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Trombosi

Trombosi
 

CHE COS'È

La trombosi è la terza malattia cardiovascolare più comune e comprende due condizioni interconnesse: l’embolia polmonare e la trombosi venosa profonda. A determinarla è la presenza di un trombo (coagulo di sangue) in un’arteria o in una vena. Il coagulo può essere composto da un’aggregazione di cellule ematiche che ostruiscono o rallentano la normale circolazione sanguigna e che possono migrare e spostarsi in un organo vitale, con conseguenze potenzialmente fatali. A seconda del tipo di vaso coinvolto, si parla di trombosi venosa o arteriosa. I trombi nelle arterie sono più pericolosi, perché bloccano l’arrivo dell’ossigeno con il sangue, fino a far morire alcune cellule (infarto del miocardio, ictus cerebrale, ischemia periferica). I trombi nelle vene sono più subdoli, perché rallentano il ritorno del sangue al cuore, e la parte liquida del sangue fuoriesce dal vaso, gonfiando i tessuti circostanti (edema). 

La sindrome post-trombotica è la complicanza più frequente della trombosi venosa profonda e si manifesta a distanza di mesi o anni dall'evento trombotico acuto.  Ha un andamento cronico con fasi di progressione e periodi di temporanea regressione. L’embolia polmonare è invece la complicanza più severa della trombosi venosa profonda ed è solitamente preceduta da affanno inspiegabile, respirazione veloce, dolore acuto al torace, aumento della frequenza cardiaca e leggero stordimento.

 


SINTOMI

La trombosi venosa profonda è spesso asintomatica, non riconosciuta e di conseguenza diagnosticata e trattata in un numero inferiore rispetto ai casi reali. Circa il 50 per cento dei soggetti colpiti da una trombosi venosa non manifesta alcun sintomo. Se presenti, invece, le manifestazioni più frequenti sono: dolore al polpaccio, gonfiore (prevalentemente alla caviglia o ai piedi), rossore o perdita di colorito della pelle (discromia), calore della zona interessata.

 

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DIAGNOSI

Come riportato in precedenza, la metà dei soggetti colpiti da una trombosi venosa profonda non manifesta alcun sintomo. Per questo motivo l'esame clinico risulta spesso poco attendibile. Nei casi sintomatici è invece presente dolore spontaneo o alla palpazione, edema dell’arto (o di entrambi, in caso di trombosi della vena cava inferiore), edema a mantellina in caso di trombosi della cava superiore, sino ai casi più clamorosi di flegmasia cerulea dolens (una trombosi venosa profonda complicata da problemi cardiocircolatori e shock). Sono diversi gli approcci utilizzati per diagnosticare la malattia: l’ecocolordoppler, l'angio-tc, venografia (o flebografia), la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata. L'ecocolordoppler permette di evidenziare la presenza del trombo nel lume venoso, può essere eseguito in pochi minuti, anche in pazienti critici, non è invasivo, ha basso costo, altamente sensibile. Si tratta però di un esame operatore-dipendente, non adeguato nei pazienti obesi o da poco sottoposti a un intervento di chirurgia addominale. L'angio-tc (richiede l’uso di mezzo di contrasto e radiazioni ionizzanti) permette di evidenziare la presenza del trombo nel lume venoso, consente lo studio anche del circolo polmonare per valutare l’eventuale presenza di embolia polmonare e può essere eseguito in pochi minuti. La flebografia è il test diagnostico considerato lo standard per la diagnostica di una trombosi. Si tratta però di un esame invasivo, legato ad alcuni rischi e con un costo abbastanza elevato. Motivo per cui oggi si usa soltanto in una minoranza dei casi. 

