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L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 07-08-2014

Il mio bambino fa ancora la pipì a letto. È preoccupante?



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Rispondono: Marina Picca, pediatra e Presidente della Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) e Lorenzo Cresta, pediatra e componente del Comitato Scientifico del Progetto Over

Il mio bambino fa ancora la pipì a letto. È preoccupante?

Mio figlio è quasi un adolescente ma ancora capita che, qualche volta, di notte bagni il letto. Non ne ho mai parlato con il pediatra ed ora sono un po’ preoccupata. Cosa posso fare?

Annalisa C., Asti

Rispondono: Marina Picca, pediatra e Presidente della Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) e Lorenzo Cresta, pediatra e componente del Comitato Scientifico del Progetto Over.

La pipì a letto (enuresi) resta ancora un tabù verso il quale si erigono barriere di disinformazione, imbarazzo e di certezza che il problema si risolverà da solo. Invece, se esso persiste dopo i 5-6 anni, è sempre meglio parlarne con il proprio pediatra. Ma i genitori sono reticenti e quelli che hanno questa “confidenza” con il medico sono davvero pochi. Eppure l’enuresi è un problema frequente e presente anche nei più grandicelli, circa il 5% dei ragazzi di 13 anni, come emerge da una recente indagine condotta dalla SICuPP nell’ambito del progetto Over su più di tre mila bambini tra i 5 e i 14 anni in tre regioni italiane (Veneto, Toscana e Puglia).

Consultare il medico è importante: significa impedire che per il bambino, e ancor più per l’adolescente, la pipì a letto diventi un problema, e possa provocare disagio e limitazione nella vita sociale e relazionale (gite, uscite con amici, campeggi) con ripercussioni di carattere psicologico. Valutando la storia familiare del ragazzo/bambino, il quadro clinico, la frequenza del disturbo notturno, le caratteristiche dell’urinare durante il giorno con un diario minzionale, e laddove necessario con l’esecuzione di alcuni esami (esame delle urine, urinocoltura, ecografia), il pediatra potrà innanzitutto suggerire ai genitori e ai giovani pazienti alcuni comportamenti utili per contenere l’enuresi. Potrà quindi gestire la problematica da solo o in collaborazione con un centro specialistico per disturbi nefro-urologici.

Sono infatti diverse le vie terapeutiche oggi possibili, con ottime possibilità di guarigione. A seconda delle caratteristiche dell’enuresi e del bambino, si va da una terapia farmacologica (desmopressina e/o ossibutinina) a tecniche comportamentali, quali esercizi di educazione e distensione vescicale fino a sistemi di allarme dotati di una suoneria che sveglia il bambino appena inizia l’emissione incontrollata di urina. Occorre tuttavia avere molta pazienza perché il percorso terapeutico può essere lungo (a volte diversi mesi) e/o difficoltoso.

In ogni caso è importante raccomandare ai genitori di non sgridare mai i bambini che bagnano il letto, ma rassicurarli che il problema (che è un atto involontario), se seguito correttamente, passerà con il tempo. A scopo preventivo, si possono anche dare indicazioni per modificare alcune abitudini. Per esempio è bene evitare o limitare il consumo di cibi liquidi a cena, quali minestre e zuppe, alimenti ricchi di acqua (cocomero e uva in estate), ricchi di sale e/o di calcio (non è indicata una cena a base di latte). L’assunzione di liquidi, almeno 1000-1500 millilitri durante il giorno, va riservata dalle 8 alle 18 in modo che la vescica possa distendersi bene e aumentare la capacità di contenere l’urina prodotta durante la notte, evitando di assumerli dopo le 19 a parte quelli previsti per cena e cercare di fare urinare il bambino ogni 3 ore. È utile anche risolvere una eventuale stitichezza perché una pancia piena di feci non fa che stimolare le contrazioni non volute della vescica. Anche le sveglie notturne per fare pipì non sembrano apportare efficaci miglioramenti: meglio dunque, anche per chi bagna il letto, sonni tranquilli.


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