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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 15-06-2015

I debiti di sonno si pagano a caro prezzo



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Dormire poco aumenta il rischio di sovrappeso, diabete, disturbi cardiovascolari. Una nuova ricerca dimostra le alterazioni a carico del metabolismo

I debiti di sonno si pagano a caro prezzo

Con i debiti non si vive bene, e neanche con quelli di sonno, benché di solito non ci diamo troppa importanza. Il nostro fisico non li sopporta anche se noi riteniamo di “esserci abituati”. L’organismo vuole la sua razione giusta di dormite per notte a seconda dell’età. Prima cosa, dato che si tiene tanto alla forma fisica, dormire poco fa ingrassare. Ma produce anche perturbazioni a carico del metabolismo che, nel tempo, danno origine a diabete, disturbi cardiovascolari e, appunto, obesità. Cattivi effetti non da poco, scarsamente conosciuti anche dai medici e pressoché ignorati dal grande pubblico. 


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UOMINI E TOPI 

Le conseguenze sopra indicate provengono da uno studio della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania in collegamento con l’Università di Groningen, nei Paesi Bassi. E sono tanto più importanti, sottolineano i ricercatori, perché i dati raccolti nell’esame del sangue dopo l’esperienza di restrizione del sonno risultano sia nei topi di laboratorio sia negli umani. All’inizio sono stati prelevati e analizzati campioni di sangue dopo un periodo di dormite corrette, poi si sono sottoposti ratti e volontari a poche ore di sonno per notte per cinque giorni consecutivi. I nuovi esami del sangue hanno rivelato un significativo cambiamento, con la presenza di nuovi metaboliti, in maggioranza lipidi o comunque collegati al metabolismo degli acidi grassi, ben diversamente dalla prima volta. Questi dati cambiavano nuovamente quando i soggetti in esame riprendevano a dormire in modo adeguato. Secondo gli studiosi alcuni di questi metaboliti tipici della deprivazione di sonno potrebbero rivelarsi dei “biomarcatori sia della quantità di sonno mancante sia della qualità del sonno.

IL COMMENTO DELL'ESPERTO 

Un grande esperto di sonno e dintorni è il professor Liborio Parrino dell’Università di Parma, che plaude ai nuovi risultati: «Fa piacere che arrivino conferme di perturbazioni molecolari che riguardano i grassi. E che risultino sia negli animali che nell’uomo. La conseguenza sono malattie metaboliche, è vero». La certezza non c’era, ma il rischio di questo andamento era già noto nel 1999, precisa il Direttore del Centro di Medicina del sonno di Parma: «Si pensi che se si lascia dormire un trentenne solo quattro ore anziché otto, poi gli si fa l’esame del sangue, i valori di insulina, cortisolo, glucosio “disegnano” un uomo di 70 anni. Quarant’anni rubati in una notte! Significa che il compito del sonno - tra le altre funzioni - è mantenere giovani. Mai andare a fare gli esami del sangue se si è dormito poco: ne verrebbe fuori un profilo tutto alterato verso l’invecchiamento. E’ come un gioco, una magia, che sposta di colpo l’orologio biologico». 

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ANCHE I GIOVANI A RISCHIO 

Indubbiamente, specie se si è giovani, si recupera. «Ma se si dorme sempre troppo poco non vale dormire tutto il weekend per recuperare. Anche i giovani - e ce ne sono tanti che hanno come stile di vita la restrizione di sonno – non è detto che si riprendano». Esistono però gli insonni cronici, gente che anche si “vanta” di dormire poche ore per notte senza problemi. «E certo, è dovunque il 10 per cento della popolazione. Di tutte le popolazioni. Si è visto che è un dato universale. Non legato alla luce, al cibo, a niente», risponde Parrino. «In Italia si contano 4 milioni di insonni cronici. Si pensa che quel 10 sia una percentuale di origine genetica. Ma gli altri, quelli che soffrono per l’insonnia, vanno curati». 


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LE REGOLE PER I TURNI 

Per assicurare  il giusto sonno, a Parma sono stati fatti particolari accordi per chi lavora a turni. Le racconta il docente universitario: «Prima si facevano turni così: una settimana al mattino, una al pomeriggio, la terza settimana di notte. Ma abbiamo visto che con questi tempi l’organismo si adattava al cambio e quando era il momento, sette giorni dopo, di cambiare, si scombussolava. Allora, per salvaguardare il sonno, si è visto che vanno meglio turni rapidi, di due giorni in due giorni, per non dar tempo all’organismo di adattarsi. Sono principi della cronomedicina». Insomma, il sonno è sacro. Non un bene di cui si può fare a meno. “Tempo perso” lo definiscono alcuni, ma non lo è per il nostro organismo che in quelle ore ha tanto, tanto da fare. Tra cui rimettere in ordine tutta la confusione in cui viviamo durante la veglia.

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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