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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 13-02-2024

Cancro e adolescenti: l'importanza dei clinical trial



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Troppo grandi per essere considerati pazienti pediatrici, troppo piccoli per essere adulti. E così le sperimentazioni cliniche tendono ad escluderli. La situazione però sta migliorando. Un'analisi in occasione dell'International Childhood Cancer Day

Cancro e adolescenti: l'importanza dei clinical trial

Stessa patologia ma probabilità di guarigione differente. Se negli anni il progresso nel trattamento dei tumori nei bambini ha fatto passi da gigante, per gli adolescenti la situazione non è del tutto sovrapponibile. Sono tante le ragioni di questa disparità ma una in particolare fa davvero la differenza: l'arruolamento dei più grandi nelle sperimentazioni cliniche -un fatto che garantirebbe possibilità di cura estremamente migliori- non è ancora una prassi consolidata. La situazione però sta lentamente migliorando: se fino al 2006 solo il 10% dei ragazzi con una diagnosi di tumore riusciva ad essere curato in centri "disegnati" su misura, oggi circa la metà viene presa in carico da strutture a misura di adolescente. E' questo uno dei messaggi principali in occasione della Giornata mondiale contro il cancro infantile che si celebra il 15 febbraio.

I TUMORI NEGLI ADOLESCENTI

Ogni anno in Italia sono circa 2200 i nuovi casi di tumore diagnosticati nella fascia di età tra gli 0 e i 19 anni. 1200 riguardano i bambini, 800 gli adolescenti. Fortunatamente negli ultimi anni, complice il progresso nella ricerca, le percentuali di successo sono aumentate notevolmente e oggi in circa l'80% dei casi si assiste alla guarigione con punte superiori al 90% per alcune forme di leucemia. Queste malattie però non sono tutte uguali: se nei più piccoli sono le leucemie e i tumori cerebrali ad essere i più diffusi, negli adolescenti possono insorgere neoplasie tipiche del bambino, tumori più caratteristici dell’adolescenza (sarcomi, linfomi) e tumori più specificamente caratteristici dell'età adulta come carcinomi e melanomi. «Questa eterogeneità -spiega Andrea Ferrari, responsabile della Pediatria Oncologica presso Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e membro del Comitato Scientifico di Fondazione Veronesi- complica molto il percorso di cure poiché richiede competenze su patologie oncologiche molto diverse tra loro. Se da un lato è vero che globalmente le percentuali di sopravvivenza dei pazienti adolescenti superano il 70%, dall'altro è documentato per molti tumori le probabilità di guarigione degli adolescenti sono minori di quelle dei bambini. A parità di malattia e stadio, un adolescente ha infatti minori probabilità di guarigione di un bambino».

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L'IMPORTANZA DEI CLINICAL TRIAL

Una delle principali ragioni di questa differenza è, ad esempio, la scarsa partecipazione degli adolescenti alle sperimentazioni cliniche. Studi condotti nel corso degli anni hanno sistematicamente dimostrato che i tassi di sopravvivenza migliorano in modo significativo quando i pazienti hanno accesso a terapie sperimentali, permettendo l'ottimizzazione dei protocolli terapeutici e l'accelerazione dell'adozione di nuove cure. Un esempio? Secondo i dati del National Institute of Health la sopravvivenza a 5 anni per i pazienti più giovani di 15 anni affetti da leucemia linfoblastica acuta è aumentata dall'80,2% al 87,5% nel corso degli anni, in gran parte grazie all'inclusione in trial clinici che hanno permesso lo sviluppo di nuove combinazioni di farmaci e approcci terapeutici personalizzati. Purtroppo però questo non vale per gli adolescenti, una fascia di popolazione spesso esclusa dai clinical trial: diversi report indicano che la partecipazione degli adolescenti alle sperimentazioni varia dal 2 al 15%, una percentuale che si traduce in una minore disponibilità di opzioni terapeutiche sperimentali per questa fascia d'età e dunque una minore sopravvivenza a parità di malattia. Ecco perché oggi una delle principali sfide nella cura dei tumori negli adolescenti è rappresentata da una maggiore inclusione dei ragazzi in sperimentazioni cliniche dedicate. «Le cause della scarsa inclusione degli adolescenti nei trial clinici -spiega Ferrari- sono molteplici. Alcuni degli ostacoli più significativi sono rappresentati ad esempio dai criteri di ammissibilità che spesso escludono gli adolescenti basandosi su parametri di età arbitrari o su valutazioni di rischio che non tengono conto delle peculiarità biologiche e fisiologiche dell'adolescenza. Accade così che i ragazzi vengano considerati troppo "grandi" per i trial pediatrici e troppo "piccoli" per quelli adulti». 

...E DEI CENTRI DI CURA

Un altro fattore molto importante che contribuisce a diminuire le probabilità di sopravvivenza a parità di malattia è la difficoltà di accesso a centri effettivamente in grado di prendersi in carico gli adolescenti. Fortunatamente in questi ultimi anni sono aumentati i centri di riferimento così come è aumentata la percentuale di ragazzi che riesce ad accedere ai centri AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica). «Rispetto ai casi attesi, la percentuale di pazienti adolescenti curati in queste strutture è passata dal 10% nel periodo 1989-2006 al 28% nel periodo 2007-2012 al 37% degli anni 2013-2017. E la percentuale, ad oggi, è in continuo aumento. Non solo, dieci anni fa il 44% dei centri AIEOP aveva limiti di età per l’accesso fissati a 16 anni (o meno), mentre oggi limiti inferiori ai 18 anni sono presenti solo nel 26% dei centri (ma questi limiti vengono riferiti come non ferrei), al punto che la presenza di limiti di età, vista dieci anni fa come una barriera maggiore, sembra oggi essere un problema in gran parte superato. Una situazione in continuo miglioramento che speriamo possa portare presto ad ottenere gli stessi straordinari risultati raggiunti con i tumori pediatrici» conclude Ferrari.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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