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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 06-04-2023

Neuroblastoma: Car-T per affrontare le forme più difficili



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Nelle forme che non rispondono alle terapie standard, GD2 CAR-T si è dimostrata efficace nel controllare ed eliminare le cellule cancerose. Una prima assoluta a livello mondiale frutto della ricerca dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Neuroblastoma: Car-T per affrontare le forme più difficili

Il neuroblastoma può essere controllato con successo grazie alle Car-T. Una prima assoluta a livello mondiale frutto della ricerca dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Gli scienziati, guidati dal professor Franco Locatelli e Francesca Del Bufalo, sono riusciti nell'intento di sviluppare una terapia capace, in alcuni casi, di eliminare la malattia. Un risultato straordinario, il primo a dimostrare l'utilità delle Car-T nei tumori solidi, che è valso la pubblicazione sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. Lo studio di fase I/II dovrà ora essere ulteriormente migliorato ma quanto ottenuto ha posto le basi per un cambio radicale nel trattamento del neuoroblastoma ad alto rischio.

CHE COS'È IL NEUROBLASTOMA?

Il neuroblastoma è il tumore solido più frequente nella prima infanzia e il più frequente tumore solido extracranico in età pediatrica. In nove casi su dieci la diagnosi avviene prima dei sei anni di vita. Anche se il nome può trarre in inganno, in realtà il neuroblastoma non è affatto una neoplasia del cervello. In circa due terzi dei casi il neuroblastoma origina da cellule della midollare del surrene (una ghiandola posta al di sopra del rene) o dai gangli (strutture nervose appartenenti al sistema nervoso periferico) addominali del nervo simpatico. Un caso su cinque origina invece dai gangli localizzati a livello del mediastino, lo spazio di mezzo della gabbia toracica che è compreso tra i due polmoni. Infine una piccolissima quota origina dai gangli laterocervicali del collo. In tutti i casi il tumore ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, una parte del sistema nervoso autonomo che controlla funzioni quali respirazione, digestione e battito cardiaco. Proprio per la differente localizzazione, i sintomi del neuroblastoma possono essere molto differenti. 

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COME SI CURA?

Le terapie per il neuroblastoma dipendono innanzitutto dalle caratteristiche di aggressività della malattia. In quelli a basso rischio si interviene generalmente con la chemioterapia. In questi casi la sopravvivenza complessiva oscilla tra il 90% e il 98%. Per questo gruppo di bambini in alcuni casi è giustificato ridurre o addirittura eliminare la chemioterapia. Nelle forme a rischio intermedio, caratterizzate dalla temporanea impossibilità di operazione chirurgica, si procede con diversi cicli di chemioterapia con l'intento di raggiungere l'asportazione completa o quasi del tumore. Diversa è la prospettiva per il neuroblastoma ad alto rischio. In questi casi la terapia è rappresentata da più fasi: chemioterapia, chirurgia, chemioterapia ad alte dosi e successivo trapianto di midollo, radioterapia e terapia di mantenimento con particolari anticorpi monoclonali. Purtroppo per questi bambini la sopravvivenza a 5 anni è estremamente bassa. Ed è proprio per questa ragione e per quei casi che recidivano nel breve termine che la ricerca si sta concentrando nel tentativo di trovare cure alternative a quelle già presenti.

CAR-T: UNA TERAPIA SU MISURA

Una di queste è rappresentata dalle Car-T, acronimo di "chimeric antigen receptor T cell". La tecnica consiste nel prelevare le cellule del sistema immunitario del malato, nella loro "ingegnerizzazione" in laboratorio e nella successiva reinfusione. Obbiettivo della "ingegnerizzazione" è insegnare a queste cellule a riconoscere quelle cancerose. Nel caso del neuroblastoma i ricercatori vanno a modificare i linfociti T del malato affinché esprimano sulla loro superficie un particolare recettore in grado di riconoscere GD2, una proteina presente sulle cellule tumorali di neuroblastoma ad alto rischio. Il riconoscimento da parte delle cellule T attiva una cascata di reazioni che porta la cellula tumorale alla distruzione.

LO STUDIO

A provare a testare questa innovativa strategia di cura ci hanno pensato i ricercatori dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma guidati dal professor Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Oncoematologia. Lo studio, partito pre-pandemia nel 2018, ha coinvolto 27 bambini con neuroblastoma ad alto rischio, alcuni con malattia che non rispondeva alle cure e altri con recidiva. Trattati con GD2-CAR T di terza generazione, a 30 mesi dall'infusione le cellule modificate sono risultate presenti in 26 piccoli su 27. Questo si è tradotto in una risposta alla malattia in ben 17 bambini: 9 hanno avuto una risposta completa, 8 una risposta parziale. Una differenza di risposta dovuta al differente dosaggio testato durante il trial clinico di fase I/II. Ma c'è di più: nei bambini che hanno ricevuto il dosaggio standard, la sopravvivenza globale a tre anni dal trattamento è stata del 60% e del 36% la sopravvivenza libera da eventi, ovvero l'assenza di qualsiasi segno di malattia. «Questi risultati -spiega il professor Franco Locatelli- ci dicono per la prima volta che le Car-T, da tempo utilizzate con efficacia nei tumori del sangue, possono essere utilizzate anche nei tumori solidi come il neuroblastoma. La pubblicazione sul New England Journal of Medicine, la prima che riguarda Car-T per tumori solidi, lo dimostra. Quanto ottenuto, in termini di sopravvivenza, è un qualcosa di molto importante perché ci ha consentito finalmente di fare un grande passo in avanti rispetto alle cure disponibili. A due anni di distanza, grazie alle Car-T, si è passati dal 5-10% al 40%».

I PROSSIMI PASSI

Lo studio realizzato dal Bambino Gesù non rappresenta affatto un traguardo ma bensì una base di partenza. Prossimo step sarà ora quello di continuare nella ricerca per aumentare la percentuale di bambini che rispondono efficacemente alla terapia. Ma non solo. «La nostra volontà -spiega Locatelli- è ora quella di coinvolgere sempre più pazienti in uno studio internazionale per validare quanto ottenuto nello studio di fase I/II. Al contempo, proprio perché con questo studio si è dimostrata la bontà delle Car-T nell'affrontare i tumori solidi, la prospettiva futura sarà anche quella di estendere questo approccio ad altre neoplasie.». Ma le novità non finiscono qui perché quanto ottenuto aprirà ora alla possibilità, in prospettiva, di impiegare questa Car-T non solo nei piccoli che hanno già fallito diversi tentativi di trattamento ma anche ai neo-diagnosticati con caratteristiche di alto rischio o per chi abbia fallito una sola linea di terapia. Grazie al pionieristico studio del Bambino Gesù la cura del neuroblastoma ha compiuto un deciso passo in avanti. Ma è solo l'inizio.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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