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Pertosse

Pertosse
 

CHE COS’È LA PERTOSSE

La pertosse è una malattia infantile di origine batterica altamente contagiosa causata dal batterio Bordetella pertussis. Come suggerisce il nome, la malattia è responsabile di una tosse persistente che può durare anche fino a dieci settimane, e che nel culmine dell’infezione può manifestarsi sotto forma di vere e proprie crisi tussive. Può presentarsi a qualsiasi età, ma in genere è più frequente nella prima infanzia, i cui nei casi più gravi può arrivare a causare gravi complicanze tra cui otite, polmonite o problemi neurologici e, nei bambini più piccoli, persino il decesso. Negli adulti, invece, raramente si verificano conseguenze severe. Per via della sua alta infettività, la pertosse è diffusa in tutto il mondo, ma l’introduzione della vaccinazione ha con il tempo abbassato in maniera drastica il suo impatto sulla popolazione. Oggi la malattia rappresenta un problema sanitario primario solo nei paesi in via di sviluppo, in cui i sistemi vaccinali sono ancora insufficienti.

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I SINTOMI

Dopo il periodo di incubazione della durata di circa dieci giorni, l’infezione esordisce con tosse lieve, mal di gola, febbre e secrezioni nasali che si fanno via via più abbondanti. A questa prima fase detta catarrale, che dura anche fino a due settimane, segue la fase parossisitica, caratterizzata da episodi di tosse violenta; in alcuni casi si tratta di vere e proprie crisi convulsive accompagnate da vomito e da rantoli stridenti dovuti all’occlusione della laringe (a cui le espressioni tosse asinina o canina devono il nome). Le difficoltà respiratorie di questa fase - in genere associate a casi di apnea, cianosi o emorragie petecchiali - si verificano in genere per 30-40 giorni, ma talvolta possono protrarsi anche fino a dieci settimane. Infine, la fase della convalescenza dura da una a tre settimane, in cui si vive un progressivo miglioramento della condizione fino alla scomparsa dei sintomi. Mentre negli adulti (o anche nei bambini più cresciuti) la malattia raramente provoca ripercussioni significative - sangue dal naso, rottura di costole o ernie - nei bambini più piccoli, specialmente nei neonati, possono verificarsi casi di disidratazione, epilessia o sovrainfezioni con possibilità di polmonite, bronchite, otite e in rari casi encefalite e persino morte.

 


LA DIAGNOSI

Anzitutto il medico effettua un’adeguata anamnesi per raccogliere più informazioni possibili dal paziente in merito alla sua condizione di salute, per poi valutare la presenza della patologia. Se il paziente è in fase convulsiva la diagnosi è certamente più immediata, se si trova invece in fase catarrale questa può richiedere ulteriori accertamenti. In genere si procede con un tampone nasofaringeo, così da individuare la presenza del batterio responsabile dell’infezione. Nel caso la malattia sia già in stadio avanzato, il prelievo del sangue può essere usato per determinare la presenza di anticorpi specifici prodotti dal sistema immunitario per combattere il patogeno.

 


COME SI CURA

Le modalità di trattamento della pertosse dipendono dall’età del paziente e dal momento in cui la malattia viene diagnosticata. Nel caso in cui l’infezione sia in corso da meno di tre settimane - quindi se la diagnosi è avvenuta prima dell’inizio della fase parossistica - si procede in genere con una terapia a base di antibiotici (eritromicina, claritromicina o azitromicina), utilizzati per abbreviare il decorso della malattia e ridurre la contagiosità, risultati che invece non sono garantiti se l’infezione è già in stadio avanzato. Inoltre, mentre per adulti e bambini è sufficiente un periodo di cura a casa, per gli infanti al di sotto di un anno di età è spesso necessario procedere con il ricovero. In ospedale, infatti, al neonato vengono somministrati liquidi per via endovenosa così da evitare il rischio di disidratazione; viene poi eseguito un continuo monitoraggio della funzione respiratoria e si intraprende un’adeguata terapia con antibiotici, utile soprattutto per eliminare la fonte di contagio. Infine, per alleviare i sintomi è possibile fare ricorso a farmaci antitussivi, sedativi e antispasmodici, tuttavia poco indicati per i bambini in giovanissima età.

