessa. In fondo, la ricerca non è solo scoperta scientifica, ma anche un continuo processo di auto-scoperta.
Raccontaci di te, chi sei e che passioni hai?
Determinata, sincera e appassionata. Sono una persona che affronta le sfide con la stessa serietà con cui un gatto insegue un puntatore laser: con una concentrazione feroce e un pizzico di sana follia! Nel mio tempo libero, da diversi anni mi dedico con costanza al nuoto. Per me è un'occasione di svago e un efficace mezzo per distendere le tensioni quotidiane. Sono appassionata di viaggi, e desidererei ardentemente ammirare le sette meraviglie del mondo. Sarebbe un'impresa epica, degna di un moderno Ulisse, ma con una guida turistica al posto di Calipso! Inoltre, sono un'appassionata del mondo Disney, in particolare amo Oceania, perché celebra valori a me cari, come la forza interiore, il coraggio, l'amicizia e il profondo rispetto per la natura. Il messaggio universale di speranza e di fiducia nel futuro che trasmette risuona profondamente con la mia visione della vita.
Un ricordo d’infanzia?
Le estati trascorse in Calabria, dai miei nonni. Ricordo con gioia i giorni dedicati alla preparazione della salsa di pomodoro. L'intera famiglia si riuniva in un'atmosfera di festa, e noi bambini, tra un gioco e l'altro, imparavamo i segreti di questa tradizione culinaria.
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