Chiudi
L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 11-01-2019

Le cellule staminali funzionano nella riabilitazione dopo un ictus?



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Il potenziale rigenerativo delle staminali neuronali è stato testato soltanto su modelli animali. Diversi i modelli riabilitativi disponibili, da scegliere in base al singolo paziente

Le cellule staminali funzionano nella riabilitazione dopo un ictus?

Ho letto un vostro articolo sulle cellule staminali neuronali utilizzate per curare la zona del cervello colpite da ictus. Mio padre è stato colpito proprio da un ictus cerebrale a fine novembre. In quali strutture si fa sperimentazione, dal momento che ritengo la terapia fisica un palliativo rispetto alla ricostruzione della zona del cervello danneggiata?

Antonella C.


Risponde Stefano Paolucci, direttore dell’unità di neuroriabilitazione dell'Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma e presidente eletto della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica 

 

Gentile Antonella, 

lo studio sperimentale al quale si riferisce - raccontato in un articolo pubblicato sul Magazine di Fondazione Umberto Veronesi - e che ha evidenziato le potenzialità di utilizzo di cellule staminali neuronali per promuovere la plasticità cerebrale in pazienti colpiti da ictus, aggiunge un nuovo tassello a un importante filone della ricerca biomedica degli ultimi decenni: sfruttare il potenziale rigenerativo di questo particolare tipo di cellule per la ricostruzione di tessuti e organi danneggiati. Va tenuto tuttavia presente che la ricerca è stata effettuata su modelli di laboratorio e non ancora sperimentata sull’uomo.


La sua richiesta d’informazioni nasce invece da un bisogno di cure immediato e per questo la risposta va cercata in terapie già oggi disponibili per il recupero delle disabilità conseguenti a un ictus. La posso rassicurare che i protocolli di neuroriabilitazione oggi utilizzati non sono «palliativi». Se condotti con la giusta frequenza e intensità, da parte di equipe competenti a trattare gli specifici deficit del singolo paziente e, nei casi necessari, con adeguate tecnologie, sono in realtà strumenti efficaci per stimolare proprio il recupero della plasticità cerebrale e favorire il recupero funzionale.


Per plasticità cerebrale dobbiamo intendere la capacità del cervello di attivare nuove reti neurali in sostituzione di quelle danneggiate e alle quali viene riaffidato il controllo delle funzioni di movimento e cognitive andate perse dopo l’ictus. Questa capacità di riorganizzarsi dipende da diversi fattori. Innanzitutto dalla gravità del danno e dall’età del paziente, poiché anche il cervello come tutti gli altri organi, con il passare degli anni, riduce le proprie capacità di prestazione e recupero. In più, va tenuto presente che il percorso terapeutico può richiedere tempo, è composto da diverse fasi, ed è auspicabile che queste siano gestite in base a un progetto riabilitativo individuale, costantemente monitorato dagli specialisti e condiviso con i famigliari del paziente.


C’è la fase intensiva, subito dopo l’evento acuto, caratterizzata dal trattamento di disabilità importanti e che richiedono un elevato impegno assistenziale nell’ambito di un ricovero ospedaliero. C’è poi la fase della riabilitazione estensiva, che completa il processo di recupero in modalità di day-hospital e simili, e c’è infine la fase altrettanto importante del mantenimento e della prevenzione della progressione della disabilità, che si protrae per tutta la vita.


Tra le conseguenze dell’ictus non c’è solo la limitazione del movimento degli arti (tipicamente l’emiparesi). Altre disabilità importanti subentrano, in modo e con intensità diversa a seconda dei casi, e interessano le capacità respiratorie e di deglutizione (disfagia), la perdita dell’uso del linguaggio (afasia), l’incapacità di compiere gesti (aprassia), gli stati dell’umore (depressione) che a loro volta finiscono per limitare gravemente la motivazione del paziente a impegnarsi nel percorso riabilitativo e altre disabilità ancora meno note, come la emidisattenzione spaziale, ovvero l’incapacità della persona dopo l’ictus di percepire oggetti e stimoli che si presentano su un lato del campo visivo, tipicamente il lato sinistro in pazienti con lesione cerebrale destra.

 

Il paziente che presenta in tutto o in parte questo insieme di problematiche deve percorrere le fasi della riabilitazione sopra descritte, seguito da un’equipe multidisciplinare, composta da neurologi, fisiatri e altri medici specialistici, fisioterapisti, logopedisti, psicologi, terapisti occupazionali, infermieri specializzati. È inoltre auspicabile che la struttura che lo prende in carico sia dotata di tecnologie che stanno dimostrando la loro efficacia a supporto delle terapie tradizionali, come la robotica per la rieducazione precoce del cammino con sgravio del peso, le piattaforme di realtà virtuale per il recupero delle funzioni cognitive, le tecniche e le metodiche volte a favorire direttamente la già citata plasticità cerebrale (stimolazione magnetica transcranica, stimolazione elettrica a corrente continua, interfacce cervello-computer). Per contrastare la spasticità muscolare sono inoltre disponibili da anni trattamenti farmacologici infiltrativi, tra i quali si annoverano la chemodenervazione locale con tossina botulinica tipo A e la neurolisi chimica attraverso l’iniezione di fenolo.


Consideri che non tutti i deficit sopra descritti sono sempre presenti nel paziente post-ictus e non tutte le soluzioni terapeutiche a cui ho accennato sono quindi necessarie. Non si tratta quindi di avere a disposizione tutto, bensì le competenze e le terapie realmente necessarie al suo famigliare. L’augurio è che Lei possa partecipare attivamente alla realizzazione di un progetto riabilitativo individuale disegnato dal personale competente in un clima di reciproca fiducia e collaborazione.



Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina