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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 24-09-2015

Così si cura l'ipertensione che non va via



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Un diuretico sviluppato cinquant'anni fa potrebbe essere utile nel trattamento della patologia. Positivi i risultati presentati all’Esc di Londra

Così si cura l'ipertensione che non va via

Gli americani lo chiamano “drug repositioning”, l’utilizzo di farmaci già in commercio per curare malattie diverse da quelle per cui sono stati progettati. È questo il caso dello spironolattone, un diuretico sviluppato più di 50 anni fa che ora verrà “rispolverato” nel trattamento dell’ipertensione resistente. I risultati positivi dei test sono stati presentati la scorsa settimana in occasione del congresso dell’European Society of Cardiology (ESC) svoltosi a Londra.

 

LA PRESSIONE NON SCENDE

Nella maggior parte dei casi per abbassare la pressione arteriosa bastano pochi accorgimenti. Quando alimentazione e attività fisica non bastano si ricorre all'utilizzo degli anti-ipertensivi, una classe di farmaci ampiamente diffusa e dalla buona efficacia. Esiste però una fetta di popolazione ipertesa (15%) che, nonostante i farmaci, rimane con valori di pressione troppo elevati. In questi casi, quando nonostante il mix di tre o più farmaci la pressione non scende al di sotto di 150/90 mm Hg, si parla di ipertensione resistente. Alla base del disturbo vi è un'aumentata attività del sistema nervoso simpatico e in particolare di quei nervi che circondano i reni, organi deputati - tra le tante attività che svolgono - a regolare proprio la pressione arteriosa. Ecco perché una delle possibili strategie per controllare il disturbo consiste nella rimozione di queste fibre. Accanto a questo approccio chirurgico però i farmacologi sono al lavoro per individuare nuove strategie terapeutiche. 

 

 

LA RIVINCITA DEL DIURETICO

Una di queste è più semplice di quanto si possa pensare e consiste nell’utilizzo di un vecchio diuretico. La molecola in questione è lo spironolattone, un composto oggi utilizzato principalmente nel trattamento dello scompenso cardiaco congestizio. L’idea di utilizzare lo spironolattone è nata tempo fa partendo dall’analisi di piccoli studi che indicavano l’efficacia nel trattamento dell’ipertensione resistente. Ora, grazie allo studio PATHWAY-2 è stato possibile verificare su un campione più ampio l’effettivo funzionamento del farmaco. Dalle analisi è emerso che la molecola in questione, associata ai farmaci correntemente in uso per l’ipertensione (un ACE-inibitore o un sartano e un calcio antagonista), è risultata efficace nel tenere sotto controllo i valori pressori nel 60% dei partecipanti allo studio. Un risultato molto importante che influenzerà le linee guida future del trattamento dell’ipertensione resistente.


@danielebanfi83

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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