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ricerca e prevenzione tumori femminili

Alessandra De Scalzi, la ricercatrice sostenuta dalle Pink Ambassador

La ricercatrice, al lavoro per sviluppare percorsi di follow-up personalizzati per ridurre le recidive nel tumore al seno, racconta il suo rapporto con le Pink Ambassador. Grazie a cui porta avanti il suo progetto di ricerca

Alessandra De Scalzi, 35 anni, è medico specialista in chirurgia generale. Lavora all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, dove si occupa di chirurgia senologica. Da tre anni, all’attività clinica, ha affiancato quella da ricercatrice. Per il secondo anno consecutivo è vincitrice di una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi.

 

Di cosa si occupa la tua ricerca?

«Il mio studio si concentra sul rischio di essere colpite da un secondo evento tumorale. Finora abbiamo già analizzato 15mila pazienti operate: abbiamo creato uno strumento statistico che ci consente di dare un valore numerico al rischio della singola paziente, permettendoci di programmare controlli su misura e mirati. Le recidive sono ancora associate a un tasso di mortalità elevato. Le donne che risultano più a rischio di un secondo evento sono controllate in modo diverso, più frequentemente, associando agli esami di base anche la risonanza magnetica. Questo viene stabilito da un team multidisciplinare che considera il parametro individuato per valutare il rischio personale. Con l'unità di genetica medica, cura e controlli successivi sono personalizzati sulla paziente. Ci auguriamo che questa metodica possa abbassare quella che è la mortalità legata alle recidive. In tutte le malattie, tumori compresi, la diagnosi precoce è fondamentale. Vogliamo che questo valga accada anche nella prevenzione terziaria».

 

Che rapporto hai con le Pink Ambassador?

«Un paio di anni fa, fuori dal mio ambulatorio, trovai una giovane signora molto agitata. Ci confrontammo, aveva un piccolo tumore al seno, poi lei è stata operata, ma siamo rimaste legate. Per trasformare il suo percorso doloroso, le ho suggerito di diventare una Pink Runner».

 

Quindi sei stata tu il veicolo perché lei diventasse una Pink.

«Sì, ancora adesso abbiamo un bellissimo rapporto. Lei è entrata nel team di Pink Ambassador Monza e Brianza, è una persona molto forte e positiva. Quando ho scoperto che la mia borsa di ricerca è stata finanziata grazie alle Pink Ambassador, eravamo tutte e due molto contente. Da quel momento, siamo diventate ancora più unite».

Quindi hai un legame particolare con loro.

Sì è vero, oltre al fatto che anche io corro, in modo meno “professionale” rispetto alle Pink Runner, come attività rilassante. Ho conosciuto le Pink Amabassador a New York. So cosa vuol dire fare fatica in strada, ma loro sono tutte bravissime, molto più di me, da tutti i punti di vista».

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