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Neuroscienze
Daniele Banfi
pubblicato il 26-09-2022

SLA SOD1: passi avanti nella ricerca ma la cura è ancora lontana


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Nella SLA SOD1 è possibile ridurre la presenza della proteina "tossica" per i neuroni. La speranza è quella di rallentare il decorso della malattia. I risultati pubblicati sul New England Journal of Medicine

SLA SOD1: passi avanti nella ricerca ma la cura è ancora lontana

Passi avanti nella ricerca sulla SLA SOD1, una particolare forma di sclerosi laterale amiotrofica causata dalla mutazione nel gene SOD1. L'utilizzo di tofersen, molecola capace di "stoppare" l'attività anomala di SOD1, si è dimostrato utile nel ridurre le quantità di proteine "tossiche" che causano la malattia. Un risultato importante che, pur non rappresentando la cura per la SLA, apre interessanti prospettive nel controllo della malattia e della sua evoluzione. I risultati dello studio clinico, che ha coinvolto 108 malati di SLA, sono stati pubblicati dalla rivista New England Journal of Medicine.

CHE COSA È LA SLA?

La SLA, acronimo di sclerosi laterale amiotrofica, è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva perdita di funzione dei motoneuroni, le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. Quando ciò accade si verifica una progressiva perdita di forza muscolare ma -nella maggior parte dei casi- con risparmio delle funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e sfinteriali (vescicali ed intestinali). Attualmente, secondo i dati di AISLA Onlus, sono circa 6mila i malati di SLA in Italia. Le cause della sclerosi laterale amiotrofica sono diverse. Il 2% delle forme di SLA è causato dalla mutazione di SOD1, un gene implicato nei meccanismi di difesa contro gli agenti ossidanti. 

COME FUNZIONA TOFERSEN?

Partendo da questo presupposto, la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di possibili molecole in grado di neutralizzare l'attività anomala di SOD1. Una di queste è tofersen, un farmaco che rientra nella categoria degli oligonucleotidi antisenso, molecole che "sequestrano" l'informazione necessaria alla produzione della proteina associata al gene SOD1. In questo modo, bloccando l'azione del gene mutato, la speranza è quella di eliminare la proteina anomala causa del danno ai motoneuroni. Testata con successo in modello animale, da tempo tofersen è in fase di sperimentazione nelle persone con SLA SOD1 mutato.

I RISULTATI DELLO STUDIO

Lo studio ha coinvolto 108 persone malate di SLA SOD1 provenienti da 10 nazioni: a due terzi è stato somministrato il farmaco in 8 iniezioni, agli altri il placebo, l'analisi ha valutato diversi parametri associati alla patologia dopo 24 settimane di trattamento. Al termine, su base volontaria, tutti i partecipanti (anche chi ha ricevuto il placebo) hanno potuto continuare a ricevere la terapia. Obbiettivo primario dello studio era quello di verificare la Functional Rating Scale–Revised, ovvero la capacità motoria. Purtroppo, a distanza di 24 settimane, non c'è stata differenza significativa tra chi ha assunto il farmaco e chi il placebo. L'obbiettivo secondario era la valutazione dei "marker" della malattia, ovvero la presenza sia di SOD1 sia dei neurofilamenti associati alla malattia. Tofersen è stato in grado di ridurre in maniera importante la presenza di queste proteine.

RALLENTARE LA MALATTIA

Una buona notizia a cui si aggiunge quella relativa all'analisi "ad interim" effettuata a sei mesi dall'inclusione di tutti i partecipanti a ricevere il farmaco. In questo caso nel gruppo che ha iniziato subito il trattamento è stata riscontrata una migliore funzione motoria -statisticamente significativa- rispetto a chi ha iniziato la somministrazione tardiva. Infine, ad un anno dall'inizio dello studio, alcuni partecipanti hanno mostrato una stabilizzazione della forza e del controllo muscolare, un risultato straordinario per una malattia caratterizzata da una perdita progressiva del tono muscolare. Rallentare la neurodegenerazione è un qualcosa di mai raggiunto prima nella SLA. I prossimi mesi saranno decisivi per capire la bontà di questo approccio.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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