 


COME SI CURA

Il rispetto di un adeguato stile di vita è fondamentale tanto nelle persone sane quanto in coloro che hanno già avuto una malattia trombotica. Chi è già stato colpito o rischia di essere colpito utilizza i farmaci antitrombotici, che riducono la capacità delle piastrine di aggregarsi (antiaggreganti) e ostacolano la coagulazione (anticoagulanti). Gli anticoagulanti bloccano i fattori della coagulazione, di solito vengono utilizzati per curare le trombosi venose, ma possono essere efficaci anche nelle trombosi arteriose. Gli antiaggreganti agiscono sulle piastrine e sono indicati solo nella prevenzione e nella cura delle trombosi arteriose, con alcune eccezioni che possono essere decise dal medico curante che - in funzione del tipo di trombosi, del distretto colpito, del rischio vascolare globale del paziente e oggi anche del suo assetto genetico - decide qual è il farmaco più adatto. 

Alcuni pazienti possono essere candidati a trattamenti interventistici che potrebbero determinare la risoluzione del coagulo, alleviare i sintomi della trombosi venosa profonda e ridurre il rischio di complicanze a lungo termine, come la sindrome post-trombotica. Le opzioni terapeutiche più attuali sono la trombolisi catetere-diretta oppure farmaco-meccanica. Nel primo caso, un catetere apposito viene posizionato all’interno della vena trombizzata e il farmaco trombolitico viene gradualmente rilasciato fino alla risoluzione dell’occlusione, che in genere richiede alcuni giorni. Al fine di ridurre i tempi di trattamento e la quantità di farmaco trombolitico utilizzato oggi sono disponibili diverse tecniche che determinano la frantumazione e l'aspirazione meccanica del trombo nel corso di una procedura minimamente invasiva.

Per prevenire la comparsa della sindrome post-trombotica, ai pazienti colpiti da una trombosi si consiglia di indossare le calze elastiche a compressione: per alleviare il dolore e il gonfiore nelle gambe. 
 

 

PREVENZIONE

Se un soggetto resta seduto per lunghi periodi, come per esempio durante i voli a lunga percorrenza o i viaggi di durata superiore alle quattro ore, è fondamentale alzarsi e camminare ogni due o tre ore per muovere le gambe più possibile e si consiglia di indossare un abbigliamento comodo. Anche esercizi semplici come alzare e abbassare i talloni tenendo le dita dei piedi per terra e viceversa, o contrarre e rilassare i muscoli delle gambe potrebbero aiutare.  Se un soggetto è immobilizzato per lunghi periodi, come accade dopo un intervento chirurgico, una malattia o una lesione, è importante che riprenda a muoversi prima possibile. Altri fattori di rischio per la trombosi venosa profonda sono: il fumo di sigaretta, il consumo di alcol, la sedentarietà, alcune malattie croniche (cardiopatia, malattie polmonari, cancro, morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa), la gravidanza (fino a sei settimane dopo il parto) e l'utilizzo di farmaci a base di estrogeni (come gli anticoncezionali orali e i farmaci per ridurre i sintomi della post-menopausa). 

I fattori di rischio possono coesistere e sommarsi in un medesimo individuo.

  • Età
  • Obesità
  • Intervento chirurgico
  • Storia di tromboembolia venosa
  • Scarsa mobilità
  • Processi infettivi acuti
  • Malattie polmonari croniche
  • Vene varicose
  • Ictus cerebrale
  • Uso del catetere venoso centrale
     
 

QUANTO E' DIFFUSA 

La trombosi è la terza più comune malattia cardiovascolare subito dopo l’ischemia miocardica e l’ictus cerebrale. L’incidenza esatta non è nota, ma è stimata in cinquantamila casi all'anno in Italia. La tromboembolia polmonare ha un'incidenza di 15-20 casi su mille ricoverati (in ambiente ospedaliero). La mortalità è del 32 per cento nei casi non diagnosticati e scende all’8 per cento in quei casi diagnosticati e adeguatamente trattati.

Consulenza: Domenico Baccellieri, coordinatore dell'area di attività assistenziale del reparto di chirurgia vascolare dell'ospedale San Raffaele di Milano


NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico

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