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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 06-09-2019

Il microbioma alterato potrebbe essere un fattore di rischio per l'infarto



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La produzione di molecole proinfiammatorie da parte dei batteri tra le possibili cause. Se ciò fosse confermato si potrebbero ipotizzare terapie antibiotiche nelle persone maggiormente a rischio

Il microbioma alterato potrebbe essere un fattore di rischio per l'infarto

Tra le cause d'infarto del miocardio potrebbero esserci anche i batteri. Uno studio presentato al recente congresso della European Society of Cardiology (ESC) ha mostrato che i microrganismi presenti all'interno delle placche ateroscelrotiche -accumuli di grasso in grado, staccandosi, di andare a bloccare il corretto flusso di sangue- producono molecole proinfiammatorie in grado di causare la disgregazione delle placche portando all'infarto. Non solo, nello studio si è evidenziato che il microbioma intestinale delle persone infartuate differisce notevolmente da quello delle persone con angina stabile. Risultati che riaccendono l'interesse sul possibile utilizzo degli antibiotici come prevenzione degli eventi cardiovascolari.

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COME SI VERIFICA UN INFARTO?

La causa principale dell’infarto del miocardio è l’aterosclerosi, una condizione dovuta all’accumulo di materiale lipidico (grasso) lungo le pareti delle arterie coronarie che nel tempo arriva a formare una vera e propria placca aterosclerotica. Alla base di un infarto di norma vi è la "rottura" di una di queste placche e la successiva formazione di un coagulo di sangue le cui dimensioni, se sufficientemente grandi, possono andare a bloccare il flusso di sangue che passa attraverso l’arteria.

NELLE PLACCHE BATTERI PRO-INFIAMMATORI

Diversi studi stanno indagando quali sono i fattori implicati nella rottura delle placche. Uno di questi potrebbe essere il microbioma. Per farlo gli autori dello studio -gli scienziati dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma- hanno arruolato 30 persone con sindrome coronarica acuta e 10 con angina stabile. Di tutti sono stati isolati e analizzati i batteri del microbioma intestinale e quelli provenienti dalle placche aterosclerotiche. Dalle analisi è emerso che i batteri fecali avevano una composizione eterogenea mentre quelli delle placche contenevano microganismi appartenenti al phylum Proteobacteria e Actinobacteria capaci di produrre molecole proinfiammatorie. Un dato che potrebbe confermare l'ipotesi che la disgregazione delle placche sia causato dall'infiammazione scatenata dalla presenza di questi batteri. Non solo, dalle analisi sono emerse notevoli differenze di composizione del microbiota intestinale tra persone con sindrome coronarica acuta e quelle con angina stabile.

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ANTIBIOTICI COME FORMA DI PREVENZIONE? 

«Le diverse sostanze chimiche prodotte da questi batteri –spiega la dottoressa Eugenia Pisano, uno delle autrici dello studio– potrebbero influenzare l’instabilizzazione della placca e giocare un ruolo nell’infarto che ne consegue. Almeno in un sottogruppo di pazienti, alcuni trigger infettivi potrebbero giocare un ruolo diretto nella instabilizzazione della placca. Il microbiota dell’intestino e delle placche potrebbero avere un ruolo patogenetico e potrebbe dunque rivelarsi un target terapeutico. Sarà necessario verificare con ulteriori studi se questi metaboliti batterici possano influenzare la stabilità delle placche e se una terapia antibiotica sia realmente in grado prevenire un attacco cardiaco, almeno in alcuni pazienti». 

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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