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Pediatria
Caterina Fazion
pubblicato il 27-01-2023

Rooming in e morti bianche: esiste un legame?



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Il rooming in apporta tanti benefici, ma non va confuso con la condivisione del letto. Ecco i consigli dell’esperta per allattamento e nanna sicuri

Rooming in e morti bianche: esiste un legame?

I Nidi negli ospedali sono sempre meno diffusi: si fa largo infatti il rooming in, la condivisione della stanza da parte di mamma e neonato. Questo termine è esploso negli ultimi giorni a causa della morte di un bimbo appena nato che con la mamma non condivideva solo la stanza di un ospedale romano, ma lo stesso letto. Le circostanze della morte non sono ancora state accertate, per questo motivo parlare di soffocamento causato dall’addormentamento della mamma durante la poppata al seno è prematuro. Tuttavia, questa triste vicenda ha aperto un dibattito molto acceso. Il rooming in è una buona scelta? Il rischio di morti bianche è aumentato? Ne parliamo con la dottoressa Laura Travan, neonatologa dell’Irccs materno-infantile “Burlo Garofolo” di Trieste.

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MORTI BIANCHE, DI COSA PARLIAMO?

Le morti bianche, purtroppo, esistono da sempre. Si tratta di tutte quelle morti improvvise e inaspettate del neonato-lattante, ovvero del bambino di età inferiore a 12 mesi, che non sempre hanno una causa ben identificabile.

«Le morti bianche – precisa la dottoressa Laura Travan – si dividono in due tipi: quelle per le quali a posteriori è riconoscibile una causa come malattie cardiache o metaboliche, soffocamento, infanticidio, e quelle invece che, anche a seguito di autopsia e indagini accurate, non evidenziano alcuna causa di morte. Queste ultime rappresentano la cosiddetta SIDS, ossia la sindrome di morte improvvisa del lattante (Sudden Infant Death Syndrome), e costituiscono circa l’80% di tutte le morti bianche che in Italia colpiscono tra 0,3 e 1 bambino nato vivo su 1000, a seconda degli anni considerati e delle varie regioni. Non va poi dimenticato il collasso neonatale, evento improvviso e inaspettato molto raro, che colpisce 8 neonati ogni 100mila. Si verifica nella prima settimana di vita a causa di patologie sottostanti non diagnosticate, anche se il più delle volte colpisce bambini apparentemente sani. Non sempre determina morte: nel 50% dei casi i bambini riescono infatti a essere rianimati».

 

I BENEFICI DEL ROOMING IN

Per prevenire le morti improvvise le attuali indicazioni delle società scientifiche si basano sull’eliminazione, nei limiti del possibile, dei fattori di rischio associati. Quali comportamenti, dunque, devono adottare i genitori per ridurre queste eventualità? Il rooming in è una buona prassi da adottare nel post partum?

«Il rooming in prevede che mamma e bambino stiano insieme nella stessa stanza 24 ore su 24. Nella letteratura scientifica non sono segnalati effetti avversi legati a questa pratica, solo vantaggi per il bambino e la mamma. Innanzitutto, oltre a favorire l’attacco al seno e l’attaccamento “psicologico”, il cosiddetto bonding, attraverso il contatto pelle a pelle con la mamma vengono mantenuti stabili sia la temperatura corporea sia i livelli di glucosio, avviene la colonizzazione del bambino da parte di germi buoni della famiglia che limitano la crescita dei batteri pericolosi e rendono più forti le difese naturali. I benefici sono anche per la mamma: nel contatto pelle a pelle nelle prime ore dopo il parto, il bambino, schiacciando l'utero con i suoi piedini, diminuisce la probabilità di emorragie del post partum e il contatto pelle a pelle aumenta la produzione del latte, ottimo antidoto alla depressione post-partum. Inoltre la letteratura ci dice che, contrariamente a quanto si possa pensare, le mamme che lasciano i bambini al nido o in neonatologia, a causa della lontananza dal piccolo e dello stato di ansia legato al fatto di non sapere dove sia o cosa stia facendo, non godono di un riposo migliore di quelle che tengono il neonato con sé. Il rooming in, pertanto, rappresenta la buona regola che viene praticata il più possibile».

