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L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 13-03-2014

Il bisfenolo A è davvero pericoloso per la salute?



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Risponde Maria Rosaria Milana, responsabile del reparto esposizione e rischio da materiali dell’Istituto Superiore di Sanità

Il bisfenolo A è davvero pericoloso per la salute?

Si leggono spesso articoli poco rassicuranti sul bisfenolo A usato nella produzione della plastica. E’ il caso di evitare l’utilizzo di contenitori di plastica a contatto con gli alimenti?

Franca G. (Isernia)

Risponde Maria Rosaria Milana, responsabile del reparto esposizione e rischio da materiali dell’istituto Superiore di Sanità

Il bisfenolo A (Bpa) è usato nella produzione di una plastica utilizzata per contenitori e bottiglie a contatto con gli alimenti, contenitori per cosmetici e nella manifattura di dispositivi medici. Il bisfenolo A è usato anche nella produzione di resine per strati interni protettivi di contenitori per alimenti e bevande (lattine e scatolame), cosmetici, coperchi metallici per vasetti e bottiglie di vetro.

Piccole quantità possono esserne rilasciate durante l’uso dal contenitore alla matrice in esso contenuta (cibi, bevande) o nei tessuti nei casi di dispositivi medici. L’effetto critico finora considerato per la derivazione della dose giornaliera accettabile è legato a effetti epatici e renali. A dosi superiori il bisfenolo A ha anche effetti sulla tossicità riproduttiva. Per la popolazione generale la maggior fonte di esposizione è la dieta. Non è invece trascurabile l’esposizione parenterale da contatto con dispositivi medici contenenti bisfenolo A e in questo caso il gruppo più a rischio è costituito dai neonati in terapia intensiva neonatale.

Adesso l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) sta rivalutando il rischio del bisfenolo A che, è bene ricordarlo, nell’Unione Europea non può essere utilizzato per la produzione di biberon dal 2011. Si tratta di un procedimento non eccezionale, che avviene ogni qual volta si rendono disponibili nuovi dati sperimentali. La dose giornaliera raccomandata dall’Efsa è di cinque microgrammi per chilo di peso corporeo. Tale dato è comunque provvisorio in attesa che alcune incertezze relative ad effetti sullo sviluppo e sulla ghiandola mammaria siano definitivamente eliminate da una serie di studi in corso negli Stati Uniti.


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