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Antonella Cremonese
pubblicato il 10-09-2012

Sta nascendo la generazione dei nativi digitali



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Si tratta della popolazione più giovane che vive in simbiosi con cellulari, tablet, internet in contemporanea interazione. Un nuovo mondo e una nuova cultura, che non manca di rischi

Sta nascendo la generazione dei nativi digitali

Massimiano Bucchi è docente di Sociologia della Scienza e di Comunicazione presso la facoltà di Sociologia dell’Università di Trento ed è stato visiting professor in numerose istituzioni accademiche in Asia, Europa e Nord America. Ha pubblicato una decina di libri (editi in Italia, Stati Uniti, Cina e Giappone) e saggi in riviste internazionali quali Nature, Science e Public Understanding of Science. Ha ideato e cura dal 2005 l’Annuario Scienza e Società  (Il Mulino). Bucchi studia i rapporti tra scienza, tecnologia e società e le sfide che i più recenti sviluppi scientifico-tecnologici pongono alle democrazie contemporanee. Il suo libro più recente è Scientisti e Antiscientisti. Perché scienza e società non si capiscono (Il Mulino, 2010). 

Professor Bucchi, le nanotecnologie sono un nuovissimo filone della ricerca. Ci sono gli ottimisti, convinti che ci miglioreranno la vita. E ci sono i pessimisti, che ne delineano i possibili rischi. In quale modo l’opinione pubblica si avvicina alle nuove aree di ricerca?

Come ho cercato di spiegare in «Scientisti e antiscientisti. Perché scienza e società non si capiscono» (2010, Il Mulino), la divisione tra ‘pro’ e ‘contro’ la scienza, tra una scienza che innova e una società che resiste ottusamente, non ha più alcun fondamento, è nella migliore delle ipotesi un espediente retorico. Oggi scienza e società sono sempre più intrecciate e questo si riflette anche nelle modalità di informazione e comunicazione. Oggi infatti assistiamo a quella che io chiamo una “crisi dei mediatori”. Mediatori come il Corriere della Sera o Nature erano in passato  garanti della qualità dell’informazione per il grande pubblico, uno scenario che è cambiato non solo per effetto dei nuovi media digitali…

…e che cosa è successo? 

E’ successo che davanti a noi si è spalancato un mare magnum di informazioni, anche le più specialistiche. Una ricerca con Google su ‘applicazioni delle nanotecnologie’ restituisce simultaneamente, fin dalla prima pagina, articoli specialistici, pubblicità commerciali, documenti di policy, opinioni entusiaste sul futuro delle nanotecnologie e preoccupazioni per alcune loro implicazioni. Iscrivendosi a gruppi di discussione o mailing list, è possibile per chiunque trovarsi nel mezzo di controversie tra esperti un tempo accuratamente celate ai non specialisti; o accedere su un certo tema (poniamo, i cambiamenti del clima) tanto alle posizioni degli scienziati ‘ortodossi’ quanto a quelle dei più scettici.

Sta iniziando un’era fortemente, se non addirittura esclusivamente, connotata dalla tecnologia. E la tecnologia è figlia della scienza ma segue la legge del mercato. Quali rischi ci sono?

Non sempre è così. Storicamente si sono stati casi in cui dall’esigenza di sviluppare una tecnologia (per esempio, in campo bellico) sono venute ricadute di scienza pura.  Però la grande novità di questi ultimi anni, e che mette in crisi un modello consolidato di rapporto tra scienza e società caratteristico del Novecento , è la «commodification», cioè la trasformazione dei risultati della ricerca scientifica in beni di consumo.  Il sito 23andme.com, che vende analisi genetiche personalizzate offre, oltre all’analisi di una serie di “condizioni e tratti per cui esistono associazioni genetiche supportate da numerosi e ampi studi peer-reviewed”, anche una serie di analisi – ad esempio sulla predisposizione genetica a preferire alcuni alimenti, o a commettere errori -  basate su “ricerche che non si sono ancora guadagnate sufficiente consenso scientifico”. Come dire : «Su questo strumento non c’è un consenso nella letteratura scientifica. Però, se tu vuoi, te lo vendiamo lo stesso».

Tuttavia il web, con il continuo e vorticoso scambio di pareri e di esperienze, può dare una mano a non prendersi una fregatura, perché in qualche maniera crea un circuito di controllo sociale. Non crede?

Sì, su alcuni temi può essere così indubbiamente. Non bisogna però enfatizzare troppo la diffusione di questi mezzi e dimenticare i «tecnoesclusi».

Chi sono?

Secondo uno studio recente dell’Osservatorio scienza tecnologia e società, quasi un italiano su quattro sopra i 15 anni utilizza unicamente il cellulare, non naviga sul web e spesso non sa che cosa siano i social network. Sono persone di età media elevata, più femmine che maschi.

Quindi rappresentano la società che non è stata cambiata dalle tecnologie. E invece, quali sono le caratteristiche della società che è stata cambiata e che cambierà sempre di più?

Ma le tecnologie non hanno un impatto solo su coloro che le utilizzano, ma trasformano l’ambiente sociale, divengono parte dello sfondo. McLuhan diceva che quanto più l’ambiente dei media diventa pervasivo, tanto più noi tendiamo a diventarne inconsapevoli e a darlo per scontato come accade a un pesce per l’acqua in cui nuota. Nel corso dello scorso secolo tecnologie come il telefono e la televisione sono diventate parte dello sfondo delle nostre vite, un mondo senza telefono e televisione ci appare impensabile. La stessa cosa sta succedendo ora per il mezzo digitale. Soprattutto per popolazione più giovane, i cosiddetti «nativi digitali», perfettamente a loro agio nel cosiddetto “multitasking”, gestire due o tre media e altrettante interazioni contemporaneamente.

 


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