In Europa la resistenza agli antibiotici provoca 33mila morti all'anno
La stima dell'impatto dell'antibioticoresistenza vede l'Italia e la Grecia in vetta alla graduatoria. La maggior parte delle infezioni fatali si contraggono in ospedale
Tanti quanti l'influenza, l'Aids e la tubercolosi messe assieme. Le infezioni provocate da batteri resistenti agli antibiotici provocano almeno 33mila decessi ogni anno in Europa (pari alla sommatoria dei decessi provocati dalle tre malattie infettive indicate) e quasi 880mila casi di disabilità. Tutto ciò per colpa di quei microrganismi che, nel tempo, hanno imparato a eludere l'azione degli antibiotici. La maggior parte di questi numeri - il triste primato appartiene all'Italia (diecimila) - «matura» negli ospedali e in altri luoghi di assistenza sanitaria: cliniche, case di riposo, Rsa. A dimostrazione di come, nei luoghi in cui si dovrebbe ritrovare la salute, soprattutto le condizioni degli anziani (o comunque delle persone ammalate) sono poste a rischio da questi batteri.
A scattare la fotografia è uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Infectious Diseases, coordinato dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc), che ha voluto misurare l'impatto dell'antibioticoresisstenza nel Vecchio Continente. I ricercatori si sono concentrati sulle otto specie batteriche isolate nel sangue e nel liquido cerebrospinale con maggiore frequenza: Acinetobacter, gli Enterococcus faecalis e faecium, l'Escherichia Coli e la Klebsiella Pneumoniae resistenti anche alle cefalosporine di terza generazione, la Pseudomonas aeruginosa, lo Stafilococco Aureo e lo Streptococco multiresistenti. Tutti microrganismi in grado di provocare infezioni del tratto urinario, dell'apparato respiratorio, dei siti chirurgici. E, nei casi più gravi, la sepsi, a cui possono essere attribuiti sessantamila decessi annui: soltanto in Italia. Elaborando i dati relativi ai casi di infezione contenuti nell'apposito registro europeo e incrociandoli con un fattore di conversione derivato dall'Ecdc sulla base dei casi di infezione acuta registrati negli ospedali europei tra il 2011 e il 2012, i ricercatori sono arrivati a ottenere la prima stima dell'impatto della resistenza agli antibiotici sulla popolazione del Vecchio Continente.
FARMACI: LE DIECI NOVITA' PIU' IMPORTANTI DEGLI ULTIMI 70 ANNI
3 INFEZIONI SU 4 NEI LUOGHI DI CURA
Nel lavoro viene messo nero su bianco quello che in realtà si sospetta già da tempo: a pagare il prezzo più alto di questa nuova emergenza di sanità pubblica sono i bambini e gli anziani. Un problema di non poco conto, «considerando l'invecchiamento della popolazione in corso in tutta l'Europa, che potrebbe acuire questo problema», è il pensiero condiviso dai ricercatori, secondo cui il 75 per cento del carico complessivo di infezioni non trattabili con gli antibiotici si registra nei luoghi di cura. Tra il 2007 e il 2015, tutti i microrganismi hanno fatto sentire il peso crescente del loro onere: in particolare l'Escherichia Coli e la Klebsiella Pneumoniae resistenti ai carbapenemi, molecole di recente scoperta che stanno però (anch'esse) raggiungendo livelli di resistenza preoccupanti.
TRISTE PRIMATO PER L'ITALIA
Sfogliando le undici pagine della ricerca, si evince come l'Italia e la Grecia siano i Paesi maggiormente interessati dall'emergenza in tutta l'Europa. Più dei casi conteggiati, secondo i ricercatori, sarebbero stati evitabili. Una considerazione da tenere a mente per il futuro, in modo da poter ridurre l'impatto delle infezioni: soprattutto a livello ospedaliero. Su nove milioni di ricoverati negli ospedali italiani, ogni anno si registrano da 450mila a 700mila casi diinfezioni: che colpiscono poco meno di un paziente su dieci tra coloro che sono ricoverati, perlopiù nei reparti di terapia intensiva. Al momento, nel nostro Paese, non esiste un sistema efficiente di rilevazione delle infezioni ospedaliere: più che probabile dunque che ci si trovi di fronte a una sottostima dei casi.
