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Ginecologia
Serena Zoli
pubblicato il 08-08-2018

Sifilide in aumento: allo studio un vaccino per arginarla



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Al mondo oltre 5 milioni di persone contraggono la sifilide ogni anno. Difficile sviluppare un vaccino. Nei geni del microrganismo il segreto per svilupparlo

Sifilide in aumento: allo studio un vaccino per arginarla

Sifilide e vaccino: a che punto siamo? A pronunciare la sola parola, sifilide, la risposta che si riceve è: ma perché, esiste ancora? Sì, sarà socialmente demodé come malattia, ma esiste e “vive e lotta contro di noi”, parafrasando un detto sessantottino per dire che è in aumento. A livello mondiale risulta la seconda causa di parti di bambini morti e di aborti. Se non la si cura può produrre ictus, demenza e altri problemi neurologici. Finora il procedimento medico è stato di curare le persone infette e i loro partner sessuali più gli eventuali partner di questi ultimi, ma adesso all’orizzonte si profila una scoperta radicale: arrivare a un vaccino. Questa è l’arma che potrebbe eradicare questa terribile e contagiosissima malattia.

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OLTRE 5 MILIONI I CONTAGI ANNUI

Informa l’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel mondo sono 10,7 milioni le persone contagiate di età 15-49 anni (o almeno lo erano nel 2012) e che 5,6 milioni contraggono la malattia ogni anno. Negli Stati uniti, in particolare, la prevalenza sta aumentando, soprattutto negli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. In molti paesi in via di sviluppo a guidare la classifica sono le prostitute e i loro clienti. «Come malattia la sifilide è una grande imitatrice – scrive su mBio, la rivista della Società americana di Microbiologia, il dottor Juan C. Salazar, capo della Pediatria all’Università del Connecticut (Usa). – Può apparire come una iper pigmentazione o altre strutture».

UN BATTERIO DIFFICILE DA STUDIARE

C’è poi il fatto che la sifilide è difficile da studiare perché non si riesce a coltivare in laboratorio e neanche nei topi. A parte l’uomo, l’unico animale adatto a questi studi in un laboratorio è il coniglio. Ma il coniglio si libera alla svelta da questa malattia, così bisogna infettare nuovi esemplari regolarmente per mantenere un filone di Treponema pallidum, che è il batterio che causa la sifilide. La seconda ragione per cui è difficile studiare questa malattia sessualmente trasmissibile è che il suo batterio è molto delicato, fragile. La gran parte dei batteri all’origine di malattie sono tosti: li si può lavare, asciugare, osservare in tutte le loro fattezze esterne con un microscopio. Il Treponema pallidum, invece, si apre, fa scivolare fuori il suo contenuto, crea un pasticcio e rende impossibile capire quali proteine potrebbero essere situate sulla sua parte esterna. E queste proteine rappresentano una chiave, la chiave attraverso cui il nostro sistema immunitario, di autodifesa, riconosce i batteri invasori. Ed è così – guarda caso – che funzionano i vaccini. E’ nel 1905 che è stato individuato il Treponema pallidum, ma in questo lunghissimo lasso di tempo - più di un secolo – nessuno è riuscito a identificare le proteine che “abitano” sulla sua membrana esterna.

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UN VACCINO GRAZIE ALLO STUDIO DEI GENI

La sola cosa facile in questo batterio è la sua dimensione genetica: appena 1.000 geni in totale. Il che sembrerebbe indicare questa via di indagine come la più facile. Nella ricerca Usa sono i microbiologi Melissa Caimano e Justin Radolf a cimentarsi per arrivare attraverso il codice genico a “indovinare”, a ricreare, quali proteine potrebbero essere scaturite. Ed ecco che per un percorso complesso gli studiosi sono arrivati a riprodurre le proteine e a verificare se corrispondessero alla forma nella vita reale. In seguito hanno creato degli anticorpi per le proteine e mostrato che questi anticorpi in effetti attaccavano le parti esterne dei batteri Treponema pallidum. Allora, si sono trovati i giusti marcatori, si sono trovate le proteine.

Ma queste, di solito stabili, quando si tratta di vita o di morte mutano per non essere riconosciute dal sistema immunitario. Eccola l’ulteriore difficoltà per arrivare a un vaccino e sconfiggere la sifilide. Con ulteriori ricerche gli studiosi dell’Università del Connecticut, in collegamento con diverse università sparse nel mondo, sono giunti alla possibilità di utilizzare le proteine esterne che mutano di meno per immunizzare un coniglio: prima possibile prova per un vaccino.

«Il nome vero del batterio della sifilide è Spirochete – esordisce lo specialista Antonio Cristaudo, direttore dell’Istituto dermatologico Malattie sessualmente trasmissibili al San Gallicano Irccs di Roma. – E’ stato soprannominato “pallidum” perché non si riusciva a colorarlo nelle colture di laboratorio. E la grande difficoltà è che non si riesce neppure a coltivarlo. Nella ricerca del Connecticut sono partiti dalla mappatura genetica di materiale proveniente da località molto lontane e hanno visto che i batteri sono sempre uguali in ogni parte del mondo. Si trovasse il vaccino, dunque, sarebbe utilizzabile ovunque». Ma la meta non è vicina, avverte il dottor Cristaudo. E’ vero che sono stati prodotti degli anticorpi da certe proteine del batterio, ma siamo ancora lontani dalle prove su animale e ancor di più, ovviamente, sull’uomo.

OMOSESSUALI A RISCHIO

«Per la gonorrea, invece, siamo già alla sperimentazione sulle persone, che è la fase 3 di una ricerca. A fine anno parteciperemo anche noi con uno studio – racconta Cristaudo – Tuttavia l’indagine dell’Università del Connecticut è importante: dimostra che c’è una porta per continuare a studiare». Ma nell’opinione comune questa malattia dovrebbe essere estinta. «Sì, sembrava estinta col Novecento, invece, per esempio nel 2004-05 c’è stato un picco in Italia. E’ una malattia importante in tutti i paesi, sviluppati e poveri. Di per sé il batterio non è aggressivo, tuttavia, per esempio, facilita l’infezione da Hiv, che è il virus dell’Aids. In teoria è anche facile da combattere, costa poco: si usa la penicillina. Ma occorre una diagnosi precoce per evitare complicanze di peso». Oggi le categorie a rischio sono due: gli uomini che fanno sesso con uomini, come già detto sopra, ma perché? «Perché si tratta di società chiuse, ambienti circolari, inoltre per via di certe pratiche che adottano», spiega Antonio Cristaudo. L’altro tipo di persone a rischio sono ovviamente le “lavoratrici del sesso”, sia che abbiano scelto questa strada sia che vi siano costrette in uno stato di schiavitù.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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