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Alimentazione
Serena Zoli
pubblicato il 29-03-2023

Arfid: la sindrome "ereditaria" del rifiuto patologico per alcuni piatti



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Una nuova patologia dell’alimentazione, Arfid, compie 10 anni: il no ai piatti dipende dal loro odore o aspetto oppure dalla paura di stare male dopo. Ereditaria in 8 casi su dieci

Arfid: la sindrome "ereditaria" del rifiuto patologico per alcuni piatti

Passano per “schizzinosi” a tavola o, con termine più rispettoso, “selettivi”. Questo sì, questo no, sono più i piatti scartati di quelli accettati. E’ anche una caratteristica dell’infanzia che poi, un po’ alla volta, allarga le sue maglie all’accoglienza di cibi diversi, al godere di sapori nuovi fino allora disprezzati a priori. Giunti all’adolescenza, il menù dei sì è abitualmente ben più ampio del menù dei no. Ma non per tutti. C’è chi resta “schizzinoso”, ma in un modo che dal 2013 è stato catalogato come disturbo dell’alimentazione, denominato Arfid. Questa “codificazione”, sancita dall’iscrizione nel Dsm-5, il manuale internazionale della psichiatria, è per l’appunto recente. Ed ora si scopre che tra i disturbi psichiatrici legati al cibo questo è il più trasmissibile per eredità. Addirittura nel 79 per cento dei casi.

I GEMELLI DI DUE TIPI

A questa conclusione è giunto uno studio condotto dalla dottoressa Lisa Dinkler del Karolinska Institutet in Svezia ricorrendo – come è consueto per le indagini legate alla genetica – a dati sui gemelli: sia identici sia fraterni. Nel primo caso i gemelli vengono dallo stesso uovo fecondato e i geni sono quindi gli stessi, per ambedue, al cento per cento. Nel caso di due “fratelli” nati insieme, ma da due diverse uova fecondate, sono comuni all’incirca la metà dei geni e il resto è “modellato” dall’ambiente, gli accadimenti e le esperienze vita. La ricerca è pubblicata sulla rivista Jama Psychiatry. Arfid è l’acronimo di Avoidant restrictive food intake disorder, cioé disturbo evitante/selettivo dell’assunzione di cibo, e si esprime o con l’evitare di mangiare, una sorta di disinteresse, scarso appetito, o escludendo dei piatti sulla base del loro aspetto, odore, sapore, o ancora per la paura di avere reazioni negative dopo il pasto tipo vomito, soffocamento, reazioni allergiche. Specifica la Dinkler: «La prevalenza di questa patologia va dall’1 al 5 per cento della popolazione ed è diffusa almeno quanto l’autismo e il disturbo di deficit/iperattività (Adhd)».

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L’ARFID MAGGIORMENTE DIFFUSA TRA I MASCHI

La ricercatrice ha impiegato dati contenuto nello “Studio svedese su bambini e adolescenti gemelli” che intende raggruppare tutte le cifre riguardanti la salute psichiatrica e lo sviluppo di tutti i gemelli nati nel paese dal 1 luglio 1992. Nel settore dei ragazzi nati tra 1992 e 2010, circa 34 mila, sono stati individuati 682 con diagnosi di Arfid le cui conseguenze non sono le stesse procurate da anoressia nervosa, bulimia o un disturbo dell’immagine del corpo. Si è visto che la prevalenza è maggiore tra i maschi (2,4 per cento) rispetto alle femmine (1,6 per cento). I problemi causati dalla “nuova” malattia legata all’alimentazione sono risultati la perdita di peso o il mancato aumento di peso nel 67,2 per cento dei casi, difficoltà psicosociali nel 50,6 per cento, la necessità di ricorrere a supplementazioni o alimentazione tramite sondino nell’8,5 per cento, infine per lo 0,6 carenza nutrizionale.

SI EREDITA MOLTO PIÙ DI ANORESSIA E BULIMIA

Confrontando la prevalenza dell’Arfid tra gemelli identici e gemelli fraterni rispetto ai rispettivi genitori e parenti stretti si è arrivati all’evidenza di quel notevole 79 per cento di rischio per fattori genetici trasmessi. Un dato che è ben più alto di quello riscontrato nell’anoressia (48-74 per cento), bulimia (55-61 per cento), binge eating, le cosiddette abbuffate (39-57 per cento). Un tasso così alto di ereditabilità, notano i ricercatori del Karolinska Institutet, è sullo stesso livello dell’autismo, della schizofrenia e dell’Adhd. Conciso il commento dello psichiatra, specialista in Scienza dell’Alimentazione Stefano Erzegovezi: «Essendo l’Arfid un disturbo relativamente “giovane” (individuato nel 2013), ha al momento dei confini diagnostici ancora incerti: condivide, infatti, sintomi comuni a patologie molto diverse tra loro, come i disturbi alimentari, i disturbi d’ansia e i disturbi dello spettro autistico». Occorrono altre ricerche, che sono in corso.

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Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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