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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 14-12-2023

Contro la depressione meglio la corsa o i farmaci?



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Uno studio ha messo a confronto corsa e farmaci antidepressivi. Il risultato può essere una sorpresa. Ma quanti malati di depressione sono capaci di mettersi in moto? E gli anziani? E la “voglia” di isolarsi?

Contro la depressione meglio la corsa o i farmaci?

Corsa contro antidepressivi: chi vince? In Olanda, alla Vrije Universiteit di Amsterdam, hanno voluto fare la prova. Il terreno della “battaglia” è costituito da disturbi depressivi e d’ansia. Sta meglio chi si affida all’attività fisica, che in effetti, si sa, fa bene ai disturbi affettivi, oppure chi tradizionalmente confida negli antidepressivi e negli ansiolitici? La professoressa Brenda Penninx precisa: «Il nostro intento era considerare il miglioramento sulla salute in generale, non solo mentale».

 

PILLOLE E SPORT A CONFRONTO

Nel lavoro, pubblicato sul Journal of Affective Disorders, erano coinvolti 141 pazienti sofferenti di depressione e/o ansia. È stato loro offerta la scelta di assumere come terapia antidepressivi Ssri per 16 settimane, oppure, sempre per 16 settimane, far parte di un gruppo impegnato nella corsa. Ebbene 45 hanno scelto le pillole, 96 la corsa. Va osservato che i primi erano un po’ più depressi dei runners. Questi ultimi erano impegnati per due o tre appuntamenti settimanali di 45 minuti ciascuno attentamente supervisionati, ma l’entusiasmo iniziale ha lasciato spazio a un abbassamento dell’aderenza al protocollo del 52 per cento, mentre tra chi aveva scelto le pillole il valore si è assestato all’82 per cento.

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MIGLIORAMENTO AL 44 PER CENTO, ALLA PARI

Risultato finale? Pari grado, al 44 per cento, il miglioramento di ansia e depressione, tuttavia i pazienti che avevano corso mostravano più sani livelli di peso, un miglior girovita, buona pressione del sangue e della funzione cardiaca mentre i “sedentari” curatisi con gli Ssri apparivano un po’ meno in forma su questi valori metabolici. Osserva la professoressa Penninx: «Occorre dire che c’è spazio per ambedue le terapie. Lo studio mostra che c’è tanta gente entusiasta all’idea di dedicarsi a un’attività fisica, d’altro lato, tuttavia, può risultare complicato portare avanti questa scelta in quanto, all’atto pratico, solo la metà del gruppo – nel nostro esperimento – ha aderito all’impegno di due allenamenti settimanali».

 

UNO STUDIO CHE RICHIEDE CAUTELA

Ribadisce, Brenda Penninx, la necessità per gli psichiatri di ampliare l’arsenale delle cure a disposizione perché i pazienti sono molto diversi gli uni dagli altri. Ci sono quelli che non rispondono agli antidepressivi, o che non li vogliono assumere. In certi casi o in certi momenti potrebbe risultare benefica una terapia basata sulla corsa. Il professor Bernardo Dell’Osso, ordinario di Psichiatria all’Università di Milano e Direttore della Clinica Psichiatrica all’Ospedale Sacco di Milano, è piuttosto critico nel confronti della ricerca olandese: «Questo studio va letto con particolare cautela. Riporta un’analoga efficacia tra i due tipi d’interventi proposti in un campione di pazienti con disturbi depressivi e d’ansia. Tale risultato indurrebbe a privilegiare l’esercizio fisico (running therapy almeno due volte a settimana) anche alla luce di una serie di benefici fisici riportati al termine delle 16 settimane».

 

GIOVANI IN CORSA, E GLI ANZIANI?

Continua Dell’Osso: «Un tale tipo d’interpretazione, tuttavia, sarebbe non corretto. In primis, i pazienti presentavano diagnosi differenti. Soffrire di un disturbo depressivo è differente rispetto ad un disturbo d’ansia come il disturbo di panico o la fobia sociale. Inoltre l’età media del gruppo era compresa tra i 36 e i 38 anni, rendendo difficilmente realizzabile un intervento che promuova l’attività fisica in una fascia d’età anziana, o di donne in gravidanza o in soggetti con concomitante presenza di altre limitazioni. Infine il processo di randomizzazione, ovvero l’assegnazione casuale di un paziente ad uno dei due gruppi di trattamento, non è avvenuto in maniera rigorosa, quanto, piuttosto, accogliendo le preferenze (in particolare per l’attività fisica)».

 

IL DEPRESSO PUNTA AL RITIRO SOCIALE

Occorre tenere presente che la depressione è spesso caratterizzata dalla presenza di marcata astenia (stanchezza, facile affaticabilità) con disturbi del sonno e dell’appetito, oltre alla presenza di umore depresso e anedonia (perdita d’interesse per le attività della vita quotidiana). Sono quindi facilmente intuibili le complessità che, nella realtà clinica, tali pazienti presenterebbero nel momento in cui venisse proposto loro un intervento basato sull’attività fisica. Riprende Bernardo Dell’Osso: «Sebbene ritenga estremamente importante educare i pazienti che soffrono di disturbi depressivi e d’ansia allo svolgimento di attività fisica, come variabile protettiva per la propria salute fisica e mentale, ritengo che la stessa possa essere poco praticatile come intervento terapeutico, soprattutto in monoterapia, per la maggior parte dei pazienti. Potrebbe esserci qualche utilità in alcune forme di disturbi d’ansia, soprattutto in specifiche fasce di pazienti. Concordo certamente col fatto che gli antidepressivi non sono l’unico presidio terapeutico e, spesso, interventi psicosociali e di psicoterapia, così come di neurostimolazione (Tms) e, nei casi più lievi, d’integrazione con nutraceutici e regolatori del microbioma, possano costituire alternative altrettanto valide, spesso all’interno di terapie integrate». 

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Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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