 

LE ECCEZIONI ESISTONO

«Naturalmente ci sono casi particolari - specifica la dottoressa Travan -: se una mamma è molto stanca, ad esempio a causa di un travaglio lungo o particolarmente faticoso, il neonato dovrà dormire nella culletta vicino al suo letto e non sopra o di fianco a lei. Così si eviteranno incidenti causati dall'addormentamento improvviso della mamma come soffocamento o schiacciamento. Il personale sanitario proporrà di collocare il neonato in neonatologia, nel caso in cui il nido non sia presente, se la gestione autonoma da parte della mamma non risulti possibile».

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SONNO E ALLATTAMENTO: COME GESTIRLI?

I bisogni di mamma e bambino, però, spesso non coincidono: quando la mamma è molto stanca e avrebbe bisogno di riposare, il bambino potrebbe reclamare il latte. Come fare in questo caso per evitare danni provocati da un addormentamento improvviso mentre si sta allattando?

«Se la paura è quella di addormentarsi mentre si sta allattando, bisogna ricordare di adottare una posizione idonea, ovvero la posizione semireclinata prevista per effettuare l'allattamento al seno rilassato. In questo modo la mamma non sovrasta il bambino, ma è il neonato stesso ad essere appoggiato ventralmente al corpo della mamma. Così è difficile asfissiarlo in quanto la schiena della mamma sarà sorretta e il neonato ben posizionato sul grembo materno con la testa di lato così da lasciare il nasino libero per respirare. Tutto si può fare se viene fatto con un counseling adeguato».

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NANNA SICURA, COME COMPORTARSI?

Il consiglio più importante per ridurre al minimo il rischio di morte improvvisa è sicuramente non dormire nello stesso letto con i propri bambini.

«Ideale, sia in ospedale dopo il parto sia a casa – prosegue Laura Travan – , sarebbe far dormire il piccolo in posizione supina, quindi sulla schiena, a pancia in su, in una culla vicino al letto dei genitori, senza cuscini o giocattoli, e con un materasso non troppo morbido. Bisogna però tenere conto di quelle che sono le reali esigenze di mamme e papà. Spesso capita che i bambini si sveglino più volte nella notte volendo essere allattati o anche solo coccolati per tranquillizzarsi; nel caso in cui il genitore sia troppo stanco per alzarsi in continuazione, può eccezionalmente allattare e far dormire il bambino nel letto con sé, seguendo alcune importanti raccomandazioni. La mamma o il papà, in previsione di addormentarsi, devono posizionarsi a “C”, ovvero sdraiati, con le ginocchia piegate e un braccio sotto la testa. In questo modo non c’è rischio che il genitore rotoli sopra al bambino nel sonno. Questa soluzione però è assolutamente vietata se il neonato è prematuro o di peso alla nascita inferiore ai 2500 grammi, se si dorme sul divano o con più persone nel letto e se i genitori sono fumatori o bevitori abituali».

 

L'IMPORTANZA DEI CAREGIVER

Per aiutare le mamme nella gestione del post partum, la presenza in stanza del partner o di un altro caregiver è di importanza fondamentale. Tuttavia, soprattutto dopo la pandemia, la situazione varia da ospedale a ospedale, creando forte disomogeneità su tutto il territorio nazionale.

«Nella maggior parte degli ospedali si predilige l’ingresso in stanza dei partner, papà o mamme nel caso di coppie arcobaleno, che, tuttavia, possono restare solo per fasce orarie, e non h24. In altri ospedali, invece, si è fatta una scelta legata al genere: dato che le stanze sono condivise con altre donne, possono entrare solamente figure femminili come sorelle, mamme o parenti donne. Per il momento del parto, invece, i papà possono entrare, non essendoci il problema della condivisione della stanza con altre donne. I caregiver, dunque, variano a seconda delle strutture: l'importante è che ogni ospedale dichiari la propria politica di supporto all'allattamento e alla gestione del periodo post partum in ospedale, garantendo la tutela e la sicurezza delle neo mamme e dei loro piccoli».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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