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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 29-06-2023

Dopo un infarto aumenta la velocità del declino cognitivo



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Negli anni che seguono l’infarto del miocardio compare un affievolimento della memoria e delle facoltà esecutive. Diverse le ipotesi per spiegare questa associazione

Dopo un infarto aumenta la velocità del declino cognitivo

Un infarto del miocardio ha un seguito inaspettato: non subito, ma negli anni successivi provoca un più veloce declino cognitivo. Lo afferma un ampio studio pubblicato su Jama Neurology e guidato dalla professoressa Michelle C. Johansen della Johns Hopkins University (Baltimora, Usa). «Questi risultati indicano che la prevenzione dell’infarto può essere una strategia anche per proteggere la salute mentale nelle persone anziane», hanno osservato i ricercatori.

OLTRE 30 MILA PERSONE SOTTO OSSERVAZIONE

La professoressa Johansen e i colleghi hanno analizzato i dati presi da 6 studi di coorte di prospettiva condotti tra il 1971 e il 2019 i quali includevano ripetute misurazioni del livello di cognizione e della pressione del sangue. In totale il campione esaminato è stato di 30.465, età media di 64 anni, nessuno dei quali aveva precedenti di infarto del miocardio, demenza o ictus al momento della prima valutazione cognitiva. Al 56 per cento si trattava di donne.

UN INVECCHIAMENTO DA 6 A 13 ANNI

Tutte le persone sotto esame sono state seguite per 6,4 anni nel corso dei quali 1.033 di loro (3,4 per cento) hanno avuto uno o più infarti. Sul momento questi pazienti non hanno avuto cambiamenti cognitivi, ma negli anni a seguire hanno mostrato un più rapido declino rispetto quanti non avevano avuto problemi di cuore. Questo declino si è presentato sotto tre aspetti: cognizione in senso globale, memoria, funzioni cognitive. Johansen ha scritto: «Il declino della cognizione globale dopo l’infarto del miocardio equivaleva da 6 a 13 anni di invecchiamento cognitivo, rappresentando un importante problema di salute pubblica».

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

UNO STUDIO EPIDEMIOLOGICO

Il professor Leonardo Pantoni, ordinario di Neurologia all’Università di Milano, richiesto di un commento alla ricerca osserva: «Lo studio è di tipo epidemiologico, su popolazione generale, che tra così tanti soggetti trova delle associazioni, alla lunga di sei anni e più di follow up. Gli studi di questo tipo non evidenziano la causalità, relazioni cioè di causa-effetto». Quello che viene fuori è la constatazione che un dato fenomeno (infarto del miocardio) compare associato, collegato su un piano lineare, nella stessa persona, con un appannamento delle capacità cognitive.

MENO FLUSSO DEL SANGUE NEL CERVELLO?

Prosegue il professor Pantani: «Possiamo allora speculare avanzando tre ipotesi sulle cause: 1) avere un infarto riduce lievemente il flusso del sangue che arriva al cervello, quindi piano piano può frenarne il funzionamento; 2) l’infarto produce una predisposizione ad avere aritmie, responsabili di declino cognitivo. E’ provato che la fibrillazione atriale dà per l’appunto declino cognitivo; 3) alcuni fattori di rischio per l’infarto, come l’ipertensione, potrebbero esserlo anche per il declino cognitivo. Questa è forse l’ipotesi meno probabile».

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Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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