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Cinzia Pozzi
pubblicato il 19-05-2014

Il fegato è grasso anche in chi è magro



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Sempre più diffusa la steatosi epatica non alcolica, non solo tra gli obesi: alla base malattie metaboliche, spesso conseguenza di alimentazione e stile di vita scorretto. Si cura a tavola e con l’esercizio fisico

Il fegato è grasso anche in chi è magro

Magro non è necessariamente sinonimo di ‘in salute’. Un controllo del peso, a tutte le età, di certo aiuta nella prevenzione di malattie cardiovascolari o diabete ma non garantisce, affatto, l’immunità ‘da super-eroe’. Soprattutto se si parla di fegato, l’organo che filtra e ripulisce il sangue da scarti e tossine, esposto allo stress di abitudini di vita scorrette anche quando l’ago della bilancia non punta verso i pesi massimi.

Il promemoria arriva da Chicago, dove si è da poco conclusa la Digestive Week che richiama ogni anno gastroenterologi, epatologi e chirurghi da tutto il mondo: la steatosi non alcolica (NAFLD), ovvero l’accumulo eccessivo di lipidi nel fegato non associato all’abuso di alcolici, non è esclusiva di obesi o soggetti in sovrappeso, ma si manifesta anche in chi è longilineo. Vietato quindi abbassare la guardia, lo sottolineano anche i ricercatori del University of Kentucky Medical Center presentando i risultati di uno studio retrospettivo che ha monitorato, per la prima volta, la prognosi a lungo termine dei magri: raccogliendo oltre mille biopsie in 20 anni anche di soggetti sovrappeso, si é concluso che il rischio é uguale per tutti.

 

I FATTORI DI RISCHIO

Di fegato grasso, in effetti, si sente parlare sempre più spesso: ne soffre almeno un italiano adulto su cinque e sono in aumento anche i casi pediatrici, conseguenza dell’obesità infantile di proporzioni epidemiche negli ultimi anni. La causa è metabolica: normalmente le cellule epatiche coniugano gli acidi grassi liberi nel sangue - introdotti con la dieta e prodotti dal metabolismo - con gli zuccheri, dando origine a lipidi complessi come i trigliceridi, accumulabili nel fegato per deposito e riserva energetica e da sfruttare all’occorrenza. Sovrappeso, dislipidemia, diabete, malattie intestinali o abuso di alcuni farmaci (come i cortisonici) possono aumentare il carico di lavoro per il fegato che si trova cosí a immagazzinare più grassi del necessario.

 

INFIAMMAZIONI ALL’ORIZZONTE?

All’ecografia il fegato appare simile a quello dei forti bevitori: chiaro e costellato da macchioline bianche di lipidi laddove non dovrebbero esserci. «Essendo asintomatica, la steatosi non alcolica spesso si scopre per caso con ecografia o risonanza, nell’ambito di altri controlli. Non di rado i pazienti hanno insulino-resistenza», spiega Massimo Colombo, direttore della Divisione di Epatologia dell’Ospedale Maggiore di Milano. Il grasso nel fegato può essere causa di infiammazione cronica e, in un ridotto numero di casi, la steatosi peggiora, con cicatrizzazione del tessuto (fibrosi), che ne compromette anche la funzionalità.

«Non si deve però enfatizzare la malattia: solo un caso su 100 può andare incontro a una malattia severa del fegato come steatoepatite, cirrosi o cancro, e in genere dopo molti anni o addirittura decenni – puntualizza lo specialista – L’evoluzione è però più probabile in chi ha molti fattori di rischio, ovvero chi è obeso o con insulino-resistenza. In caso di diagnosi può essere sensato un controllo ecografico ogni 6 mesi, la biopsia è invece necessaria solo se il quadro evolve verso la cirrosi epatica». 

 

LA TERAPIA E’ SALVA-CUORE

Seguire una dieta equilibrata e fare esercizio fisico, è l’accoppiata vincente per trattare la steatosi non alcolica per cui non esiste, ad oggi, terapia farmacologica efficace. In sintesi, la strategia preventiva per molte altre malattie, incluse quelle cardiovascolari. E, in effetti, cuore e fegato di pari passo, lo hanno confermato anche alcuni risultati presentati allo scorso International Liver Congress di Londra: in uno studio francese dell’Université Pierre et Marie Curie di Parigi, coinvolgendo 5672 soggetti tra i 20 e i 75 anni di età, la steatosi non alcolica è risultata un fattore di rischio cardiovascolare indipendente, dimostrando un impatto sulla progressione di placche aterosclerotiche.

«Le persone a rischio per il cuore sono le stesse che possono avere il rischio di steatosi. Per questo abbiamo impiegato molto tempo per capire che esisteva un cancro epatico primitivo determinato dalla steatosi non alcolica: molti casi, obesi o con sindrome metabolica, muoiono per malattie cardiovascolari prima di manifestare il cancro – conclude – Si deve tenere presente che un paziente con patologia epatica da insulino-resistenza avrà lo stesso aumentato rischio di sviluppare un cancro al fegato e un problema cerebro-vascolare correlato alla malattia metabolica».


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