Non tutte le persone in trattamento per tumore rispondono pienamente al vaccino, dipende dal tipo di cura somministrata. Ecco perché la terza dose potrebbe rendersi necessaria
Nei pazienti oncologici, dati alla mano, i vaccini contro Covid-19 stanno funzionando ma non tutte le persone rispondono nella stessa maniera: in uno studio da poco pubblicato sulla rivista European Journal of Cancer -coordinato dal professor Michele Maio, direttore del CIO (Centro di Immuno-Oncologia) presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Senese- è emersa una netta differenza nella risposta alla vaccinazione a seconda del tipo di terapia seguita. In particolare, nei pazienti sottoposti a chemioterapia durante la vaccinazione, la risposta non è stata sempre adeguata rispetto a quelli in cura con altre tipologie di farmaci. Una differenza da tenere presente per un'eventuale terza dose.
COVID-19 E PAZIENTI ONCOLOGICI
Nelle persone in cura per tumore il rischio di complicanze da Covid-19 è decisamente più elevato di chi non sta affrontando una patologia oncologica. Diversi studi hanno infatti dimostrato che le probabilità di decesso per Covid-19 sono maggiori proprio in chi vive con una diagnosi di tumore. Per questa ragione, sin dai primi mesi della campagna vaccinale, i pazienti oncologici sono stati inseriti nella lista delle persone con priorità massima per la vaccinazione.
I VACCINI FUNZIONANO
Come negli individui sani, dove l'utilizzo della vaccinazione sta permettendo di abbassare drasticiamente ricoveri e decessi, anche in chi è in cura per tumore la vaccinazione si sta dimostrando utile nel proteggere queste persone da Covid-19. Un particolare non scontato se si considera che i vaccini inizialmente non sono stati testati -durante la fase sperimentale- in persone affette da cancro. "Il nostro studio -spiega Maio- ha però voluto indagare l'effetto del vaccino somministrato in quei pazienti proprio durante il trattamento oncologico. Non solo, abbiamo voluto indagare se la risposta al vaccino differiva a seconda della strategia di cura somministrata".
DIFFERENZE NELLA RISPOSTA
Come atteso, anche in base ai dati iniziali di letteratura già disponibili, la vaccinazione con mRNA-1273 (Moderna) ha dimostrato di indurre nella maggior parte dei pazienti una risposta anticorpale -verificata dosando la quantità di anticorpi diretti contro la proteina spike presenti nel sangue-, paragonabile a quella che avviene negli individui sani. Andando però ad analizzare la risposta anticorpale in base alla tipologia di cura somministrata (su un totale di 131 pazienti, 70 con immunoterapia, 28 chemioterapia, 23 con terapie a target molecolare e 10 con combinazione target più immunoterapia), la produzione di anticorpi ha subito variazioni significative.
"Dalle analisi -prosegue Maio- il dato che emerge chiaramente vede i pazienti in cura con immunoterapia avere una quantità media di anticorpi significativamente superiore rispetto a quelli trattati con chemioterapia o target therapy, e addirittura più elevata rispetto a quella osservata nei donatori sani. Una possibile spiegazione risiede nel fatto che l'immunoterapia, rimuovendo il freno all'attività del sistema immunitario del paziente, lasci libere le cellule di difesa nel rispondere con più forza non solo al tumore ma anche al vaccino contro Sars-Cov-2". Al contrario, la risposta anticorpale nei pazienti in cura con chemioterapia o target therapy, non è risultata così robusta, verosimilmente a causa dell'effetto immunosoppressivo di queste terapie.
POSSIBILE TERZA DOSE
Risultati importanti, quelli ottenuti nello studio realizzato a Siena dal gruppo di Maio, che aprono una serie di interrogativi sulle modalità di vaccinazione nei pazienti oncologici. "Se già negli individui sani si sta cercando di comprendere l'eventuale necessità di una terza dose, i risultati ottenuti ci indicano che in futuro, nei pazienti oncologici, sarà importante valutare la necessità di una ulteriore dose in particolare nei pazienti attivamente in cura con chemioterapia o target therapy" conclude Maio.
Daniele Banfi
Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.