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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 11-04-2022

Emofilia: dalle terapie sostitutive alla terapia genica



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L'emofilia può oggi essere trattata con le terapie sostitutive del fattore VIII. Ma il vero obbiettivo del futuro è la cura definitiva con la terapia genica

Emofilia: dalle terapie sostitutive alla terapia genica

Oggi si celebra la Giornata Mondiale dedicata all'Emofilia. La malattia, che in Italia colpisce circa 5 mila persone, oggi grazie alla ricerca può essere affrontata con maggiore successo. Il primo passo verso una cura è iniziato con le terapie sostitutive in cui ad essere iniettato è il fattore di coagulazione mancante. Ora però, grazie allo sviluppo della terapia genica, la cura definitiva non è più un miraggio.

EMOFILIA: QUANDO IL SANGUE NON COAGULA

L’emofilia è una patologia genetica caratterizzata dall’incapacità di produrre il giusto livello di alcuni fattori di coagulazione. Il risultato che ne consegue è che la persona affetta non riesce a coagulare il sangue e una semplice emorragia può diventare un evento estremamente pericoloso. La gravità della malattia dipende dalla capacità delle cellule di produrre i fattori della coagulazione. Meno ne sintetizzano e peggiori sono i sintomi. Ad oggi si calcola che al mondo ne soffrano circa 400 mila persone, circa 5 mila solo in Italia. La forma più comune è l’emofilia A, dove a mancare è il fattore VIII della coagulazione.

LA TERAPIA SOSTITUTIVA

Sino a qualche anno fa l'unica cura per l'emofilia era rappresentata da cicliche trasfusioni di sangue. In questo modo di andava a "sopperire" al fattore mancante tramite quello del donatore. Con l'avvento delle tecniche di produzione dei farmaci biologici -ovvero la produzione di proteine "artificiali"- oggi il trattamento dell'emofilia consiste nella somministrazione del fattore mancante. Una sorta di profilassi con cadenza ciclica volta a mantenere costante la quantità di fattore coagulante che il corpo non riesce a produrre. Il limite però è rappresentato dal numero di somministrazioni che possono essere diverse a settimana a seconda della gravità della malattia.

I LIMITI DELLE INIEZIONI

L'utilizzo delle terapie sostitutive presenta anche dei problemi legati alla perdita di efficacia nel tempo. Circa un paziente su 3 sviluppi anticorpi contro il fattore VIII che viene iniettato dall’esterno. Un problema non indifferente che inficia l’esito delle terapie. Per risolvere questo problema esistono dei farmaci, gli agenti bypassanti, che però non hanno pari efficacia e devono essere somministrati abbastanza frequentemente. Fortunatamente negli ultimi anni sono arrivati dei nuovi farmaci che bypassano il fenomeno della resistenza. Uno di questi è emicizumab, un anticorpo che mima l’azione del fattore VIII legandosi al fattore IXa e al fattore X, proteine necessarie per attivare la naturale cascata della coagulazione. Ma la vera novità, oltre ad ever ripristinato la coagulazione, è la possibilità di somministrarlo una volta a settimana. Un passo avanti notevole per la qualità di vita delle persone con emofilia.

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LA TERAPIA GENICA

Accanto a queste strategie utili a trattare la malattia, l'emofilia rappresenta una malattia ideale per la cura attraverso la terapia genica. Essendo una malattia in cui ad essere mutato è un preciso gene che produce il fattore di coagulazione del sangue, l'idea è quella di somministrare il gene corretto affinché ripristini per sempre la produzione del fattore mancante. Ed è quello che è stato fatto in diversi studi clinici. Recentemente uno studio di fase I/II pubblicato dal New England Journal of Medicine ha mostrato risultati incoraggianti per la terapia genica SPK-801 in pazienti con emofilia A. Nello studio la terapia ha portato alla produzione del fattore mancante per un periodo prolungato riducendo in maniera significativa il rischio di emorragia.

C'è poi un'altra terapia genica in fase di sviluppo più avanzata. E' questo il caso di valoctocogene roxaparvovec. I risultati ottenuti nel trial clinico di fase III hanno mostrato che il tasso di sanguinamento annuoè stato ridotto di circa l’85% e con esso si è ridotto anche il tasso medio di infusioni di fattore VIII. Parallelamente, l’attività del fattore VIII nei pazienti che hanno ricevuto valoctocogene roxaparvovec si è mantenuta stabilmente nel tempo a due anni dalla somministrazione. Risultati importanti che hanno portato BioMarin, l'azienda che ha sviluppato la terapia, a presentare una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio. Il parere dovrebbe arrivare entro la metà del 2022. L'emofilia dunque, con la terapia genica, sarà una malattia sempre più curabile.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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