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Fabio Di Todaro
pubblicato il 04-11-2013

Pagare i donatori di rene: una proposta provocatoria che viene dal Canada



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Secondo un gruppo di ricercatori, con un contributo in denaro aumenterebbe il numero di organi disponibili e le prospettive di vita per i pazienti. Ma l’etica e numerose religioni sono fermamente contrarie

Pagare i donatori di rene: una proposta provocatoria che viene dal Canada

Donare un rene per diecimila dollari canadesi, poco più di settemila euro? A lanciare la proposta è stato un gruppo di ricercatori canadesi, in uno studio pubblicato sul Clinical Journal of the American Society of Nephrology. Etica a parte - la vendita degli organi è vietata quasi ovunque, salvo in alcuni Stati come l’Iraq, la Cina e la Turchia -,  gli specialisti hanno affrontato il tema in maniera provocatoria ma interessante, infatti il dibattito è montato in pochi giorni in tutto il mondo.


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LA PROPOSTA 

Pagare, attraverso il sistema sanitario nazionale, può incentivare la donazione da vivente, rappresentare un risparmio rispetto alla dialisi e garantire una più lunga aspettativa di vita. Numeri esigui, in realtà, ma sufficienti a instillare il quesito: e si prevedesse un contributo per invogliare chi è sano a salvare la vita di un paziente che, con un solo rene, non ha alternative al trapianto? Fattibilità, politiche sanitarie, etica e reazione dell’opinione pubblica sono gli ostacoli più duri da superare. «La realtà è che non ci sono organi a sufficienza - spiega Braden Manns, professore associato di nefrologia all’Università di Calgary e prima firma dell’articolo -. Dobbiamo trovare una soluzione per fronteggiare il numero crescente di pazienti per cui non esiste alternativa al trapianto». Può bastare un aumento del cinque per cento del numero di donatori, sommato a un risparmio di 340 dollari per individuo, a sdoganare una pratica agli antipodi dei principi etici della medicina e di molte religioni? «Anche se ci fosse un sostanziale vantaggio economico, non potrei mai estrarre un rene da una persona pagata per l’operazione - sostiene Paolo Rigotti, responsabile del centro trapianti rene e pancreas all’ospedale civile di Padova -. Così sarebbero i più deboli a sacrificarsi: oggi settemila euro possono fare la differenza, anche per un cittadino italiano».


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LO STOP

L’ultima condanna è arrivata un anno fa da Benedetto XVI. «La proposta mi lascia fortemente perplesso - afferma Art Caplan, direttore della divisione di medicina etica all’Università di New York -. I numeri dimostrati sono piuttosto bassi, se messi al cospetto del muro d’opposizione che oggi blocca qualsiasi mercato degli organi. E poi: ne guadagnerebbe soltanto la compravendita dei reni, mentre i trapianti di fegato, pancreas, cuore o polmoni non trarrebbero benefici da questa svolta». Un incentivo simile potrebbe indurre chi ha un organo malato a liberarsene, contribuendo in questo modo a ridurre i tassi di riuscita dell’intervento. Considerando che il ricevente è una persona in cui è stata indotta una immunodepressione, anche una tubercolosi contratta molti anni prima dal donatore può risultare fatale nell’organismo del nuovo ospite. 

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SENZA ALTERNATIVA

Chi è costretto al trapianto d’organo? Sono diverse le patologie che possono consigliare il ricorso al rene di un’altra persona. Nei bambini: malattie congenite quali la spina bifida, la sindrome emolitico-uremica, le malattie ostruttive, le glomerulonefriti e le insufficienze renali croniche. Negli adulti, oltre alle glomerulonefriti: il rene policistico, le nefroangiosclerosi da ipertensione e diabete, le forme tumorali bilaterali. I tempi di ripresa sono abbastanza brevi: due settimane per il donatore vivente, un mese per il paziente salvato.      


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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