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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 12-10-2018

Arresto cardiaco: si sopravvive di più se funziona il primo soccorso



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L'arresto cardiaco causa 60mila decessi annui in Italia. Dal 15 al 21 ottobre la Settimana della rianimazione cardiopolmonare

Arresto cardiaco: si sopravvive di più se funziona il primo soccorso

Ogni anno, soltanto in Italia, sessantamila persone muoiono a causa di un arresto cardiaco improvviso. Ma molte di loro - è un messaggio ormai confortato dall'evidenza scientifica - potrebbero avere maggiori possibilità di salvezza, se fossero soccorse in maniera tempestiva e adeguata. Le chance aumenterebbero di 2-3 volte, se i soccorritori «occasionali» (le persone che si imbattono in una vittima di arresto cardiaco) iniziassero la rianimazione cardiopolmonare prima dell’arrivo dell’ambulanza. Da qui la necessità di ribadire quanto sia importante saper fare il massaggio cardiaco e utilizzare un defibrillatore, per migliorare la sopravvivenza delle persone colpite da un arresto cardiaco al di fuori di un ospedale.

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UNA LEGGE CONTROVERSA

Eppure, per utilizzare un defibrillatore se non si è medici, occorre aver ricevuto «una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare». Questo è quanto riporta la legge 120 del 2001, che invita le persone interessate a frequentare un corso di formazione in rianimazione cardiopolmonare effettuato da un’agenzia accreditata in Regione e di fatto sconsiglia ai «laici» non formati l'utilizzo del dispositivo: nonostante oggi le caratteristiche tecniche del defibrillatore esterno, che fornisce automaticamente la diagnosi e la terapia più indicata, «non lascino alcun margine di discrezionalità all’operatore». Questo è quello che riporta l’Accademia Internazionale di Salvataggio e Rianimazione, parlando di una «legge controversa» che determina una riduzione nel numero dei possibili salvataggi, tra le persone colpite da un arresto cardiaco. A conferma di ciò, ci sono i risultati di una ricerca pubblicata sull'European Heart Journal. In Italia è ancora basso il numero di «laici» che, ritrovandosi nelle situazione di dover soccorrere una persona colpita da un arresto cardiaco, cercano il defibrillatore più vicino e lo utilizzano. 

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Questo perché, in una fetta della popolazione, permane la convinzione che si debba essere necessariamente esperti per utilizzare il dispositivo salvavita. E perché, soprattutto tra chi conosce la legge, resiste il timore di poter imbattersi in ripercussioni legali. Cosa accade se non si è adeguatamente formati e, al termine della rianimazione, la persona colpita da arresto cardiaco muore? In teoria nulla, dal momento che «l’impiego di un defibrillatore esterno semiautomatico da parte di persona estranea al settore sanitario, in situazioni di obiettiva urgenza, non costituisce reato e rappresenta attività lecita», è il parere dell'Accademia Internazionale di Salvataggio e Rianimazione. Ma la legge comunque c'è e la paura di poter passare da possibili salvatori a imputati per l'eventuale morte di una persona (per esercizio abusivo della professione medica) contribuisce a rendere più basso il numero dei salvataggi, rispetto ad altri Paesi in cui l'uso del defibrillatore è più incentivato. 


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LA QUALITA' DEL PRIMO SOCCORSO

Il dubbio dunque permane, sebbene sia ormai acclarato che più tempestivi (e appropriati) sono i primi soccorsi, maggiori sono le probabilità di salvare una persona colpita da un arresto cardiaco. L'ultima conferma giunge da uno studio pubblicato sulla rivista Jama Cardiology che, pur riferendosi ai soccorsi ospedalieri (dunque nella maggior parte dei casi in seconda battuta), ha evidenziato un'ampia variabilità nei tassi di sopravvivenza a seconda della qualità delle prestazioni fornite dai servizi di medicina d'urgenza di 112 strutture statunitensi. Le variazioni nel numero di pazienti sopravvissuti) sono risultate ampie, fino al 56 per cento. Nella peggiore sono stati registrati zero salvataggi (rispetto a 36 pazienti), nella migliore 66 (su 228 soccorsi). Vero è che sui tassi di sopravvivenza incidono anche le condizioni dei singoli pazienti, ma avendo considerato oltre 43mila persone, i dati confermano la necessità di investire sulla formazione, per arrivare a fare la differenza contro l'arresto cardiaco. 

EVENTI IN TUTTA ITALIA FINO AL 21 OTTOBRE

È quello che, in tutta Italia, si farà dal 15 al 21 ottobre, in occasione di «VIVA! la settimana per la rianimazione cardiopolmonare» (promossa dall’Italian Resuscitation Council, Irc), con iniziative e incontri per insegnare il primo soccorso (clicca qui per scoprire cosa fare se una persona viene colpita da un arresto cardiaco). Nell'occasione sarà presentato anche un nuovo strumento che utilizza la realtà virtuale (come in fotografia) per addestrare adulti e alunni nelle scuole. A partire da dicembre, l'Irc organizzerà eventi di sensibilizzazione nelle scuole (per informazioni: info@ircouncil.it). 


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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