 

I FATTORI DI RISCHIO

Il contagio avviene attraverso starnuti o colpi di tosse di persone malate, che parlando con l’interlocutore suscettibile finiscono per trasmette il batterio per via aerea. È bene dire che non esistono portatori sani del batterio - che ospitano Bordetella pertussis senza contrarre la malattia; possono invece sussistere, anche se rari, casi in cui la malattia non dà sintomi evidenti. Nella maggior parte dei casi, comunque, l’infezione è contagiosa dalle prime manifestazioni fino all’inizio della convalescenza. Si stima che un bambino con la pertosse possa contagiare fino al 90 per cento dei bambini suscettibili con cui condivide l’ambiente. Come per tutte le malattie infettive a diffusione per via aerea, infatti, il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo della malattia è la frequentazione di luoghi affollati (come le scuole), insieme alla mancata vaccinazione.

 


IL VACCINO PER LA PERTOSSE

Al momento la vaccinazione rappresenta il principale strumento di prevenzione contro la pertosse. Oggi il vaccino comunemente utilizzato è costituito da parti inattivate del batterio (vaccino acellulare) e non più dal batterio intero: un accorgimento che ha consentito di rendere il preparato vaccinale molto più tollerabile e ugualmente efficace.

 

LA VACCINAZIONE CONTRO LA PERTOSSE PER I BAMBINI

Con il cosiddetto decreto Lorenzin, la vaccinazione contro la pertosse è diventata obbligatoria - pena l’esclusione dall’asilo nido e dalle scuole dell’infanzia - ed è somministrata attraverso un vaccino esavalente, che garantisce protezione anche contro difterite, tetano, poliomielite, epatite b e Haemophilus Influenza tipo b. Secondo il calendario vaccinale vigente, nel neonato la prima dose di questo vaccino va somministrata  a tre mesi di vita, la seconda a cinque mesi e la terza a undici; questa schedula protegge almeno fino al sesto anno di vita. Al fine di garantire un’immunizzazione duratura nel tempo, si procede con due richiami attraverso il vaccino trivalente difterite-tetano-pertosse (Dtp), uno a sei anni e un altro tra i 12 e i 18 anni.

 

IL VACCINO PER ADULTI E IN GRAVIDANZA

Il Ministero della Salute raccomanda "la somministrazione periodica (ogni 10 anni) della vaccinazione anti difterite-tetano-pertosse (dTpa) con dosaggio per adulto". Inoltre raccomanda la vaccinazione alle donne in gravidanza, che si è dimostrata sicura per il feto ed efficace per proteggere il neonato nei primi mesi di vita, quando contrarre la pertosse può essere molto pericoloso. La vaccinazione va ripetuta ad ogni gravidanza, anche se la donna è già stata vaccinata o ha avuto la malattia, fra la 27a e la 36a settimana di gestazione.

 

QUANTO È DIFFUSA LA PERTOSSE

Per via della facilità con cui viene trasmessa, ancora oggi la pertosse è una patologia ampiamente diffusa in tutto il mondo, anche se è ormai solo nei Paesi in via di sviluppo - in cui la pratica vaccinale è meno consolidata - che continua a costituire un grave problema. Si calcola che oggi, a livello globale, la malattia causi 200-400mila morti all’anno, dovute nella maggior parte alle sue complicanze (anzitutto la polmonite), più frequenti nei neonati. Ancora nel 2008 sono stati stimati 16 milioni di casi (95% nei Paesi in via di sviluppo) e circa 195.000 decessi. Nello stesso anno la vaccinazione ha permesso di evitare circa 680mila morti. In Italia l’introduzione del vaccino ha permesso di ridurre progressivamente, via via che la copertura vaccinale aumentava, l’impatto della pertosse sulla popolazione: dai quasi 7mila casi registrati nel 1998 si è passati a poco più di 600 appena undici anni dopo, nel 2009 e ai 262 del 2012.

 

Consulenza: Giancarlo Icardi, direttore dell'unità operativa complessa di igiene dell'azienda ospedaliero-universitaria San Martino - IST di Genova

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