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Redazione
pubblicato il 28-11-2022

Sono una fisioterapista e sto allattando, posso espormi a radiazioni non ionizzanti?



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Onde d’urto e tecarterapia possono essere un rischio per le donne che allattano? La domanda di una fisioterapista neomamma e i consigli dell'esperto

Sono una fisioterapista e sto allattando, posso espormi a radiazioni non ionizzanti?

Sono una fisioterapista e sto ancora allattando la mia bambina. Avendo ripreso a lavorare, vorrei sapere se posso effettuare onde d'urto e tecarterapia come operatrice, mentre come paziente so che sono sconsigliate.

Daniela (domanda pervenuta via mail)

 

Risponde il dottor Federico Ronchese, Dirigente Medico dell'UCO Medicina del Lavoro - Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI).

 

Gentile signora,

la normativa di tutela della lavoratrice madre nelle diverse fasi della gravidanza e nei primi anni di vita del bambino è riunita nel “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000”.

Il testo prevede, nelle aziende in cui sono impiegate donne in età fertile, che il datore di lavoro, con la collaborazione del Servizio di Prevenzione e Protezione e del Medico competente, valuti tutti i rischi per la gravidanza e l’allattamento.

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Gravidanza e allattamento

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Nello specifico, quando parliamo di onde d’urto, che consistono nella somministrazione di onde acustiche ad alta energia, o tecarterapia, procedura legata all’utilizzo di radiazioni non ionizzanti, parliamo di procedimenti sanitari che rientrano nella fascia del rischio fisico. Si dicono radiazioni non ionizzanti, indicandole con l’acronimo NIR (Non Ionizing Radiation), le onde elettromagnetiche la cui energia non è sufficiente a provocare la ionizzazione della materia, ossia non possiedono l’energia sufficiente per modificare le componenti della materia e degli esseri viventi (atomi, molecole).

Vi è un crescente utilizzo di sistemi emittenti radiazioni non ionizzanti soprattutto del tipo radiofrequenze, microonde e laser nel settore sanitario, industriale e artigianale. Le applicazioni tecnologiche sono numerose, principalmente nelle telecomunicazioni (radar, telefonia cellulare), in medicina (risonanza magnetica nucleare, microonde, ablazione a radiofrequenze) e per l’uso domestico (cottura e riscaldamenti di cibi) o industriale (saldature o fusione).

Dal punto di vista sanitario, rispondendo alla sua domanda, viste le misure che vengono adottate per la prevenzione del rischio da esposizione occupazionale a radiazioni non ionizzanti, sia organizzative sia individuali, non si ravvedono potenziali criticità all’attività lavorativa, nello specifico nel corso dell’allattamento.

Il riscaldamento dei tessuti, infatti, è l’unico rilevante effetto critico dell’esposizione a radiofrequenze ad oggi scientificamente dimostrato. Per avere una variazione di temperatura che possa produrre un impatto sul sistema fisiologico umano, occorre che l’esposizione sia intensa e/o diretta. Gli effetti clinici risultati sono in funzione sia della intensità dell’esposizione sia della durata e modalità di esposizione, oltre che delle caratteristiche del tessuto irradiato. Come tutti gli agenti fisici l’esposizione decade con il quadrato della distanza dalla fonte.

Questi meccanismi, tutti indotti solo da esposizioni a livelli elevati, possono indurre effetti a breve termine. Si sottolinea che già la normativa prevede la riduzione e/o l’eliminazione delle esposizioni indebite, nonché la delimitazione delle aree e la conseguente regolamentazioni degli accessi nelle zone deputate agli specifici trattamenti medici. Inoltre, le misure organizzative tengono conto della presenza di lavoratori con condizioni di particolari suscettibilità, in questo caso lo stato di gravidanza ma non l’allattamento. 

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