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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 28-03-2018

Più alcol si beve, più batte forte il cuore (e non è un bene)



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Il consumo di alcol può far aumentare la frequenza cardiaca, legata a un maggior rischio di ictus e infarto. I dati su tremila partecipanti all'Oktober Fest di Monaco di Baviera

Più alcol si beve, più batte forte il cuore (e non è un bene)

Fino a pochi anni fa, anche se la credenza è dura a morire, erano in molti a pensare che un consumo moderato e costante di bevande alcoliche potesse fare bene al cuore. L'errata convinzione altro non era che la conseguenza di quello che è stato poi definito il paradosso francese: oltre le Alpi iniziò a farsi strada l'ipotesi che i consumi di vino rosso fossero alla base della ridotta mortalità per cause cardiovascolari. L'ipotesi è stata poi negli anni smentita a più riprese dai ricercatori, secondo cui in realtà il crescente consumo di alcolici determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca. Rimane adesso da capire se questo effetto sia rilevabile soltanto nel breve termine o se permanga nel tempo, determinando così un disturbo del ritmo cardiaco che potrebbe anche aumentare l'insorgenza di eventi acuti cardio e cerebrovascolari: quali l'infarto e l'ictus cerebrale.   


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IL CUORE BATTE PIU' SPESSO SE SI CONSUMANO ALCOLICI 

A confermare questa ipotesi è uno studio presentato a Barcellona, in occasione dell'ultimo congresso degli aritmologi della Società europea di Cardiologia. Il lavoro è stato illustrato dai ricercatori dell'ospedale di Monaco di Baviera che hanno valutato gli elettrocardiogramma di oltre tremila partecipanti all'Oktober Fest del 2015. «Più alcol si beve, più aumenta la frequenza cardiaca», è il sunto delle conclusioni della loro ricerca, che di fatto conferma evidenze sperimentali preliminari raccolte già alla fine degli anni '70. La deduzione è stata tratta incrociando l'esito degli esami che fotogravano l'attività elettrica del cuore e le concentrazioni di etanolo rilevate attraverso il respiro dei partecipanti allo studio: età media 35 anni, con una presenza femminile pari al trenta per cento. L'aumento della concentrazione di alcol nell'espirato è risultata associata a una tachicardia sinusale: ovvero all'innalzamento della frequenza cardiaca al di sopra di cento battiti al minuto.

COS'E' E COME SI CURA LA
FIBRILLAZIONE ATRIALE? 

IL RISCHIO E' LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Precisando che «non possiamo ancora concludere che un aumento della frequenza cardiaca indotto dal consumo di bevande alcoliche sia sicuramente dannoso», come spiegato dal cardiologo Moritz Sinner, tra gli autori della ricerca, è comunque necessario predicare prudenza estrema «nei confronti di chi tende già ad avere una frequenza cardiaca superiore alla norma»: che negli uomini corrisponde a 70 battiti al minuto, mentre nelle donne è lievemente superiore. Le preoccupazioni sono legate alla possibile insorgenza di aritmie, sopratutto nella popolazione adulta e anziana: ipotesi difficile da confermare sulla base delle conclusioni di questa ricerca, che ha avuto come target una popolazione per lo più composta da ragazzi e giovani adulti. La preoccupazione è legata per lo più alla possibile insorgenza della fibrillazione atriale: la più comune fra le aritmie cardiache, oltre a un fattore di rischio certo per l'insorgenza dell'ictus cerebrale, dal momento che un coagulo che parte dall'atrio può giungere, attraverso il sangue, alle arterie del cervello. «La fibrillazione è un problema che riguarda oltre un milione di anziani - afferma Domenico Inzitari, direttore della stroke unit e neurologia dell'azienda ospedaliera Careggi di Firenze -. I tassi di prevalenza riscontrati indicano una frequenza elevata di questa importante aritmia negli over 65 italiani, comunque in linea con le altre stime disponibili nei Paesi occidentali. Il problema è che quasi uno su tre di loro non è in terapia ed è su questo aspetto che occorre lavorare. Gli anticoagulanti riducono fino in maniera significativa il rischio di insorgenza di un ictus cerebrale».

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Le conclusioni dello studio presentato a Barcellona ricalcano quelle di un lavoro americano pubblicato nel 2016 sul Journal of the American Medical Association, che aveva anch'esso ipotizzato come il consumo di alcolici, anche in quantità moderata (un bicchiere ai pasti), potesse determinare un progressivo allargamento dell'atrio sinitro: prodromo di un'alterazione del ritmo cardiaco. Il rischio - stando a quanto dimostrato in un gruppo di poco più di cinquemila adulti statunitensi, di età media più alta (56 anni) rispetto a quella registrata nel lavoro tedesco - risulterebbe più marcato in chi ha una predisposizione genetica a sviluppare la fibrillazione atriale. Quello che appare con maggiore chiarezza è che la correlazione sarebbe dose-dipendente: ovvero più alcolici si consumano, maggiore è il rischio di sentire il cuore battere più forte del normale. Restano invece da individuare i meccanismi che sarebbero alla base di quanto osservato: secondo i ricercatori tedeschi potrebbe trattarsi della conseguenza di uno squilibrio tra i due elementi del sistema nervoso autonomo (simpatico e quello parasimpatico), che regola le attività degli organi non controllati dalla nostra volontà.
 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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