Il vademecum degli anestesisti italiani per conoscere la sepsi
Che cos'è la sepsi? Si tratta di una risposta anomala e disorganizzata dell’organismo ad un infezione. Questa risposta è frequentemente causata da batteri o virus, come nel caso di polmonite o influenza, ma può essere determinata anche da infezioni fungine o parassitarie. Il sistema immunitario, che dovrebbe combattere le infezioni, entra in uno stato di iper-attivazione e inizia ad attaccare l’organismo stesso
Perché non ho mai sentito parlare di sepsi? Non se ne sente parlare perché la parola è poco conosciuta ed utilizzata. Negli Stati Uniti, al termine di un'indagine, è emerso che più della metà della popolazione non aveva mai sentito parlare di sepsi. Spesso si parla di decessi sopraggiunti per infezione, ma spesso la causa è
proprio la sepsi
Qual è la differenza tra sepsi e shock settico? La sepsi è la risposta generalizzata dell’organismo ad un’infezione. Quando è accompagnata da bassa pressione arteriosa, è chiamata shock settico e comporta il maggior rischio di morte e di complicanze
Quali sono i sintomi della sepsi? I sintomi iniziano in modo molto lieve e possono mimare un’influenza: febbre o temperatura corporea diminuita, malessere generale, pallore, confusione mentale, difficoltà a respirare.
È importante porre attenzione a tali sintomi: specialmente se di recente ci si è tagliati o graffiati, si è stati sottoposti ad un intervento chirurgico o a qualunque altra procedura invasiva, si è affetti da qualche malattia
Chi può sviluppare la sepsi? Chiunque, ma alcune persone sono a rischio maggiore di altre: gli anziani, i bambini molto piccoli o coloro che soffrono di qualche malattia (cancro, diabete, Aids)
Cosa fare se il medico di famiglia consiglia di non preoccuparsi della sepsi? La sepsi può essere difficile da diagnosticare perché i sintomi possono essere inizialmente molto vaghi, oppure possono mimare altre patologie. Non esitate, nel dubbio, a recarvi in Pronto Soccorso
La sepsi è contagiosa? No, perché la sepsi è la risposta del singolo organismo all’infezione. A essere trasmessa potrebbe però essere l'infezione che l’ha scatenata. Ipotizzando che il virus della varicella si diffonda tra bambini e adulti e che qualcuno delle persone interessate sviluppi la sepsi, non automaticamente il problema riguarderà tutti gli altri contagiati
I numeri della sepsi La sepsi uccide quattro volte più del tumore del colon, cinque volte più dell’ictus e dieci volte più dell’infarto cardiaco. In Europa si contano più di settecentomila casi all’anno: di cui 1 su 5 ha esito fatale (sessantamila i morti ogni anno in Italia). Sono tra venti e trenta milioni le persone colpite dalla sepsi ogni anno nel mondo
Come avere maggiori informazioni sulla sepsi? Esplorando il sito internet Sepsis Alliance (www.sepsis.org) che ha anche una pagina attiva su Facebook, dove i sopravvissuti o coloro che hanno perso qualche loro caro a causa della sepsi pubblicano le loro storie per condividerle e rendere partecipi tutti del rischio e dell’importanza delle cure appropriate
La sepsi si può prevenire? Trattando correttamente l’infezione, si riduce il rischio di svilupparla. Ecco una serie di consigli: assumere gli antibiotici (se prescritti), terminare l’intero ciclo antibiotico, non assumere medicinali non necessari, lavarsi le mani frequentemente e in modo accurato, chiedere a qualunque operatore sanitario di fare lo stesso, vaccinarsi per l'influenza stagionale, tossire sempre in un fazzoletto, mantenere uno stile di vita sano