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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 23-04-2015

La diagnosi precoce per la depressione post-partum è possibile



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A rischio una neo-mamma su dieci. L’Istituto Superiore della Sanità ha condotto un’indagine di due anni e messo a punto un metodo per individuare il disturbo e intervenire subito

La diagnosi precoce per la depressione post-partum è possibile

Una donna su dieci cade in depressione dopo aver partorito. Per la precisione, in Italia, l’indagine realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss)  ha rilevato che tra il  7 e l’11% delle donne che hanno effettuato lo screening per la depressione post partum è risultato a rischio di depressione (in Europa un po’ di più: 8-12 per cento). La prima multicentrica nel nostro Paese. Le donne coinvolte sono state contattate principalmente durante i corsi di preparazione al parto, circa duemila, in varie città (Campobasso, Bergamo, Treviso) e in tre ospedali romani.

«In una condizione di rilassamento come è in questi corsi, si è spiegato loro che cos’è la depressione post partum e come si può presentare. Senza allarmismi», spiega Gabriella Palumbo, responsabile del progetto dell’Iss nell’ambito del quale è stato condotto lo studio, coordinato dal reparto salute mentale del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) con il supporto del Ccm-Ministero della Salute. E si è chiesta l’adesione a un controllo tra la sesta e dodicesima settimana dopo il parto, nel tempo critico, cioè, in cui può svilupparsi il disturbo.


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DA MALINCONIA A MALE OSCURO

Secondo alcuni studiosi potrebbe essere la perdita della placenta, ricca di ormoni steroidi dotati anche di azione ansiolitica e sedativa, a provocarlo creando una specie di crisi di astinenza e, dunque, la caduta dell’umore. Una condizione pericolosa, oltre che dolorosa, sia per la donna sia per i suoi comportamenti con il bambino. E da non confondere con il cosiddetto baby blues, quella malinconia, facilità alle lacrime, sentimento avvolgente di debolezza e di incapacità che coglie quasi tutte le puerpere, dovuto forse all’improvviso aumento di prolattina. E che in genere passa entro un paio di settimane.

 

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I SINTOMI

Il vissuto di una depressione post-partum può manifestarsi, per esempio, con senso di inadeguatezza, sentirsi giù per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, incapacità di pensare lucidamente, senso di valere poco, di essere una fallita, di essere inutile o senso di vuoto. Fino all’estremo, per fortuna molto raro, dell’infanticidio o del suicidio insieme con il piccolo. Perciò è molto importante una diagnosi precoce. Ecco perché lo studio ha condotto lo screening entro i primi tre mesi dalla nascita del bambino.


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IL METODO

Per misurare la presenza e la gravità della depressione post-parto lo studio si è avvalso della Scala di Edimburgo o Epds. «Si tratta di un questionario di dieci domande, le cui risposte vanno valutate da esperti», spiega la dottoressa Palumbo. «E può essere utilizzato da tutti gli specialisti dei centri della salute pubblica con cui la donna viene in contatto in quel periodo delicato dopo la nascita del figlio: quindi uno strumento semplice, di facile somministrazione e senza costi aggiuntivi per la spesa pubblica.

Possono sottoporlo alle neo-mamme il ginecologo come l’ostetrica, l’infermiere come lo psicologo, lo psichiatra come il medico di base». Da questo questionario è uscito il rilevamento di un 7-11 % di donne a rischio di depressione post partum. «Leggermente inferiore, come tendenza, nei piccoli centri dove, probabilmente, la vicinanza di famiglia, amici, conoscenti è più facile, costruendo una rete di supporto sociale. Più alta è risultata nelle grandi città dove la donna, in genere, può contare meno su una rete di supporto sociale», spiega Gabriella Palumbo.

 

LE TERAPIE

Ma dopo aver ottenuto una diagnosi precoce, che cosa succede? «La seconda parte è la terapia con uno speciale modello psicologico di provata efficacia», illustra Gabriella Palumbo. Esclusi i farmaci? «Non sempre, nel caso di depressione lieve o moderata, il primo approccio è l’intervento di tipo psicologico. Se però in precedenza la donna ha avuto episodi di depressione grave, o se non vuole effettuare la terapia psicologica, o se questa si dimostra inefficace, allora occorre far ricorso a farmaci ». Le motivazioni dell’Istituto Superiore di Sanità per condurre questo studio? «Sensibilizzare tutti gli operatori del settore così che non sfugga o sia sottovalutato questo importante problema. Infine, offrire un modello da adottare e applicare facilmente in tutte le strutture sanitarie d’Italia collegate al parto».

 

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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