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Neuroscienze
Fabio Di Todaro
pubblicato il 03-06-2020

Troppi italiani rinunciano a guidare con la cintura di sicurezza



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Al Sud, svela un'indagine dell'Istituto Superiore di Sanità, 1 cittadino su 3 guida senza usare la cintura di sicurezza. La loro efficacia cresce se ci si muove in città

Troppi italiani rinunciano a guidare con la cintura di sicurezza

In caso di incidente stradale, le cinture di sicurezza salvano la vita. Indossarle, limita il rischio di morte per il passeggero anteriore del 40 65 per cento (il discorso vale sia per il guidatore sia per il passeggero) e può in egual misura ridurre i decessi (del 25-70 per cento) riferiti agli occupanti dei sedili posteriori. Dati ormai acclarati da tempo, ma che faticano a trovare applicazione nella quotidianità. Nonostante le leggi e il timore di perdere i punti dalla patente, sono infatti ancora troppi gli italiani che guidano «dimenticando» l'obbligo della cintura di sicurezza. Inevitabile il riflesso: un numero di decessi a seguito degli incidenti stradali superiore di almeno il dieci per cento rispetto a quelli che si conterebbero se la legge fosse rispettata alla lettera (l'obbligo vige anche per chi viaggia sul sedile posteriore).


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A certificare le cattive abitudini degli italiani è uno studio pubblicato su Epidemiologia&Prevenzione, la rivista dell'Associazione Italiana di Epidemiologia. Tra gennaio del 2015 e settembre del 2017, gli epidemiologi del reparto ambiente e traumi dell'Istituto Superiore di Sanità hanno condotto un'indagine per esaminare le abitudini di oltre 232mila automobilisti di 28 capoluoghi di provincia sparsi lungo lo Stivale (con una popolazione residente di oltre 10.3 milioni di abitanti). Obbiettivo: valutare il ricorso alle cinture di sicurezza alla guida. Se dopo l’introduzione della patente a punti (2003) la prevalenza d’uso delle cinture di sicurezza era progressivamente salita in tutta Italia, 14 anni più tardi il loro impiego è risultato diffusamente ridotto. Con una sostanziale sovrapposizione tra l'utilizzo dei dispositivi di sicurezza nelle aree urbane e in quelle suburbane, a eccezione di alcuni casi dal Lazio in giù, dove chi si muoveva fuori città, più di frequente lo faceva senza indossare la cintura. In un campione di 14 città è stata inoltre monitorata la differenza nel loro impiego tra il conducente e il passeggero. I risultati mostrano come chi è alla guida percepisca il pericolo di più rispetto a chi viaggia al suo fianco (63.3 contro 57.4 per cento). 

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MAGLIA NERA AL SUD 

La fotografia scattata dai ricercatori coordinati da Alessio Pitidis evidenzia un calo generalizzato, con un forte gradiente tra il Nord e il Sud del Paese. Nelle regioni settentrionali, l'80.4 per cento degli automobilisti (da 82.1 per cento, nel 2003) osservati guidava indossando la cintura di sicurezza. Progressivamente inferiori i tassi registrati nelle regioni del Centro (63.8 per cento, -7.4 per cento) e del Mezzogiorno (52.9 per cento, -19.5 per cento). Quanto alle province studiate, la maglia nera è finita sulle spalle degli automobilisti di Napoli: dove soltanto 1 persona su 5 che viaggiava sui sedili anteriori, lo faceva con la cintura. A  seguire, Isernia (22.8 per cento) e Bari (33.7 per cento). Dati che denotano come «i comportamenti dei conducenti e dei passeggeri siano associati al livello di controllo da parte delle forze dell’ordine», è quanto messo nero su bianco dai ricercatori. E, a seconda di quello che è il percepito, «influenzano l’uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini». Già, perché monitorando il ricorso a ovetti seggiolini, gli epidemiologi hanno riscontrato un divario analogo tra le aree del Paese: dal 65.5 per cento del Nord al 22.2 per cento del Sud (con Napoli nuovamente in coda alla classifica). Soltanto 1 bambino meridionale su 5, in media, è messo dunque nelle condizioni di viaggiare in sicurezza. Ciò nonostante l'uso dei dispositivi per i più piccoli possa «ridurre il rischio di decesso per i bambini in caso di incidente del 54-80 per cento», ricorda il Ministero della Salute.


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Dati alla mano, i ricercatori stimano che, se i dispositivi di sicurezza per le automobili fossero utilizzati da tutti, la riduzione delle vittime della strada su scala nazionale (3.334 nel 2018, secondo l'Istat) si attesterebbe attorno al dieci per cento. In valore assoluto, la stima ammonta a 327 decessi in meno ogni anno. «Ma nel Sud Italia, le morti potrebbero essere ridotte anche al 30-40 per cento», è la previsione riportata nel lavoro. «L'utilizzo delle cinture di sicurezza riduce lo sviluppo di malattie e il numero di decessi provocati dagli incidenti stradali: tanto tra i guidatori quanto tra i passeggeri - afferma Francesco Signorelli, direttore dell'unità operativa complessa di neurochirurgia dell'azienda ospedaliero-universitaria di Bari -. Al contrario di quanto si possa pensare, l'efficacia delle cinture è maggiore in città, in ragione della ridotta velocità con cui si verificano gli impatti». Ciò vuol dire che se in autostrada un incidente grave può costare comunque la vita anche a chi guida con la cintura, questa evenienza è meno probabile se ci muove in un ambiente urbano, dove la cinetica degli impatti è quasi sempre inferiore. «I rischi maggiori sono legati ai traumi cranici, più gravi se il guidatore o il passeggero vengono proiettati al di fuori dell'abitacolo», aggiunge l'esperto, secondo cui «le cinture dovrebbero essere utilizzate anche negli autobus a lunga percorrenza, sia dall'autista sia dai passeggeri».


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Nell'indagine, i ricercatori hanno fatto luce anche sull'utilizzo del casco da parte dei proprietari di scooter e moto da viaggio. In questo caso i numeri sono più confortanti. In media, infatti, a proteggersi il capo è il 94 per cento dei centauri. Resiste, però, il solito gradiente nazionale: si va dal 100 per cento di impiego al Nord al 92.7 per cento nel Mezzogiorno. «Indossare un casco di buona qualità può ridurre quasi del 40 per cento il rischio di morte e del 70 per cento quello di riportare ferite gravi a causa di un incidente stradale - precisa Signorelli -. Se lo si indossa e si fa un incidente, il rischio di subìre una frattura penetrante del cranio è quasi prossimo allo zero. In questo modo crollano i numeri riguardanti i decessi sul colpo, ma anche quelli provocati dalle infezioni chirurgiche e da lesioni vascolari dirette». Pure in questo caso, non vi sono distinzioni tra guidatore e passeggero. Il casco va indossato da entrambi, ancora prima di mettersi in marcia. Ma in tanti, soprattutto tra i più giovani, derogano a questa indicazione. «Anche un trauma cranico lieve, come quello che si può osservare in chi viene colpito da fermo da un auto , può essere fatale», chiosa l'esperto. 

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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